Tipi di leadership e segmenti psico-sociali – elezioni 22
È stata una campagna elettorale breve, estiva, coperta dai fatti inglesi ed ucraini, la cui agenda – diversamente dalle altre- è diventata stringente sul tema energia e pressata da risposte agli eventi internazionali.
Un modo originale e forte per leggere le recenti dinamiche elettorali sta, a nostro giudizio, nel capire quanto le leadership abbiano saputo parlare e conquistare specifici segmenti elettorali che, nella Italia del 2022, vengono rappresentati non solo da caratteristiche demografiche o professionali, ma dalla loro visione del mondo e stato psico-sociale. Elementi base del marketing strategico.
Diamo così nuovi significati alla contrapposizione tradizionale di destra e sinistra, combiniamo le proposte di policy (promesse elettorali) agli stili dei leader che le propongono, sapendo che tutto questo porta nel breve al risultato elettorale, nel medio alla costruzione del valore di ciascuna marca (capitale simbolico). Tema su cui ci riserviamo un successivo approfondimento.
Nel Paese esistono tre grandi gruppi psico-sociali:
- da un lato gli esclusi- “vittime” ed “odiatori” (in crescita rispetto a due anni fa, fino a oltre il 40% della popolazione maggiorenne);
- in opposizione netta agli etici – o politically correct- “illuminati”, “radical chic” vicini ai “libertari” (circa un quarto della popolazione, in decrescita rispetto a due anni fa);
- ed infine, vicini ai primi, ma diversi, i combattivi: “guerrieri” e “pragmatici” (circa un terzo della popolazione, in crescita rispetto a prima del governo Draghi).
Esistono poi alcuni gruppi meno rilevanti e più distaccati dalla vita politica (tendenzialmente più astensionisti) i “divanisti”, i “depressi” e i “bulli”.
Ognuna di queste categorie oltre ad avere specifiche caratteristiche demografiche e professionali, dai nomi, che pensiamo siano abbastanza intuibili, preferiscono certe policy e certi stili di governo e di leader. Molte nostre ricerche sostengono questo modello.
Nel concreto.
Ancora una volta, sono state premiate le leadership che si sono poste con tono e proposte da Salvatore, perché gran parte degli italiani rientra nelle categorie delle “vittime” (economiche-sociali o culturali dei cambiamenti dei nostri tempi). Giorgia Meloni da un lato ha raggiunto un obiettivo storico; e Giuseppe Conte, dall’altro, ha risollevato un brand che sembrava destinato al capolinea.
La leader di Fratelli di Italia, in aggiunta alle vittime, è risultata più credibile degli altri alleati-concorrenti di centro destra, come Coach (Allenatore) che ispira i “pragmatici”, che cercano soluzioni di breve periodo ed immediate ed i “guerrieri” che vogliono essere messi in condizioni di fare. Berlusconi che aveva qui la sua area di riferimento storica, e Salvini che ne aveva una parte, ne risultano fortemente penalizzati.
Al tone of voice, allo stile, questi due leader hanno saputo combinare policy coerenti per parlare agli elettorati scelti come riferimento. Il voto espresso è stato in prevalenza, non contro qualcuno, ma per qualcosa che ragionevolmente fosse vicino ai propri bisogni o desideri oltre che di “nuovo”. Pensare che gli elettori votino semplicemente pro o contro chi ha sostenuto o meno un governo è una generalizzazione. Probabilmente può contare chi lo ha fatto cadere, per i gruppi più consapevoli, ma non per tutti. Ciascun leader deve ricordare quale è il suo elettorato di riferimento, per far queste valutazioni.
Chiarezza del messaggio e del posizionamento delle proposte rispetto ad alcuni (grandi o piccoli) segmenti elettorali è l’unico modo per convertire l’attenzione in voto. Chi riesce meglio, viene scelto, copie o versioni sbiadite o non coerenti e divergenti si riutrovano con posizonamenti più fragili perchè mutevoli. Ci vuole tempo a costruire narazioni (storie) che uniscano i valori alle promesse agli strumenti per realizarne -almeno una parte. La reputazione non si crea in due mesi, ma la si ridimensiona con pochi errori.
Le leadership con approcci da Maestro (Letta), molto lungimiranti ed astratti o ideologici, sono state penalizzate. I segmenti sociali con capacità di valutare e preferire le prospettive di lungo periodo sono minori, abbiamo visto: “gli illuminati”, i “radical chic” ed i “libertari”, certo hanno un maggior senso delle istituzioni e partecipano al voto, ma sono minoranza.
Gli “odiatori” non hanno trovato una offerta sufficientemente agguerrita e credibile di Sobillatori che vi si rivolgevano (sarà forse lo scenario del prossimo anno? O quello tra 5? Qualcuno si preparerà per questo target?). O forse non hanno ritenuto, come in precedenza, le loro possibilità di successo sufficienti a fare la differenza verso un cambiamento anti-sistema; anche da questo gruppo buona dipende parte del calo di partecipazione rispetto alle precedenti; i “divanisti”, anche questa volta si perlopiù disinteressati del voto, in parte hanno scelto chi gli ha promesso un aiuto per rimanere a guardare.
Chi ha scelto lo stile di leadership da Manager (Calenda/Renzi) si è posizionato a metà del guado tra i blocchi e non è risultato del tutto convincente rispetto ai competitors che puntavano a guerrieri e pragmatici o a quelli che sono sostenuti dagli illuminati. Certo per costruire una marca serve tempo. Forse possono ritenersi soddisfatti.
Questa lettura del rapporto tra segmenti psico-sociali e stili di leadership spiega le macro dinamiche del voto del 25 settembre. Grazie a schemi consolidati di analisi della domanda (con segmentazioni psicologiche) e della offerta (stili di leadership, policy e narrazioni di marca), in questo modo anticipiamo le tendenze e, con un uso avanzato della statistica, diamo indicazioni strategiche (www.ospo.it).
Lo studio a cui ci riferiamo è datato 7 settembre (1.500 interviste rappresentative dell’elettorato), ed anticipava bene le tendenze che abbiamo visto nelle urne anche perché i trend, monitorati ogni sei mesi, mostravano come gli allarmi sollecitati dalle continue emergenze climatiche, sanitarie, economiche e geopolitiche alimentavano certi segmenti sociali e li attivavano di più rispetto agli altri.
Da qui alle Regionali ed alle Europee, le forze in campo avranno modo di riorganizzarsi e rigenerare le proprie strategie non solo nomi e candidature; ogni elezione è un punto sia di arrivo che di inizio. Identificare un elettorato di riferimento, rispondere ai suoi bisogni e parlare con il tono adeguato rimangono, oltre ad alleanze e candidature, gli elementi essenziali del marketing politico (tenendo conto delle leggi elettorali).
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