Enti locali
Caro elettore Pd, hai mai pensato che domani potresti votare Lega?
Cosa può spingere a votare Lega, voi che qualche buon libro lo avete letto, frequentato buone scuole con relativi buoni studi, voi che avete a cuore i diritti civili, voi che vi considerate sinceri democratici al punto da vivere con una certa (faticata) disinvoltura persino l’arrivo di un bambino (con le varie formule del caso) all’interno di una coppia omosessuale? Credete di esserne immuni da questo pericolo, giusto? In realtà, sareste i tipetti perfetti da Partito Democratico, quelli che nuotano felici nella placenta equo-solidale, che non mostrano mai fastidio per l’insistenza con cui i disperati del mondo ci avvicinano sui nostri marciapiedi, che cercano protezione politica, almeno quel filo di decoro sia estetico che contenutistico che vi consenta di vivere in pace col mondo, con i salotti frequentati, con gli amici con cui avete costruito negli anni una sincera storia di sinistra, quel mondo, però, a cui basta un “incidente” come chiamare Adolf-Benito un bambino che sta per arrivare, per scatenare tutti i rancori sopiti di una vita forse un po’ troppo costruita («Il nome del figlio» di Francesca Archibugi).
È accaduto un fatto di un certo peso nella Lega. È accaduto che l’altro giorno con massima tranquillità Flavio Tosi, sindaco di Verona, abbia inaugurato il registro delle coppie di fatto, giustificandolo con poche parole di civiltà (non servono troppe parole quando le cose vanno nel segno giusto). Gli è sembrato un atto conseguente, da buon leghista, da buon amministratore locale, che naturalmente non è stato (pubblicamente) apprezzato da Salvini, il quale non è stato così scemo da scagliarsi contro una iniziativa decorosa e intelligente come quella, ma che per marcare comunque una differenza ha semplicemente detto: «Sono altre le priorità per i sindaci». Ho pensato a un cittadino di Verona, a ciò che potrebbe fare la differenza tra votare Pd o votare Lega (perché la competizione è quella, Forza Italia è sostanzialmente fuori concorso). Mettiamo che Tosi sia anche un buon sindaco, che l’organizzazione sociale della città abbia una sintesi dignitosa, che cosa potrebbe mancare allora perché un veronese di sinistra si disponga con animo serena a votare il Carroccio quella domenica delle elezioni nazionale?
Non è detto che la divaricazione tra Tosi e Salvini sia così netta, non è neppure detto che non sia addirittura convenuta, cercata, organizzata e poi messa in piedi con l’illusione (pubblica) del dissidio. Un’operazione a tenaglia per cui immaginare una Lega di lotta e una di governo o, viste le incertezze del governo attuale (di sinistra ma anche di Alfano, pensate un po’) sui diritti civili, una Lega di lotta e un’altra di lotta, con due lotte diverse e parallele, ma entrambe attrattive sul piano elettorale. Che poi, certo, in termini di presentazione di programma dovrebbero avere una sintesi “alta”. Non è escluso neppure che altri sindaci leghisti seguano la strada di Tosi, in quell’ottic a per cui innervare il tessuto leghista più bru-bru di contenuti alti, teoricamente appannaggio alla sinistra.
Il mondo dei diritti civili, e dei lacci e lacciuoli che lo avvolgono e lo costringono, è in continua evoluzione. Nessuno può sentirsene vero depositario, quei voti sono liberi e contendibili. E la sinistra italiana mostra troppe incertezze. Prendiamo il caso clamoroso della fecondazione eterologa. Oggi il Corriere della Sera racconta dello sbarco a Milano in via Pallavicino della supernota clinica di Barcellona, l’Institut Marquès, dove ogni anno volano almeno duemila coppie italiane per coronare un sogno. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale (una sentenza, appunto, non una decisione della politica), il problema italiano è la mancanza di donatrici. Una donatrice deve sottoporsi a trattamenti ormonali molto consistenti e poi all’intervento per il prelievo degli ovuli. Tra questione etiche – l’Italia non fa mai il passo completo – e questioni economiche (giornate da perdere, nessun eventuale riconoscimento economico, ecc.), la realtà è che la situazione è molto confusa. «È una situazione di caos – racconta Simonetta Ravizza sul Corriere – che favorisce le cliniche estere, pronte ad allargare il business in Italia». E infatti, l’Institut Marquès «offre un programma chiamato “Just for transfer” che prevede lo svolgimento a Milano delle visite mediche, delle ecografie di controllo e soprattutto del congelamento del campione di seme che viene spedito al laboratorio di Barcellona, dove servirà per fecondare gli ovociti donati dalle spagnole. Così le pazienti dovranno recarsi a Barcellona solo per poche ore per il trasferiemento degli embrioni». Tutto in una sola giornata, senza neppure passare la notte a Barcellona.
(Foto tratta da Flickr, profilo del Meeting di Rimini, Creative Commons)
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