Partiti e politici

La trasformazione della Lega: il partito nazionale è servito

22 Dicembre 2019

Sono passati trent’anni giusti giusti dal primo vero congresso dell’allora Lega Lombarda, tenutosi a Segrate appunto nel dicembre del 1989. Io c’ero, impegnato a cercare di capire meglio cos’era quel nuovo fenomeno politico, mentre stavo preparando il primo studio un po’ più rigoroso uscito in Italia sulla Lega, insieme a Biorcio, Diamanti e Mannheimer. Ricordo ancora, tra le proposte di Bossi, quella che fu salutata con una vera ovazione da parte del pubblico presente: l’abolizione della bolla d’accompagnamento!

Già presente in Lombardia dal 1983, sulle orme della Liga Veneta, soltanto verso la fine degli anni Ottanta il movimento di Bossi stava riuscendo ad imporsi in maniera significativa come valida alternativa ai partiti tradizionali, molti dei quali sarebbero praticamente scomparsi di lì a poco, complici le indagini di Mani Pulite, lasciando ampio spazio elettorale alla nascente Lega Nord, frutto degli accordi con le altre leghe delle regioni settentrionali.

Le parole d’ordine dell’epoca, come ci ricordiamo, erano sostanzialmente di due tipi, il primo molto simile a quelle che sarebbero poi state riprese dal Movimento 5 stelle, contro la deriva di solo auto-conservazione delle forze politiche “romane”, il secondo tipo che concerneva l’attuale logica salviniana, quella della contrapposizione tra amico-nemico. Solo che allora il nemico era il meridione (“Roma ladrona”), oggi i nemici sono l’Europa da una parte e lo straniero dall’altra. Parole d’ordine dunque già all’epoca molto simili all’odierna impronta di stampo marcatamente populista.

Da questo punto di vista, le logiche di fondo della proposta politica non sono dunque cambiate in maniera significativa. Sono invece due gli aspetti drasticamente mutati. Il primo è la collocazione della “Lega per Salvini premier”: allora l’idea era quella di abbandonare la tradizionale dimensione destra-sinistra, per porsi oltre (“in alto”, diceva lo stesso Bossi), per acquistare consensi un po’ in tutte le precedenti aree politico-ideologiche, tanto è vero che D’Alema definì la Lega Nord con la famosa affermazione di “costola della sinistra”. Oggi il suo posto è chiaramente accanto ai partiti di centro-destra, se non addirittura di destra.

Il secondo decisivo mutamento è, accanto all’abbandono del Nord come punto di riferimento elettorale, per diventare un partito nazionale, il contestuale abbandono dell’idea federalista che aveva caratterizzato tutta la storia leghista, da Bossi a Miglio, in favore della Nazione nel suo complesso, dell’unità nazionale “contro” i due nemici descritti poc’anzi. E le radici cristiane, così sovente richiamate da Salvini, sono quindi il necessario legame alla tradizione dell’Italia intera.

Sembra essere allora nato anche formalmente, nel congresso di sabato 21 dicembre con il nuovo Statuto, un soggetto politico che, pur utilizzando alcuni stilemi comunicativi propri della vecchia Lega Nord, cerca di riposizionarsi in maniera piuttosto differente da quella antica Lega bossiana. Un esperimento politico che sta dando i suoi frutti elettorali sperati. Almeno finora.

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