Partiti e politici
Ma davvero dobbiamo esultare per l’aiutino ai referendum?
Il Consiglio dei Ministri ha approvato le date per le elezioni amministrative e i referendum, fissando per il 12 giugno sia il primo turno delle elezioni nei comuni sia il voto referendario.
La decisione dell’abbinamento è solo apparentemente razionale, ma a mio avviso è costituzionalmente molto discutibile.
Negli Stati nei quali per i referendum popolari (magari propositivi) non è previsto alcun quorum per la validità, è del tutto normale che le consultazioni referendarie si svolgano insieme ad altri tipi di elezioni, anche per motivi di risparmio.
Ma non è il caso dell’Italia. Da noi il referendum è esclusivamente abrogativo ed è stato volutamente sfavorito dai padri costituenti e poi dal legislatore con una serie di ostacoli. Volutamente perché il referendum popolare costituisce un’eccezione rispetto al modello della democrazia parlamentare, al quale si voleva attribuire un solido primato.
Fanno parte del percorso a ostacoli scientemente voluto (art. 75 Cost e leggi regolatrici) i seguenti fattori: 1) carattere solo abrogativo e non propositivo, 2) necessità di raccogliere un alto numero di firme per richiederlo (500.000), 3) esclusione di una serie di materie, 4) vaglio di ammissibilità affidato alla Corte Costituzionale, 5) partecipazione alla consultazione del 50% + 1 degli aventi diritto al voto, 6) maggioranza assoluta dei partecipanti favorevole all’abrogazione.
Qualunque abbinamento elettorale va ad incidere sul fattore n. 5, cioè sul raggiungimento del quorum. Il che non solo falsa il risultato, ma crea anche un’inevitabile violazione della par condicio: se il referendum promosso da Tizio viene abbinato alle elezioni in 50 comuni ed il referendum promosso da Caio viene abbinato al voto in 10 regioni, è chiaro che Caio viene favorito rispetto a Tizio nell’obiettivo del raggiungimento del quorum.
Metto le mani avanti: questo ragionamento prescinde completamente dalla materia dei referendum superstiti sulla giustizia, sui quali tra l’altro non ho ancora deciso cosa fare.
È una posizione che ho sempre sostenuto, sia per i referendum che mi piacevano sia per quelli che avversavo.
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