Enti locali

Amici di Scopelliti e avanzi di prima Repubblica, così il Pd vince in Calabria

24 Novembre 2014

ROMA – La rottamazione, se ci passate un’irriverenza, si è fermata a Eboli. La Calabria dell’era Renzi somiglia da vicino a quella della prima e della seconda Repubblica. Pochissime novità, tanti volti della vecchia guardia, e una serie di “impresentabili”. Il nuovo consiglio regionale di Calabria, rinnovatosi anticipatamente per una condanna in primo grado ai danni dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti, non registra un cambio di sentiment. Il renzismo non valica l’Arno e si ferma giustappunto a centinaia di chilometri dal regno delle Due Sicilie. Dove fra portatori di voti e vecchi arnesi di rito “catto-comunista”, il premier della “rottamazione” non riesce a “cambiare verso” alla regione più povera d’Italia, la Calabria, ultima negli indicatori economici.

Ecco così trionfare Mario Oliverio da San Giovanni in Fiore (provincia di Cosenza), una vita in politica: da ben trentacinque anni sulla cresta dell’onda della res pubblica locale, iniziata a nel 1980 con l’ingresso al consiglio regionale nelle file del Pci. Oliverio, inoltre, vanta nel  “lunghissimo” curriculum: ben quattro legislatura a Montecitorio dal 1992 al 2006. E poi ancora due mandati da presidente della provincia di Cosenza dal 2004 al 2014. Fin quando a pochi mesi dalla scadenza del mandato, e, soprattutto, in concomitanza con l’approvazione del ddl Delrio – che prevede il riordino e l’abolizione delle province come organo di primo grado – decide con il cerchio magico cosentino, di correre per la poltrona di governatore di Calabria.

Una vecchia guardia, quella cosentina, tutta di estrazione diessina – che a Cosenza e dintorni si traduce nei nomi dei coniugi Adamo, nel senso Nicola, notabile della città e vice governatore negli anni del mastelliano Agazio Loiero a guida della regione,  e della moglie, la deputata superbersaniana Enza Bruno Bossio. Una rete di potere che straccia alle primarie dello scorso ottobre il giovane renziano Gianluca Callipo. Oliverio stila otto liste a immagine e somiglianza della filiera cosentina. Riuscendo a piazzare in consiglio regionale, fedelissimi come Carlo Guccione, il più votato della tornata elettorale con 14.445 preferenze, già segretario provinciale dei Ds a Cosenza, e definito in città il “socio politico” di Adamo. O come Mimmo Bevacqua, franceschiniano di ferro, ma già vice presidente della provincia ai tempi Oliverio.

Per non parlare dei quattro eletti nella “Lista Oliverio Presidente”. Una lista che sfiora le centomila preferenze e si attesta come seconda, in termini di percentuale, della coalizione. E i quattro – Franco Sergio, Mauro D’Acrì, Vincenzo Pasqua, Francesco D’Agostino – rispondono soltanto al verbo della filiera Oliverio-Adamo-Bossio. Per il resto il neo governatore imbarca ex “sodali” del governatore uscente Giuseppe Scopelliti, come l’ex socialista Salvatore Magarò. Il quale nel 2010 varca l’ingresso del consiglio regionale grazie a una lista civica dal nome inequivocabile, “Lista Scopelliti presidente”. E il governatore, manco a dirlo, lo premia affidandogli la presidenza della Commissione contro l’ndrangheta.

E tra gli eletti come non accorgersi che nella lista del Pd c’è Vincenzo Ciconte, un passato nell’Udeur, poi con Scopelliti, e oggi, voilà, con il Pd targato Oliverio-Renzi? O come Sebi Romeo, candidato ufficiale di Nino De Gaetano, un ex consigliere regionale di Rifondazione Comunista finito nella morsa dell’inchiesta sui rimborsi ai gruppi consiliari. E si continua con Antonio Scalzo, uno dei pochi consiglieri regionali uscenti che ha trovato posto nelle liste del Pd, e che il Tribunale di Catanzaro lo ha rinviato a giudizio per presunti illeciti nella gestione dell’Arpacal, l’agenzia della Calabria nella protezione per l’Ambente. Nomi che per dirla con un vecchio dc “non seguono alcuna ideologia ma li trovereste sempre in maggioranza: hanno fiuto, sanno sempre chi sarà il vincitore”.

Sullo sfondo di questa filiera a trazione cosentina aleggia lo spettro dell’ingombrantte famiglia Gentile. I fratelli Tonino e Pino – il primo senatore, il secondo nuovamente eletto consigliere regionale (siede in regione dal lontano 1975) – salvano il Ncd di Angelino Alfano, che alla tornata elettorale di ieri supera il 6% sfiorando le cinquantamila preferenze. Numeri che, secondo quanto raccontano agli Stati Generali, i Gentile’s faranno pesare quando si tratterà di eleggere il nuovo presidente del Consiglio Regionale. Pensate un po’, il nome che circola con più insistenza è proprio quello di Pino Gentile.

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