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Si riparte, ma voi madri restate a casa! Da Ravenna però un’idea “femminista”
Fase 2. Decreti. Commissioni. Riaperture. Eppure, non c’è verso! Neppure un accenno, una minima considerazione, una sottolineatura su come possano ritornare al lavoro, i genitori di figli in età scolare (soprattutto delle primarie) con i nonni fuori gioco. Ed è inutile giocare con la retorica. Sono le madri e le donne a pagare pegno. Sappiamo bene che ci sono padri responsabili che in questa quarantena hanno dato e continuano a dare il loro contributo, ma non è una vera libera scelta delle famiglie decidere chi rimarrà a casa. In un momento di crisi come questa, è del tutto evidente che anche all’interno dei nuclei famigliari si decide in base a chi può contribuire maggiormente al sostentamento. E se facciamo anche finta di credere che nel nostro Paese esista una parità di genere sul trattamento economico nei posti di lavoro, allora non siamo solo ipocriti, ma anche in malafede. È l’emancipazione della donna, non solo economica ma anche civile ad essere messa in quarantena. Nel silenzio generale. Abbiamo capito che per la ministra Azzolina va tutto meravigliosamente bene.
Inutile insistere. Ma accanto a lei e al governo, da gennaio ad oggi sono state istituite ben 15 taske force, compresa quella di Colao composta da 17 persone. Si vada a guardare il video del Sole 24 ore a cura Nicoletta Cottone e Manuela Perrone del 19 aprile. Un totale di 450 esperti, nessuno dei quali è riuscito a mettere assieme non dico una proposta, ma almeno una riflessione sulla particolare condizione delle donne e delle madri, in questa emergenza. Sono scomparse dalla scena del dibattito. Manco fossimo all’inizio degli anni ’50. Anni di lotte per l’emancipazione femminile, completamente ricacciate in un’oscurità medioevale. E darà fastidio leggerlo ed ascoltarlo, ma questo silenzio equivale proprio a pensare che la donna per natura divina debba svolgere l’antico ruolo di angelo del focolare, subordinata al dominio maschile. Nessuno lo dice e nessuno lo pronuncia, ma questo non rende la realtà meno vera.
In questo bailamme allora merita una standing ovation il Sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, che ha avanzato alla Regione Emilia-Romagna e al Governo una proposta che risponde semplicemente al buon senso: Riaprire le scuole partendo da nidi e materne sfruttando gli spazi all’aperto, utilizzando anche i musei che ne sono provvisti. I bambini dovranno essere divisi in piccoli gruppi e per affrontare un numero maggiore di classi. Il tutto pensato e ragionato sulla minimizzazione del rischio, visto che l’azzeramento è da ritenersi impossibile almeno sino a quando non avremo un vaccino. Ma nel frattempo bisognerà pur tornare a vivere. Un esperimento quindi che dovrebbe servire a capire come organizzarsi per riaprire, in un secondo momento, i centri ricreativi estivi e infine il ritorno sui banchi a settembre.
Sollecitato da un giornalista del Resto del Carlino, il Sindaco coglie il punto della questione che sino ad ora, governo, parlamento, scienziati, tecnici ed esperti, non sono riusciti neppure a sfiorare:
“Dobbiamo stare attenti a non sacrificare sull’altare del distanziamento sociale anni di lavoro contro le discriminazioni e sul diritto al lavoro. All’interno di una coppia in difficoltà per il fatto che le scuole rimangono chiuse, non vorrei si sacrificasse il coniuge che guadagna meno, o si desse per scontato che a rimanere a casa saranno le donne”.
Vuoi vedere che, al netto delle taske force, basterebbe parlare con una madre, con un sindaco, con medico, con un lavoratore, con un imprenditore, per ristabilire un minimo di concretezza, di buona prassi, di buon senso.
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