Appalti
Così fan Toti
Non vi è analisi seria sulla vita pubblica del paese che non riveli come tanta parte della politica sia controllata e attivata, al fine di realizzare interessi del tutto privati, da soggetti e gruppi dominanti che arrivano finanche a imporre regole ad hoc nell’ambito degli affari e delle trattative illegali tra imprenditori e amministratori di enti statali. Un vero e proprio sistema, espanso a dismisura da un potere che tende a mascherare l’imposizione della volontà delinquenziale degli interpreti: rappresentanti delle istituzioni da una parte, gestori di capitali dall’altra. Quale valore si può attribuire, oggi, al potere politico, considerato in tutti i suoi livelli di manovra ed estensione? E, soprattutto, si rende possibile preservarlo dall’azione luciferina dei tentatori di guadagni facili, dispensatori di bustarelle? A quanto pare, in Liguria, come altrove, chi amministra è caduto nella rete della corruzione. Ed è questa la parola chiave per interpretare la vicenda che riguarda Giovanni Toti, governatore di una delle regioni più attraenti d’Italia. Cor-ru-zio-ne. Non altre! Viene dal latino corruptio, composto da con e rumpere (rompere). Tra i suoi significati troviamo “decomposizione” e “degenerazione”.
Ai nostri tempi il termine viene contemplato, in automatico, per definire la tipicità maggiormente spiccata degli ambienti della politica: l’immagine è quella di una fenditura, una rovinosa rottura rispetto al comportamento integro e volto alla rettitudine di chi viene investito di una funzione pubblica. Il corrotto, madames et messieurs, è una persona che cede all’avidità, all’ingordigia, alla brama di avere più di quello che gli spetta, accaparrandoselo in maniera truffaldina. Ora, poiché le intercettazioni degli inquirenti circa l’azione del governatore della Liguria sono inconfutabili e chiaramente indicative di una manovra ben organizzata, ma illegale e, quindi, passibile di pena, ed essendo il reato da lui commesso un tradimento da egoista, accentratore e menefreghista, che infrange miserabilmente il patto di fiducia con i cittadini che gli hanno accordato la fiducia per esercitare il potere, viene da chiedersi: cosa e chi, esattamente, difendono coloro che disapprovano l’arresto di Toti, blaterando di giustizia politicizzata e a orologeria e reintroducendo il rancido refrain berlusconiano da stornellare a piacimento per delegittimare la legge da cui si è condannati, disprezzata e vituperata in quanto contrastante con la volontà dell’indagato e del possibile colpevole?
Il campione della specialità è senza alcun dubbio il ministro della difesa, Guido Crosetto, che, dettando la linea difensiva alla comunicazione di riferimento, arriva ad affermare: «Con la logica usata per Toti possono arrestare la quasi totalità dei sindaci, dei presidenti di Regione, dei dirigenti pubblici. Suppongo potrebbero anche arrestare la maggior parte dei magistrati». Voilà, come dire che così fan tutti, non solo Toti! Il che potrebbe anche essere vero. Allora, si prenda atto, con buona pace di tutti, che la corruzione è costume di questo paese, e, pertanto, meglio sarebbe chiudere un occhio in attesa di averne una finalmente regolamentata e istituzionalizzata – sembra alludere il ministro. In verità, molto probabilmente ci ritroviamo a convivere con una corruzione imperante che, come ordinario effetto del male, si dimostra stupida, volgare e banale, nonché incontinente, febbrilmente rispondente a infimi istinti da furbastri, espressione di una insaziabile frenesia di accumulo e possesso per mezzo di vantaggi illeciti. Naturalmente, non resta che scongiurare derive pericolose, giacché ogni volta che il potere politico tende a contraddire e sopraffare il diritto vigente fa suonare un campanello di allarme. Bah, al mozartiano titolo, cambiato di genere, Così fan tutti, opera buffa in due atti, contrappongo all’occorrenza la romanza pucciniana Nessun dorma, estratta dalla Turandot, tra le mie preferite.
L’Italia è una Repubblica emocratica basata sulla corruzione.
La sovranità appartiene ai rappresentanti eletti dal popolo, che la esercitano nelle forme e nei limiti della corruzione possibile al momento.