Autorità indipendenti
Caro Cantone, lei faccia il suo mestiere. Ai titoli dei giornali ci pensiamo noi
Molto banalmente: se volete un giornalismo da sala da the, di quelli infinitamente noiosi, di quelli che se non spacchi il capello in diciotto allora non hai fatto bene il tuo mestiere anche a costo di addormentare il lettore, che ovviamente trasferirà il suo interesse a un giornalino porno, ecco se volete questa menata qui, da regimetto dolce, da appuntamento in biblioteca dove nessuno fiata, allora dovete immaginare un editto governativo in cui si sancisce, magari anche con bolla papale, la fine di un mestiere, già peraltro dolosamente in pericolo, e l’inizio di un altro fatto tecnicamente da mesti burocrati che in luogo di un titolo composto più o meno da cinque parole cinque, lo comporranno in cinquine, sì proprio in versi in modo da allietare il lettore. Insomma, se non lo avete capito, ci siamo rotti i coglioni.
La misura era sufficientemente colma, ed esempi personali ne potrei fare a decine, ma la goccia perfetta è arrivata oggi, con la precisazione del superispettore Clouseau-Cantone, il quale ha rilasciato (immaginiamo liberamente) una lunghissima intervista al quotidiano Repubblica, in cui analizzare il pateracchio nato intorno alla decisione dell’Antimafia di stilare l’ormai nefasta lista di impresentabili. L’intervista è naturalmente interessante, per vari motivi, e il giornale ha pensato bene di titolarla così: «Cantone: la Bindi sbaglia su De Luca». Per un lettore miele purissimo, il presidente dell’anticorruzione che attacca il presidente dell’Antimafia. Scontro istituzionale, diverso modo di intendere le istituzioni, invasione di campo?, eccessivo protagonismo, opportuna legnata del tuttologo Cantone alla Bindi, ogni interpretazione è buona, fatto sta che la notizia c’era e Conchita Sannino poteva essere orgogliosa del lavoro fatto.
Invece, dopo qualche ora sul sito di Valigia Blu, che lo interpella sulla vicenda, arriva fresco fresco questo titolo: «Ho criticato il codice etico non Bindi e non mi riferivo a De Luca». All’interno, Cantone spiega il suo punto di vista: «Non sono d’accordo con il titolo scelto dal giornale, il mio era un discorso in generale sulle criticità del codice etico votato in Commissione antimafia. Non è infatti di mia competenza parlare di casi specifici…»
È un classico. Generalmente chi dà un’intervista e riveste un ruolo pubblico, ma anche più in generale, pensa ai giornali come iperbolici trattati di filosofia, in cui i tuoi solenni pensieri costituiranno l’asse portante di un inserto creato appositamente per l’evento eccezionale di almeno una quarantina di pagine. In cui, appunto, cercare una notizia sarebbe come scovare il classico ago in un pagliaio. Invece, guarda un po’, in qualche redazione c’è ancora voglia di metterci un attimo di prezzemolo, magari un’aroma di pepe, un peperoncino q.b., giusto per dare un po’ di sapore e servire in tavola.
Ma nel caso in questione, badate bene, non c’era bisogno di forzare nulla, ma proprio nulla, perché a questa precisa domanda: “Intanto, l’era De Luca comincia con una querela alla Bindi. Cosa ne pensa della black list dell’Antimafia?”, il presidente dell’Anticorruzione risponde testualmente così: «Mi faccia fare una premessa. Credo che l’onorevole Bindi, nonostante non avesse una specifica esperienza, stesse facendo benissimo il suo lavoro, con quella capacità di impadronirsi degli argomenti e della complessità dei nodi che è propria dei politici di alto livello: una volta gliel’ho anche riconosciuto alla presenza del premier. Ma questa vicenda degli impresentabili è stato, per me, un grave passo falso, un errore istituzionale». Segue altra domanda, con relativa spiegazione dei perché.
Così dunque Cantone. Cosa avrebbe dovuto titolare in prima Repubblica, in luogo di “Cantone: la Bindi sbaglia su De Luca”? Facciamo pure degli esempi-tipo che potrebbero piacere al nostro presidente. Tipo: «Cantone elogia la Bindi: si impadronisce degli argomenti come nessuno” o anche “Cantone: “Per Rosy ho fatto il massimo: l’ho persino elogiata di fronte a Renzi”. Questi due titoli, secondo Cantone decisamente più rispondenti alla verità dei fatti avrebbero certamente colpito ed entusiasmato il lettore molto di più di quella sintesi banale, sciatta, e francamente poco attrattiva che invece poi è andata in pagina.
C’è semplicemente da avere un filo in più di coraggio. E immaginare, ad esempio, che i tuoi pensieri potranno subire una personalizzazione, se le parole e i concetti lo contemplano. Che se fai dei nomi e vicino a quei nomi muovi delle critiche (per legittime o sbagliate che siano), il giornale si sentirà autorizzato a trarne la sintesi del caso. Più che “è la stampa, bellezza”, questa è la democrazia, presidente Cantone.
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