Partiti e politici
Majorino può farcela? No
La sindrome Tafazzi, ormai storicamente appannaggio del Partito Democratico, e antico retaggio della sinistra storica, colpisce ancora, colpisce di nuovo nell’avvicinamento delle consultazioni regionali nel Lazio e, soprattutto, in Lombardia: quando ci si vuole fare del male, non ci sono maestri più capaci.
Nel Lazio, governato da 10 anni dal centro-sinistra, con il recente appoggio del Movimento 5 stelle, la situazione pareva essere quella più favorevole ad una nuova vittoria, nel post-Zingaretti, o quanto meno ad una possibile competizione aperta. Ma così non sarà: dopo aver governato assieme, l’idea che si possa confermare l’intesa Pd-M5s non pare essere percorribile, così ci si rassegna anzitempo ad una probabile sconfitta, alleandosi al duo Calenda-Renzi, il nuovo partito delle ZTL, che non paiono certo molto diffuse nella regione laziale, con l’eccezione capitolina. Ma tant’è, strategia perdente non si cambia.
Situazione simile, ma ribaltata dal punto di vista del potere regionale, in Lombardia dove, come ben sappiamo, l’ala sinistra dello schieramento politico non ha praticamente mai vinto, né nella prima né nella seconda repubblica. La similitudine: anche nella regione padana i 5 stelle e i democratici sono rimasti piuttosto uniti nell’opposizione al governo leghista di Fontana (e Moratti), formando un bel pacchetto di importanti contrapposizioni, soprattutto durante l’emergenza pandemica. Un’esperienza che poteva diventare foriera di una sana alleanza per sconfiggere il centro-destra, oltretutto privato di Letizia Moratti che come noto correrà solitaria, lanciata dal duo Azione-Italia Viva, e possibile protagonista di una buona performance togliendo magari voti allo stesso antico partner di governo.
Un’occasione più unica che rara per il Pd che, peraltro, ha deciso di compiere due nuovi errori: il primo è stato quello (ricalcando qui il “modello” delle consultazioni politiche) di sganciarsi dai pentastellati, dopo tanto lavoro comune, che pur non disponendo di molti voti in Lombardia, certo sarebbero stati utili per migliorare la performance del candidato Majorino; il secondo è stato quello di rinunciare alle primarie, uno strumento in questo caso utilissimo per poter dare maggiore visibilità e una migliore conoscenza dei protagonisti della competizione interna al centro-sinistra e della scelta finale, possibili candidati che non sono certo sulla bocca di tutti nelle valli bergamasche e bresciane, dove Fontana costruirà la sua vittoria, come già nel 2018.
Il risultato finale, dunque? Vincerà Fontana, seguito da Majorino (con un distacco di almeno dieci punti) e da Moratti. Il centro-destra ringrazia, e continuerà a governare per molto tempo ancora.
Università degli studi di Milano
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