Partiti e politici

Mattarella apre una campagna elettorale tutta sull’Europa (e su di sé)

27 Maggio 2018

Una crisi senza precedenti. Una situazione senza possibilità di comparazione col passato.

La rinuncia all’incarico da parte di Giuseppe Conte, dopo il rifiuto di Sergio Mattarella di nominare Paolo Savona al Ministero dell’Economia, ci consegna infatti a un futuro che è terra straniera, a un cammino verso un orizzonte pieno di lampi e tuoni. Il probabile incarico a Carlo Cottarelli per formare un governo senza maggioranza che porti il paese al voto d’autunno, cercando di salvare il paese almeno dall’aumento dell’Iva.

Nello staff del Presidente della Repubblica, dato per diviso da tutti gli osservatori più vicini, ha dunque prevalso la linea dura. La linea che non riconosce una dignità sufficiente al comunicato europeista diramato da Paolo Savona, e che ha ritenuto che sulla linea di Savona potesse saltare il tavolo. Una linea uguale e contraria a quella di Matteo Salvini – “O Savona o si torna al voto” -, in un contesto destinato a portare all’esito cui abbiamo appunto assistito. I supporter della coalizione gialloblu (non verde, blu, dicono loro) gridano al golpe, minacciano addirittura l’impeachment. Quelli di Mattarella, senza dubbi, inneggiano a un presidente che avrebbe appieno difeso le sue prerogative e la Costituzione, richiamando precedenti che poco o nulla c’entrano con l’inedito visto in questi giorni.

Già, perché il diniego esplicitato su Paolo Savona da Sergio Mattarella segna un prima e un dopo nella storia della Repubblica. Farà giurisprudenza costituzionale, come si dice nelle stanze in cui Mattarella è maestro. Resterà come un caso di scuola, in cui il Presidente della Repubblica può dire no a un intero governo, espresso da una piena maggioranza parlamentare, perché la nomina di un ministro “non politico”, ma che esprime una linea politica forte, riconoscibile, e molto critica rispetto all’attuale assetto delle alleanze sovranazionali e internazionali, non è ritenuta di sufficiente garanzia per le istituzioni repubblicane. Mattarella si assume una responsabilità importante, enorme, perché prende su di sé il carico di una scelta che era e resterà ampiamente discutibile, dopo aver accettato di affidare l’incarico a un tecnico perfettamente sconosciuto a tutti, quale Giuseppe Conte.

Chi scrive, naturalmente, fa ampiamente salva la piena legittimità costituzionale della decisione del Presidente, anche perché le ragioni ultime della scelta e le parole che si sono scambiati Mattarella, Salvini, Di Maio e Conte resteranno sempre, ragionevolmente per sempre, nella piena disponibilità del solo Presidente della Repubblica, come del resto la Costituzione consente. Ma non possiamo non valutarne il peso politico e immaginarne le conseguenze. Con l’incarico a un “rigorista” ortodosso, un europeista austero come Cottarelli, destinato a non ottenere la fiducia in un parlamento a maggioranza grillin-leghista, e dopo aver detto un netto no a un uomo dell’establishment, ci si avvia verso una lunga campagna elettorale, in cui l’Europa (e Dio non voglia, la stessa moneta, in sè) diventerà il fulcro centrale della propaganda politica. Salvini e Di Maio, tra una minaccia di incriminazione a Mattarella e l’altra, l’hanno in fondo già annunciato. Le forze della resistenza, l’esangue resto del pd, la senile incoscienza del paese reale di chi ne fu padrone, quale Berlusconi, il niente che resta della sinistra e delle sigle europeiste,  non sembrano attrezzatissime ad impalcare una resistenza. Il risultato finale rischia di farci rimpiangere il Ministero dell’Economia affidato al professor Paolo Savona.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.