Enti locali
Default Comuni, il danno degli amministratori lo pagano i cittadini
Il prossimo potrebbe essere il Comune di Castellaneta, in provincia di Taranto. I dipendenti non hanno ricevuto gli stipendi di settembre perché l’ente ha subito un pignoramento ad opera di creditori (ditte aggiudicatrici di appalti, avvocati, ecc.) per circa un milione di euro.
La triste prospettiva che si apre per l’amministrazione comunale è quella del dissesto finanziario. Anche perché, la Corte d’appello di Lecce si è pronunciata in via definitiva sui risarcimenti che il Comune deve alle famiglie delle vittime di via Verdi, dove, Il 7 febbraio del 1985, nel crollo di una palazzina di sei piani, rimasero uccise 34 persone. Con l’esclusione del ministero dell’Interno dal risarcimento, l’intera responsabilità ricade sull’amministrazione comunale. Transata la cifra di 11 milioni di euro. Potrebbe essere il colpo di grazia. Castellaneta potrebbe, così, ad allungare la lista dei Comuni, 523 dall’entrata in vigore della legge nel 1989 (il dissesto finanziario è stato introdotto per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano con l’articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989) fino all’agosto di quest’anno, ai quali solo nello scorso mese di settembre si sono aggiunti i comuni di Cutro, nel Crotonese, quello siciliano di Taormina e quello pugliese di Rodi Garganico (Foggia).
La maggior parte dei Comuni costretti a misurarsi con il default si concentrano, da sempre, nelle regioni del Sud e sono conseguenza di una cattiva gestione della cosa pubblica, che ricade sulle spalle dei cittadini: l’ente locale, una volta attivata la procedura del dissesto, deve, infatti, obbligatoriamente adeguare le imposte, le tasse locali, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima prevista dalla legge. Per quanto riguarda il personale dipendente, inoltre, l’ente è tenuto a ridimensionare l’organico collocando in disponibilità gli eventuali dipendenti in soprannumero (la proporzione è di 1 dipendente per 93 abitanti). Per questi dipendenti, il ministero dell’Interno garantisce un contributo pari al trattamento economico per cinque anni.
Pessime notizie anche per i precari. La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta a tale titolo per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui l’ipotesi si riferisce.
I contratti a tempo determinato per i dirigenti, le alte specializzazioni e funzionari dell’area direttiva sono risolti di diritto.
Nel Briefing Paper dell’istituo Bruno Leoni, “Non dissestare i dissestati: il caso dei Comuni” (a cura di Rocco Todero), così sono spiegate sono le conseguenze per creditori e cittadini: “I creditori di solito sono costretti ad aspettare moltissimi anni prima di vedere soddisfatte tutte le loro pretese patrimoniali in ragione soprattutto della lungaggine della rilevazione della massa attiva e passiva (che può dare luogo anche alla estinzione anticipata della procedura di dissesto), della difficoltà di reperire poste patrimoniali attive (enorme difficoltà a vendere i beni immobili) e della mancanza del contributo statale a fondo perduto. È previsto anche che i creditori dei comuni possano accontentarsi di accettare la modalità semplificata di liquidazione dei debiti. In virtù di tale procedura il comune può proporre al creditore il pagamento di una somma variabile fra il 40 ed il 60 per cento del debito accertato, con rinuncia ad ogni altra pretesa (interessi e rivalutazione) e con l’impegno alla liquidazione obbligatoria entro trenta giorni dalla accettazione della proposta da parte del privato creditore”.
“I cittadini che risiedono, invece, all’interno di un comune dissestato”, spiegano ancora dal “Bruno Leoni”, “subiscono l’obbligatorio aumento, per le imposte e le tasse locali di spettanza dell’ente medesimo, delle aliquote e delle tariffe di base nella misura massima consentita, nonché l’aumento dell’imposta comunale per l’esercizio delle imprese, arti e professioni sino alla determinazione massima del tributo dovuto. Fa eccezione la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani che deve comunque coprire il costo integrale del servizio. Tali misure hanno efficacia quinquennale a decorrere dall’approvazione del bilancio riequilibrato”.
La tegola più pesante che si abbatte sulla testa dei cittadini riguarda. però, i servizi a domanda individuale (mense scolastiche, case di riposo, scuolabus, ecc.), Per questi l’ente in dissesto è tenuto ad approvare tariffe che assicurino la copertura del 36% dei costi complessivi dei servizi con i soli proventi degli utenti.
Gli amministratori che la Corte dei Conti riconosce responsabili, anche in primo grado, dei danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, qualora la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile.
I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo.
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