Partiti e politici

Ma davvero ne valeva la pena?

19 Gennaio 2021

Alla fine di questo casino – che è poi l’ennesimo inizio, o passaggio di mezzo -, la domanda sorge spontanea: ma davvero ne valeva la pena? Valeva la pena che la politica italiana – trainata dal senatore Renzi: pressochè irrilevante nel paese, e dotato di un enorme potere di interdizione in parlamento – si impiccasse a questo spettacolo indegno? Valeva la pena che ripetendo come il mantra “si può fare politica anche durante la pandemia” si finisse col ridicolizzare la politica, proprio nel mezzo di una pandemia?

No, vi diciamo subito come si risponde alla domanda: non ne valeva la pena. Non valeva la pena di raccontare che erano decisivi i contenuti, quando proprio la traiettoria della crisi ha dimostrato che sui contenuti – anche per amor di potere – c’era amplissima disponibilità a trattare e a cedere, ad ogni livello. Se insomma si voleva migliorare il recovery plan, si poteva fare – e lo si è fatto – usando le armi anche aspre della politica. Se davvero si voleva convincere Conte a una gestione meno accentrata, evidentemente bastavano il bastone e la carota. Se si voleva migliorare la squadra di governo, si poteva combattere per quello. Una battaglia aperta che forse avrebbe portato frutti, o forse no, chissà. Ma l’esito di queste partite farebbe dire che sì, si poteva provarci.

Oppure il piano, se c’era, era un altro fin dall’inizio, e quelle sui contenuti erano tutte balle. Il piano era quello di far saltare questo governo per portarne uno radicalmente migliore, più alto nel personale dell’esecutivo e più largo nella compagine parlamentare. “Se mi porta Draghi io vado a fargli una statua” si sentiva dire alla classe dirigente urbana già a dicembre, quando si capiva che Matteo da Firenze voleva portare verso la crisi. Ma anche se il piano fosse stato questo, varrebbe la pena di guardare i numeri, che per un governo Draghi in questo parlamento al momento non ci sono. E no, anche stavolta non ne valeva la pena.

Oppure il piano di chi ha voluto la crisi era un altro ancora. Un governo guidato dal Pd – chissà perchè la prima forza parlamentare ancora rappresentata dal Movimento 5 Stelle dovrebbe accettarlo – sarebbe stato migliore? Chissà, la materia prima resta questa. Oppure un governo di un 5 Stelle, magari guidato da Di Maio, “per mettere in crisi i 5 Stelle”. Ma dite davvero? Sì, perché in queste settimane abbiamo sentito anche questo.

Insomma, cosa sarebbe dovuto o voluto succedere nella testa di chi ha voluto la crisi – Matteo Renzi sicuramente, fino in fondo, ma non solo lui però, ragionevolmente, all’inizio – davvero non lo sappiamo. Sappiamo però cosa è successo. In parlamento il governo Conte incassa la fiducia, comunque. Raccogliticcia e fragile finchè volete, ma ragionevolmente passibile di innesti e aumenti col passare dei giorni. Oltre a pezzi di Forza Italia che già hanno dato segnali, ci sono anche pezzettini di Italia Viva che proprio oggi hanno fermato il loro leader tentato, a un certo punto, dal votare addirittura no nella speranza di far saltare del tutto il banco. E poi c’è la senatrice Binetti, per dire. Sembra sensato, piuttosto, scommettere su una maggioranza che si irrobustirà, piano piano, quasi per inerzia. Ogni altra ipotesi, infragilendosi le alternative e ingigantendosi lo spauracchio delle urne, sarà via via irrazionale. Ovviamente, un altro governo comunque potrebbe sempre nascere, ma si reggerà sulle stesse malferme gambe che reggono questo. Anzi, ancora più malferme, dopo estenuanti trattative. Sarà radicalmente migliore di questo mediocre esecutivo? Improbabile, molto.

E quindi, cosa resterà di questa strampalata crisi, oltre alla testimonianza gigantesca di abnegazione e dovere civico di una grande donna come Liliana Segre? Resteranno i dubbi e i non detti. Il Pd ha davvero inizialmente avallato la manovra di Renzi sperando di guadagnarci qualcosa? Perché Renzi è andato oltre il limite al quale era ragionevole fermarsi, al netto dei teneri atti di fede di quel manipolo di esaltati che dicono che l’abbia fatto per amore di ideali e di politica? Davvero non c’era un altro modo per far capire a Giuseppe Conte che troppo potere stava concentrando su di sè? Alla fine della storia, poi resteranno i fatti. Una maggioranza che recupera senatori che non credevano alla Xylella. Una crisi scatenata da un partito che poi al dunque si è astenuto. Un personale politico profumatamente pagato che ha voluto o dovuto occuparsi di conti della serva, mentre il paese conta morti, feriti, vaccini bloccati, scuole chiuse e disastri economici. Difficile che il paese dimentichi. Sempre che – preso com’è a sopravvivere – si sia accorto di cosa (non) è successo in un bel palazzo nel centro di Roma.

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