Diritti
“Come spiego agli altri bambini che io ho due mamme?”
I libri aiutano a diventare grandi: ci sono dentro le persone che vorremmo essere, le avventure che vorremmo vivere e il paese che siamo, o che vorremmo diventare. Siamo nel 2010 e Margherita, che va alle elementari, lo sa bene perché la sua famiglia è composta da due mamme e tre fratellini. Sa che i grandi fanno nascere i bambini con un uovo e un semino e, se ti manca il semino, lo devi chiedere ad altri. Il suo semino, in particolare, le avevano spiegato che veniva dall’Olanda. Ma spiegarlo ai tuoi amici e compagni di classe – quando sei ancora una bambina e magari un po’ timida – è ben altra cosa. Di fronte agli occhi incuriositi di chi ti guarda, rischi di diventare rossa, di impappinarti. Sarebbe servito un libro con tanti disegni e frasi semplici per spiegare meglio ai compagni di scuola, un libro che non c’era ma che – forse – si poteva costruire.
Lo Stampatello, la prima casa editrice in Italia a raccontare ai bambini che le famiglie non sono tutte uguali, è nata così, per coprire un buco che nel resto d’Europa non c’è. All’estero ci sono molti volumi per bambini, come il Grande Grosso Libro delle Famiglie di Mary Hoffman, che rendono la vita meno difficile ai genitori gay e a tutte le altre famiglie – fatte di nonni, single, coppie miste – che non rientrano nella «famiglia Mulino Bianco». Ma in Italia, prima dello Stampatello, non c’era nulla del genere.
All’inizio di questa storia ci sono due mamme in una cucina di una grande casa a Milano. Francesca Pardi e Maria Silvia Fiengo sono alle prese con forbici, carta e colla per costruire, usando un libro francese come base, un racconto con cui Margherita avrebbe potuto spiegare con tutta tranquillità ai suoi compagni perché la sua famiglia era un po’ diversa. Siamo nel 2010, Margherita va alle elementari (è nata nel 2002) e dopo di lei, concepiti anch’essi in Olanda grazie alla fecondazione assistita, sono nati Giorgio e Raffaele, nel 2006. Dopo ancora è arrivato Antonio, nel 2009, concepito in Belgio. Quattro fratelli tutti biondissimi. Ma, per la legge italiana, Margherita, Giorgio e Raffaele sono figli di Maria Silvia e basta. Antonio, di Francesca. Per la legge non sono neppure fratelli. «Noi invece – scherza Francesca – diciamo che Antonio è intestato a me. Gli altri tre a Maria Silvia».
Tutti e quattro i figli di Francesca e Maria Silvia sanno bene come sono nati, fin da piccolissimi. Il problema per le famiglie gay non è quasi mai raccontare la verità ai figli: è un passaggio obbligato, inevitabile. È anche meno imbarazzante di quello che si pensa dal momento che l’argomento sesso può essere facilmente dribblato ricorrendo alla storia dell’uovo e del semino. «L’unica cosa che con i bambini bisogna evitare – racconta Francesca – è il silenzio. Perché dietro i silenzi loro intravedono colpe e cose sbagliate che non ci sono. Il fatto di avere dei figli rende impossibile a noi omosessuali nasconderci e questo è un bene: chi arretra sulla visibilità, non lo fa più quando diventa un genitore perché sa che le prime persone che danneggia sono i propri figli».
Perché hai due mamme, così si chiamava il primo libro artigianale di Francesca e Maria Silvia, i silenzi li buttava via con parole semplici che piacevano a Margherita ma anche ai suoi compagni. La storia delle due mamme che si amano e che per fare un figlio vanno alla caccia di un semino in Olanda ben presto passa di mano in mano, da Margherita ai suoi compagni di scuola. Altre famiglie dove i genitori sono due mamme ne vorrebbero una copia in casa e Francesca allora si convince che forse c’era una casa editrice disposta a pubblicare il libro nella nuova versione che le due donne avevano costruito con disegni originali, che sostituivano quelli «rubacchiati» da un volume francese nella prima edizione artigianale. «E in effetti dopo aver bussato a tante porte l’avevamo trovata. Una redattrice di una casa importante mi aveva detto che sì, il libro era un buon libro e avrebbe potuto funzionare. Ero contenta, molto. Firmammo il contratto, correggemmo le bozze. Ma poco dopo la stessa redattrice mi chiamò e mi disse che l’editore era contrario, che erano stati forse un po’ precipitosi nel dirmi di sì. Sono temi delicati, bisogna procedere con i piedi di piombo, mi spiegarono».
Ma dei piedi di piombo, quando sei una coppia lesbica che, tra le prime in Italia, ha deciso di avere una figlia all’estero con la fecondazione eterologa nel 2002 per poi replicare due volte ancora, non sai cosa fartene. E aspettare non si può, perché i tuoi figli stanno crescendo adesso. «E poi a quel punto ero certa che il libro valeva e non volevo fermarmi. Ho digitato su Google “aprire una casa editrice” e ho tentato di capire come dovevo fare». La casa editrice, così, Francesca e Maria Silvia se la fanno nella cucina di casa loro. È il 2011: mentre i giornali raccontano le Borse in stato di crollo continuo e l’Italia con un piede dentro e l’altro fuori dall’Europa – troppo spendaccioni! –, le due mamme si imbarcano in una delle avventure imprenditoriali a più alto tasso di fallimento, almeno in Italia: quello delle case editrici.
Lo Stampatello vuole spiegare ai bambini temi difficili nel modo più semplice possibile. In stampatello, appunto. I primi volumi non arrivano nemmeno in libreria. Sono autoprodotti, hanno una diffusione quasi carbonara, soprattutto attraverso l’associazione Famiglie arcobaleno. Ma visto che sognare non costa niente, dopo Perché hai due mamme, Francesca pensa per un nuovo libro a un disegnatore d’eccezione: Altan. Il libro si chiama Piccolo uovo e racconta ai bambini che nel mondo ci sono famiglie con una mamma e un papà, ma anche con una mamma sola o un papà solo. Piccolo uovo corre tra le pagine del libro in mezzo a due gatte che crescono un gattino, l’ippopotamo solitario con il suo piccolo, due canguri con, nel marsupio, due cagnetti adottati.
I coniglietti hanno una mamma e un papà, i pinguini due papà. A tutti Piccolo uovo chiede se sono una famiglia e tutti rispondono che sì, sono famiglia. E io – sogna – che famiglia avrò? Piccolo uovo dorme sonni tranquilli, ma intorno scoppia tanto rumore quando, a una festa del Pd, invitano Francesca Pardi a parlare della sua storia. Il movimento di estrema destra Forza Nuova si attacca al computer e twitta da Milano: Piccolo uovo è un libro da bruciare, perché propaganda omosessuale. Non finisce lì: quando l’assessore comunale Pierfrancesco Majorino, salito sul palco della festa incriminata, dice che lui un libro così pensa sia giusto leggerlo ai figli, scoppia un mezzo putiferio. «Il Giornale» della famiglia Berlusconi titola: Ora Pisapia insegna ai bambini la famiglia gay. Nessuno in quell’occasione aveva parlato di portare Piccolo uovo nelle scuole – anche se aiuterebbe molti bambini, certo, e secondo Francesca e Maria Silvia sarebbe bello e utile –, ma iniziano a fioccare le dichiarazioni preoccupate di consiglieri e politici di centrodestra.
Francesca Pardi oggi se la ride: quanta pubblicità! Ma è un fatto che tutt’oggi Piccolo uovo, se arriva negli asili e nelle scuole, ci arriva soprattutto per le iniziative di singoli insegnanti o genitori. «Entriamo dal basso, non dall’alto – riconosce Pardi – perché qualsiasi dirigente scolastico è terrorizzato». L’intento dei libri de Lo Stampatello è limpido: far sentire a proprio agio ogni bambino con la famiglia che ha, la persona che è. Non ci sono solo i temi legati al genere: un volume dedicato alla storia di una bambina profuga è entrato nel kit che l’associazione per i diritti umani Amnesty International ha distribuito nelle scuole. Ma i critici dicono che i libri dello Stampatello «confondono i bambini» […] sono ideologici», perché raccontano famiglie che in realtà non sono tali perché le famiglie, secondo la loro tesi, sono fatte da una mamma e un papà.
«Ma quello è un modello in cui non rientrano più centinaia di famiglie italiane, mica solo noi gay e lesbiche!», si difende Francesca Pardi. Ci sono ragazze madri, bambini con solo il papà, quelli che crescono con i nonni e i figli divisi tra le case di genitori che hanno deciso di non vivere più assieme.
Lo Stampatello ha pubblicato un libro anche per loro: si chiama Due nidi, ed è la storia di un uccellino contento di vivere un po’ da una parte e un po’ dall’altra: «in fondo» – pensa l’uccellino – non è così male poter cambiare». «Anche questo libro è stato criticato perché, dicono, facevo l’apologia delle separazioni. Io invece penso che se un bambino ha i genitori separati non debba avere meno possibilità dei suoi compagni di essere felice. E forse dobbiamo solo farlo sentire a suo agio». Un altro libro ancora, questa volta disegnato da Desideria Guicciardini, si intitola Qual è il segreto di papà?, e racconta della paura dei bambini quando vedono il loro papà allontanarsi per telefonare, nascondersi da loro.
Che cosa terribile sarà mai successo al papà che non ce ne vuole parlare? Perché nemmeno la mamma ce lo dice? Sarà forse malato? Ma no, niente di cui avere paura, spiega il libro, solamente il papà ha un nuovo fidanzato. Scandaloso? «È una situazione che vivono migliaia di famiglie», ricorda Pardi, che invita a mettersi dalla parte dei bambini: «Non puoi più dargli un modello di famiglia che è superato, in cui migliaia di loro non si riconoscono e non possono riconoscersi. Per loro è solo frustrante e non li aiuta a crescere, non aiuta a crescere nemmeno i figli delle famiglie tradizionali, perché intorno a loro il mondo è già diverso. Non gli proponi un modello, ma una gabbia». Oggi, di Piccolo uovo, è stata mandata nelle librerie la seconda ristampa: tremila volumi della prima tiratura, duemila la seconda. Difficile farsi spazio tra i grandi editori, ma il libro piace ai bambini ed è arrivato anche il prestigioso premio Andersen dedicato all’editoria per l’infanzia.
Lella Costa, nel 2014, con la sua voce ha contributo a trasformarlo anche in un audiolibro digitale. Altri volumi, come Il Grande Grosso Libro delle Famiglie, sono stati tradotti e portati per la prima volta nelle librerie italiane. Altri ancora nascono grazie a una raccolta fondi preventiva, come Perché ho due papà. Intanto anche il personaggio disegnato da Altan è cresciuto, come Margherita e i suoi tre fratelli: nel secondo libro di quella che è diventato una serie, Piccolo uovo si chiede cosa sia la ricchezza, per scoprire che quello che rende felici è soprattutto vivere insieme agli altri. Piccolo uovo. Maschio o femmina?, infine, introduce i bambini alle differenze di genere. Nel disegno di copertina ha la tuba, ma anche le scarpe con il tacco. Può essere femmina e fare il meccanico o l’ingegnere. O maschio e fare il maestro o il ballerino. Può essere tutto quello che vuole essere, senza steccati o pregiudizi di genere che impongono ruoli determinati a seconda che tu sia maschio o femmina.
Temi forse troppo delicati e complessi per i bambini? Troppo presto per essere affrontati? «Ci preoccupiamo del bullismo alle scuole medie. Ma alle scuole medie raccogli quello che hai seminato alle elementari. Sarebbe lì che andrebbe combattuta l’omofobia e la transfobia, lo scarso rispetto per le differenze sessuali, i pregiudizi e gli stereotipi di genere, sarebbe lì che un’azione di contrasto avrebbe più senso e sarebbe più efficace, ma temo che non ce lo faranno mai fare, qui in Italia», sorride Francesca. Ma, a dispetto di tutto, non è pessimista: «In tanti anni – riconosce – abbiamo visto cambiare moltissime cose. Sui giornali non siamo più descritti come delle macchiette, come persone che hanno soddisfatto un loro capriccio diventando genitori. Ora mi aspetto che ci vengano riconosciuti dei diritti, ma non so con quali tempi e so, comunque, che verrà fatto nel modo più silenzioso possibile, per non irritare nessuno».
(copyright Donzelli Editore)
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