Enti locali

Catania, dal Comune alla lapa. Cronaca abusiva d’una città abusata

28 Giugno 2015

Niente è come sembra. Anzi no: così è se vi pare. Solo dal titolo di Pirandello si può dare principio allo storytelling della città di Catania, già Milano del Sud e Seattle d’Italia. Grazie alle famigerate gesta di Nino Pulvirenti e Pablo Cosentino, la squadra di calcio etnea (e di riflesso la città) s’è guadagnata le prime pagine dei giornali nazionali e Giovanni Salvi (fratello del già ministro Cesare), procuratore telegenico in partenza per la capitale, si è assicurato grazie a “I treni del gol” un biglietto per entrare nei cuori dei romani “brava gente”.

Pietrangelo Buttafuoco, sopraffina e raffinata penna, oggi su “Il Fatto Quotidiano” racconta una città clandestina tra corse e carne di cavalli, alla deriva d’una circonvallazione che è asfalto appannaggio d’una colorita e colorata umanità che gravita attorno all’economia del nobile animale e della droga. Pietrangelo Buttafuoco, autore per Bompiani de “Il feroce saracino” è anche Giafar al-Siqilli, siciliano convertito sulla via della Mecca all’Islam e contemporaneamente e inspiegabilmente ispiratore di Matteo Salvini, leader della nuova Lega Nord che cerca voti dalla Sicilia in su.

Da Catania arriva in questi giorni il neo assessore della rivoluzionata giunta di Rosario Crocetta da Gela, piccolo califfo di Sicilia e si chiama Giovanni Pistorio (questo nome non mi è nuovo) già braccio sinistro di Raffaele Lombardo. Perché in Sicilia non vince mica il trasformismo, ma la continuità e così la politica si perpetua immutabile e in pratica il Partito Democratico è al potere da quando si alleò con l’autonomista che ora, dopo una pesante condanna per concorso esterno, tutti schifano pubblicamente (prima quando era al potere lo schifavano in privato).

A Catania, per favore non ridete, si muore per colpa d’una palma che s’abbatte su una piazza e schiaccia una madre di famiglia o perché per sbarcare la giornata ci si inventa ambulante e si vende la cipolla per la strada, fino a che qualche vigile ligio al proprio dovere fino al parossismo, non compila una multa a un disperato che per protesta si brucia vivo.

A Catania la faccenda dei due pesi e delle due misure e maledettamente seria e così le istituzioni fanno la guerra alle blatte e agli onesti abusivi ambulanti che tentano illegalmente, ma legittimamente di sopravvivere alla crisi economica (che in Sicilia e a Catania è iniziata con l’unità d’Italia). Con cadenza quasi quotidiana il giornalismo di provincia attraverso l’enogastroterrorismo segnala che hanno multato questo o quell’altro ristoratore e pubblica le carte della questura, per poi pubblicare la replica del ristoratore o dei legali del ristoratore. Si avete capito bene, a Catania è d’uso replicare a mezzo stampa alla questura che commina sanzioni.

Le forze dell’ordine a Catania sono attivissime a liberare il lungomare (per permettere al sindaco una volta al mese di passeggiare in bicicletta), meno a liberare i cittadini dalla piaga dei posteggiatori, incontrastati detentori d’un diritto abusivo conquistato e difeso, che gli permette di chiedere il pizzo agli automobilisti che ahimè devono parcheggiare per necessità (nota: i parcheggiatori sono in maggioranza autoctoni e presidiano zone storiche, su internet sono disponibili anche le mappe per sapere dove si trovano, lo diciamo a uso della questura, ma ultimamente in alcune zone, prima libere da questa piaga, si sono affacciati al mestiere anche gli immigrati, provando così che l’integrazione è possibile).

A Catania quindi, come racconta Buttafuoco (voce ufficiale della Sicilia in continente, visto che parla a Radio 24 e scrive per Il Foglio e Il Fatto Quotidiano) il pesce puzza davvero, ma il musulmano di Sicilia, non dice che il pesce puzza dalla testa, perché per fare un esempio minimo di quello che è Catania, si dovrebbe dire che tal dott. Giuseppe Lazzaro Danzuso, Presidente del Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti e addetto stampa Asec (azienda partecipata dal Comune di Catania), società dalla quale è stipendiato, opera come capo ufficio stampa (abusivo) del comune per volontà del sindaco Enzo Bianco, già ministro dell’Interno.

E a niente sono servite le denunce della stampa libera (solo Marco Benanti, direttore di IeneSicule.it ha sollevato il caso) e dei consiglieri comunali d’opposizione che hanno portato il caso in aula (chiedere a Manlio Messina), perché l’illegalità delle istituzioni è così trasparente che Rosario D’Agata, assessore comunale ha potuto rispondere senza temere di scavarsi la fossa: “è addetto stampa personale del sindaco”.  Come se questo risolvesse e non aggravasse la posizione.

Su questa e altre vicende che riguardano il Comune, la telegenica e applaudita procura di Catania, ufficialmente ancora non si è mossa.

Per carità di patria, “così è se vi pare” e terminiamo qui la cronaca abusiva d’una città abusata.

@nero_stirner

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