Autorità indipendenti
La Consob stravolta dalla gestione Vegas potrebbe essere assorbita in Bankitalia
La perdita di reputazione subìta dalla Consob sotto la controversa presidenza Giuseppe Vegas potrebbe aver superato il punto di non ritorno. Secondo quanto riferiscono fonti governative, per l’autorità di controllo della Borsa si starebbe prospettando qualcosa di simile a quanto è avvenuto con l’Isvap, l’istituto di vigilanza delle assicurazioni, che due anni fa, travolto dallo scandalo Fondiaria-Sai, ha cambiato ditta (ora si chiama Ivass) ed è stato posto sotto la Banca d’Italia. Alternativamente, si ipotizza un vero e proprio assorbimento dentro la Banca d’Italia: la Consob diventerebbe una divisione ad hoc dentro Via Nazionale preposta alla tutela del risparmio e alla vigilanza sulla Borsa, con uno status simile all’Uif (l’Unità di informazione finanziaria costituita presso Bankitalia).
L’idea, per ora solo abbozzata, sta circolando informalmente ai massimi livelli del governo. Il nodo più importante da sciogliere è la sovrapposizione di finalità diverse in campo allo stesso organismo (Bankitalia tutela la stabilità finanziaria, mentre Consob vigila sul risparmio e sui comportamenti degli operatori), anche se il trasferimento delle competenze di vigilanza bancaria alla Bce attenua, e di molto, il problema. Peraltro, il fatto che tra Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia si continui a prendere tempo sul completamento del collegio Consob (5 membri per legge, 3 quelli attualmente in carica, incluso il presidente) è un elemento che depone a favore di una soluzione più radicale per mettere la parola fine polemiche e scandali che hanno lambito la Consob negli ultimi due anni, e in particolare da quando Vegas è intervenuto attivamente sull’operazione Fondiaria-Sai al di fuori delle procedure formali.
Lo scorso giugno è stato nominato il terzo commissario, Anna Genovese, docente di diritto commerciale all’Università di Verona, portando così il collegio della commissione a tre membri. Da allora più nulla. La nomina degli altri due commissari mancanti si è persa per strada, anche se tuttora continuano a girare alcuni dei nomi ipotizzati nei mesi scorsi. Si va da Carmine Di Noia, già responsabile dell’Ufficio informazioni mercati della Consob e attuale vicedirettore generale di Assononime, la lobby delle grandi società per azioni molta attiva sul fronte della regolamentazione, a Marina Brogi, vice preside della Facoltà di economia della Sapienza. Lo stesso Vegas, raccontano, si sta dando da fare, a dispetto delle nubi che si addensano sulla sua gestione della Consob. Forte degli storici rapporti nell’alta burocrazia statale e in particolare al Tesoro, dove fu viceministro dell’Economia ai tempi del quarto governo Berlusconi, il presidente della Consob spingerebbe per la designazione di Marina Tavassi, giudice, presidente della sezione specializzata in brevetti, marchi e concorrenza sleale del Tribunale di Milano.
Se sulle nomine non si sono fatti passi in avanti, va però registrato che in più di una conversazione il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lasciato trapelare la volontà di intervenire sulla vicenda Consob/Vegas, senza tuttavia scoprire le sue carte. Probabilmente sta aspettando il momento giusto per venire allo scoperto. Potrebbe essere la conclusione dell’inchiesta condotta dalla Procura di Roma su nomine e assunzioni al di fuori del regolamento interno della Consob, che vedono Vegas indagato per abuso d’ufficio. Oppure le evoluzioni dell’inchiesta milanese sul presunto patto segreto sottoscritto da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, e l’ex patron di Fondiaria Salvatore Ligresti, che vede i due indagati per ostacolo all’autorità di vigilanza. Ma tra la gestione personalistica della Consob, i ritardi inspiegabili nella vigilanza su società quotate, come nel caso della denuncia anonima su Mps, gli interventi su operazioni di mercato al di fuori di qualsiasi procedura formale, come è avvenuto su Fondiaria-Unipol, senza contare le relazioni pericolose con i soggetti vigilati, al governo non mancano certo delle buone ragioni per prendere di petto il dossier Vegas.
Dai documenti depositati da sostituto procuratore Luigi Orsi, sono emerse intercettazioni telefoniche e ambientali che rivelano rapporti fin troppo confindenziali e informali fra Angelo Apponi, alto funzionario della Consob che ha avuto un ruolo centrale nell’istruttoria dell’operazione di Fondiaria-Unipol, e Stefano Vincenzi, il dirigente plenipotenziario di Mediobanca su tutte le questioni destinate a transitare sul tavolo di un’autorità di vigilanza. Che si trattasse dell’(ex) Isvap o della Consob. «In linea con l’occulto patto tra Nagel e Ligresti – scrive Orsi – anche l’azione di Vincenzi pare connotata da rilevante opacità. Il mercato sa che Mediobanca è attore della vicenda Fondiaria, essendone grande creditore. Quello che il mercato non sa è con quali modalità relazionali Mediobanca coltivi i suoi interessi nella vicenda». Modalità che passano per ripetute telefonate, incontri a quattr’occhi o addirittura con il presidente Vegas, scambi di informazioni riservate o comunque molto delicate anche su altre vicende in teoria sottoposte a segreto istruttorio. Modalità che un funzionario dello Stato, e per di più un dirigente di un’autorità di vigilanza, suppostamente indipendente, non avrebbe dovuto tenere con un soggetto vigilato come Mediobanca. Sono considerazioni ovvie. Per lo meno per quel funzionario di Banca d’Italia che, in un telefonata (intercettata) con l’amico Vincenzi, riassume così la questione: «Tu persegui certi obiettivi di tipo privatistico, che ritieni giusti per il mercato e corretti dal punto di vista normativo. Non è che ti devi far carico di chi sa quali altri incombenze che facevano carico semmai a qualcun altro, insomma». Questo qualcun altro «sono le Autorità che forse dovevano avere un approccio diverso, ma insomma…».
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