Partiti e politici

Corruzione, emigrazione e rabbia: così l’Italia sta diventando un deserto

11 Dicembre 2014

È facile immaginare che siamo in vista di un nuovo scossone politico: come se in questi ultimi tempi, si dice al Sud, fossimo stati “scarsi”. E come sempre in questo paese giganteggia la cosiddetta “questione morale”. Scrivo “cosiddetta” non perché penso che non vi sia ma perché assume volta a volta sembianze diverse.

Nella primissima parte della Prima repubblica lo scandalo erano i finanziamenti internazionali ai partiti. Urss per il Pci, Usa per la Dc e altri partiti moderati oltre che per i sindacati bianchi. Poi venne l’epoca del pre-boom e del boom con Enrico Mattei che finanziava  la politica così come fecero i maggiori gruppi industriali. C’erano ovviamente corrotti singoli ma il tema all’ordine del giorno era il finanziamento ai grandi raggruppamenti anticomunisti per ostacolare un partito di opposizione che, fra raccolte popolari e rubli, sembrava avere una cassaforte sempre piena.

Gli anni della fine della Prima repubblica, non gli ultimi due o tre ma l’ultima decina, furono contrassegnati da un sistema di tangenti. Parlammo di “sistema” perché era stabilito sia l’importo, mediamente il 5% su tutti gli affari, sia i destinatari, prevalentemente, ma non solo, i partiti di governo. Quando questo sistema stava per soffocare l’economia, e in virtù della caduta della necessità di tenere in vita la barriera anticomunista per la fine dell’Urss, la magistratura, in un tripudio popolare, e con mezzi molto spicci, mandò a casa partiti e leader di lungo corso.

In mezzo c’erano stati altri eventi, fra cui il più significativo fu la scomparsa di molti personaggi morali del paese. Da Moro a Pertini a Berlinguer. Ce n’erano altri, fra cui Ciampi e poi Napolitano, ma sembravano fin d’allora mosche bianche.

Sembrò che la fine della Prima repubblica, cosi come la caduta del Muro di Berlino, inaugurassero l’età dell’oro. Oggi si sente in giro molta nostalgia dei tempi andati. Anche io talvolta ne sono preso.

L’ultimo scandalo , quello romano, introduce un elemento egualitario nelle ruberie: chi ruba sta in alto e in basso, non solo in mezzo come diceva il boss Carminati. Se nella Prima repubblica il sistema delle “bustarelle” era diffuso anche oltre la classe politica, se alla fine le tangenti erano diffuse a ogni livello, qui e ora c’è una sorta di delinquenza che parte dal basso per organizzare l’alto e dirigerlo. E’ il segno che la corruzione non è solo una “questione” ma è diventata la “cifra” del caso italiano.

L’altra considerazione, che impedisce ai seguaci del povero Gramsci di munirsi dell’ottimismo della volontà, è che il controllo del territorio lo Stato non solo lo ha perso nelle terre “maledette” del Sud ma anche al Nord e nella Capitale. Vi rendete conto, anche voi non romani, che se la malavita controlla la zona benestante di Ponte Milvio e non si fa chiudere ad Ostia o nelle coree periferiche vuol dire che lo Stato controlla solo pochi metri della nostra Nazione?

Qui c’è un problema che riguarda sicuramente il modo in cui è organizzata la forza in questo stato. Noi giustamente ci allarmiamo per i casi terribili come quello del povero Cucchi ma lo stesso allarme dovremmo avere per quella parte di territorio, in tutto il Paese, ormai in mano alla malavita e per quella pratica dell’omertà che non è più solo siciliana o meridionale.

Di fronte a una esplosione quasi latino-americana della “questione criminale” come variante drammatica della “questione morale”, si capisce bene come il sistema politico sia al di sotto dei suoi compiti. Manca in fatti il “sistema” e manca la classe dirigente. E’ giusta obiezione sostenere che se manca l’una manca anche l’altra, ma si può anche scrivere che la seconda può fondare un nuovo sistema.

Renzi era sembrato, anche agli anti-renziani della prima ora come il sottoscritto, come un tornado in grado di spazzare tutto il vecchio anche a rischio di portar con sè cose buone. Solo che Renzi, a cui da antirenziano della prima ora auguro un vero e sincero successo perché amo la Patria, ha ridotto la rottamazione della classe dirigente a un agonistico scontro fra amici e nemici,  fra giovani e vecchi. Non ha fatto quello che fa un leader, cioè la chiamata in campo massiccia di tutte le forze migliori dovunque siano, qualunque appartenenza abbiano, quanti capelli neri o bianchi siano rimasti sulle loro teste.

Ogni “rivoluzione”, anche incruenta, è vera solo se è meritocratica, non a caso le rivoluzioni si burocratizzano quando il potere si imbozzola e sceglie gli amici e i fedeli. Renzi dice molte cose di vera indignazione ma non si accorge che la fuga dalla politica, in gran parte verso l’astensione in altra verso nuovi  lidi populistici (ora ci tocca pure Salvini) è nuovamente iniziata.

La corruzione è fenomeno così pervasivo e così ormai incuneato nelle fibre della nazione che solo con un appello a tutti quelli che vogliono bene a questo paese può salvarci. Se si pensa invece che in questo disastro può sopravvivere solo una parte di ceto politico, giovane e determinato, allora si scoprirà che potrà anche prevalere, ma non gli resterà alcun paese da governare, perché fra astenuti, territori in mano alla criminalità e gente che manda i figli all’estero qui sarà un angosciante deserto.

(Foto di Antonio Cinotti, Flickr)

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