Enti locali

A Mantova i boomerang ritornano sempre, nonostante la nebbia

22 Dicembre 2017

Vittime false che diventano (in)consapevoli strateghi, accusatori che lanciano il boomerang lontano sperando di levarsi in tempo, voci che triturano reputazioni, frasi che scavano, punzecchiano, cercano il torbido e finiscono per intorbidarlo di più. Si, sto parlando di Mantova, si, sto parlando della vicenda dallo sprint piccante che si è trasformata in tragico specchio del disagio umano che abita una piccola città.

Ho aspettato queste settimane per creare la giusta distanza, e nel frattempo l’acqua si è fatta più limpida. E’ ancora uno stagno, intendiamoci, sono più le domande che le risposte, ma piano piano come in un gioco di carte, ad ogni faccia si associano uguali semi e diverse responsabilità.  Se dovessi visualizzare Mantova e la sua gente in un frame, vedrei la picassiana Battaglia di Guernica, poche tinte tristi e un miscuglio di movimenti confusi. In queste settimane ovunque andassi mi hanno fatto la stessa domanda “Ma il sindaco di Mantova? ma è vero?”. Avevo la spiazzante sensazione che tutti fossero entrati in empatia senza conoscerlo, guardandolo con solidarietà per le debolezze raccontate sui giornali, riconoscendosi nelle medesime fragilità e sperando che, proprio per questo, non venisse interrotto il suo lavoro. D’altronde i perni degli ingranaggi di questa vicenda sono stati traballanti sin da subito: se lo hanno capito i non-mantovani, chi ha sangue locale la nebbia l’aveva già diradata senza difficoltà.

Ricapitolando.

C’è un consigliere di Forza Italia, Giuliano Longfils, che fa dell’esposto una missione quotidiana. Non per costruire, non per risolvere, non per governare, piuttosto per distruggere, denigrare, diffamare. Lo ha fatto quando il governo della città era nelle mani dei suoi, figuriamoci quando non lo è. Questa, si badi bene, non è un’illazione e nemmeno un’opinione. E’ pura realtà.

Non sono un mistero i suoi sorrisi sornioni che sfoggia in Sala Consiliare mentre sfida il presidente del consiglio comunale a chi ricorda meglio i regolamenti, non lo sono nemmeno le alte citazioni in latino che condiscono di conoscenza frasi pungenti. Sostanza di quella bella politica delle decisioni e delle scelte, poca se non nulla. Così come poche se non nulle sarebbero le frecce al suo arco da scagliare per affondare un’amministrazione compatta di grande appeal come questa di Mattia Palazzi. Una giunta unita, positiva, che lavora in sinergia, spesso guidata anche nel backstage da un sindaco che marcia veloce, attento ai dettagli, alla comunicazione e all’immagine pubblica. Per questo l’accusa di tentata concussione ai danni di Elisa Nizzoli, vicepresidente di una piccola, piccolissima e giovane associazione culturale suonava stonata: anche il più grande ambizioso e spudorato stratega l’avrebbe ritenuta una strada davvero poco interessante da percorrere per far valere il proprio ruolo. Eppure, sono bastati pochi messaggi in chat arrivati in Procura per far scattare la macchina delle indagini e insieme quella delle notizie di eco nazionale. E in 4 settimane il lavoro del comune ha rallentato, gli uffici mobilitati per fornire documenti, dirigenti e assessori interrogati, con il fiato sospeso ad ogni rassegna stampa.

Si sapeva che sarebbe scattata la curiosità, lo sapevano i giornali e lo sapevano i magistrati, lo sapevano le forze dell’ordine e il misterioso nome a firma dell’esposto, intuibile senza bisogno di scomodare la fantasia. Faccia un passo avanti chi non ha scandagliato le testate nazionali incrociando le informazioni per capirci qualcosa, chi non ha inviato articoli ad amici, chi non ha attivato la propria morbosa curiosità. E’ qui che spezzo una lancia a favore dei giornali che ne hanno parlato, per il semplice fatto che sapevano di avere dei lettori. Lettori curiosi, lettori tifosi, lettori accusatori, lettori annoiati in cerca di pepe e argomenti da bar. Tuttavia, e questo tuttavia è gigantesco, così come l’irruzione di quel mercoledì mattina nella vita del sindaco avrebbe dovuto essere più morbida e rispettosa di una vita privata che c’era il rischio dovesse restare tale, allo stesso modo certi giornali avrebbero dovuto contare fino a cento e ricominciare da zero prima di enfatizzare virgolettati di dubbia utilità, molto pruriginosi e ben poco convincenti senza contesto o conferma. Anche i lettori più attempati o meno istruiti con cui ho parlato facevano spallucce davanti a tanto fumo e poco arrosto. Qualche collega, oggi che si sa che quei messaggi sono stati manomessi dalla vittima-non vittima non denunciante (e già qui si va in cortocircuito, perché non esiste concussione senza un concusso) auspica le scuse di testate in cui l’avvoltoio prevale troppo spesso sulla volpe, che nel dubbio fanno spesso la scelta più spudorata. La chiusura delle indagini da parte della Procura è un felice passo verso la verità, però incapace di riabilitare l’immagine di un sindaco abile ma anche incauto. Tutto insegna.

Nel fritto misto mantovano si sono infilati altri nomi portatori di altri, variegati, disagi: ci sono associazioni invidiose, organizzatrici di mercatini infastidite, presidenti paladine del femminismo, come Cinzia Goldoni, che non ha esitato a rilasciare interviste e a cavalcare l’onda dei 5 minuti di celebrità prima dell’abisso, c’è Lorena Buzzago, che con costanza alterna lamentele per le scarse attenzioni da parte della sua città e insinua dubbi sulla regolarità dei contributi erogati. Insomma, ad oggi cade l’accusa di tentata concussione continuata e resta quella di abuso d’ufficio, aggiuntasi di recente nel momento in cui le indagini hanno allargato lo sguardo sui finanziamenti culturali. Tutto sulla spinta di una minoranza inizialmente disgregata che improvvisamente si è caricata a pallettoni e ha aperto un fuoco incrociato, ridicolo e di poco corpo. Si resta in attesa di evoluzioni, ma intanto Elisa Nizzoli è indagata per false informazioni al Pm. Ai magistrati il compito di approfondire, e di capire (finalmente) i reali collegamenti tra i protagonisti della triste pagina di una città tanto bella quanto ferita da menti incapaci di affrontare il cambiamento e la sconfitta. Indipendente da come finirà.

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