Appalti

Gli attacchi al governo e l’importanza dello stato nel futuro post-coronavirus

16 Maggio 2020

Il paese si prepara a una incerta fase 2, mentre il governo è preda di attacchi da qualsiasi fronte per i suoi tentativi di superare la crisi economica. Da una parte, sono venuti al pettine i nodi di una difficile convivenza tra M5S e PD con l’aggiunta di Matteo Renzi, variabile impazzita. Secondo le critiche serie, come quella dell’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria, il governo non riesce a elaborare una strategia di lungo periodo che vada oltre il tamponamento dell’emergenza. Dall’altra parte, si agita un sottobosco che ha dichiarato guerra a un governo che si atteggia in maniera indipendente dagli industriali e paventa l’idea di un intervento diretto dello stato in economia.

La grande stampa, ormai confluita sotto un amalgama proprietario e linee editoriali indistinte, sembra contestare il mostro dello statalismo che vuole limitare la libertà imprenditoriali. Numerosi commentatori dipingono come spot elettorali misure sacrosante con cui si elargiscono soldi nelle tasche degli italiani stremati dalla crisi, si assume personale nella pubblica amministrazione e si forniscono incentivi alla mobilità sostenibile.

Queste misure sono contestabili per il loro corto respiro, ma è possibile sostenere che le uniche azioni efficaci siano la sburocratizzazione, il superamento del codice degli appalti e l’attuazione di un piano di grandi opere? Chi sostiene tali affermazioni non sembra comprendere la profondità della crisi causata dal coronavirus. Una celere ripresa dei consumi non è pensabile, perché la maggioranza della popolazione avrà ancora paura di tornare alla vita precedente, malgrado la riapertura delle attività. Di conseguenza, le tanto avversate misure assistenziali diventano fondamentali per la popolazione.

Inoltre, perfino la cancellazione totale del codice degli appalti non garantirebbe un’immediata ripartenza dei cantieri. Sebbene la sburocratizzazione resti necessaria, i rallentamenti principali sono causati dallo svuotamento di competenze della pubblica amministrazione, la quale fatica a trovare professionalità adatte sia a redigere i capitolati di gara che a ricoprire incarichi cruciali come il responsabile unico del progetto o il direttore dei lavori.

Talvolta, tali funzioni non possono che essere assegnate a personale qualificato ma già oberato da altri impegni o poco competente nella materia specifica. Ne consegue una lentezza nella sottoscrizione dei contratti e nella successiva redazione degli stati di avanzamento lavori o dei pagamenti. I continui ricorsi alla giustizia amministrativa contribuiscono a dilazionare le procedure all’infinito.

Un altro problema vive a monte del codice degli appalti, ovvero la scarsità di competenze amministrative volte a programmare gli interventi e di know-how tecnico necessario a elaborare progetti cantierabili. Se la pubblica amministrazione non viene rimpolpata con forze fresche di personale amministrativo e tecnico in grado di programmare le risorse, progettare gli interventi e dirigere i lavori, anche il miglior piano di ripresa vedrà luce solo tra alcuni anni.

Governo e imprenditoria si accorderanno probabilmente per una soluzione classica nel contesto italiano, ovvero il commissariamento delle opere. Gli interventi principali saranno affidati a personalità dotate di poteri speciali e contornate da un team snello. Questa strada non è altro che la misura tampone per eccellenza, completamente avulsa da una visione di lungo periodo.

Al tempo stesso, gli interventi minori avranno destini diversi. Le opere già cantierabili potranno ripartire grazie alle deroghe al patto di stabilità. Al contrario, gli interventi che necessitano di un progetto definito, saranno rimandati a data da destinarsi.

Cittadini e imprese risentono dei tagli indiscriminati alla pubblica amministrazione effettuati nel nome del libero mercato, che hanno ridotto il ruolo dello stato ai minimi termini. Il governo dovrebbe quindi mettere da parte le spicciole diatribe interne per riprendere il controllo del dibattito e indirizzarlo verso l’importanza del ruolo dello stato nel futuro post-coronavirus. Deve chiarire che il settore privato non può che trarre vantaggio da una pubblica amministrazione non invasiva ma quantomeno nelle condizioni di portare avanti i suoi compiti di programmazione e appalto delle opere.

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