Partiti e politici
Italianissimo me
L’armata Brancaleone dei ministri e parlamentari di Fratelli d’Italia incaricati di dare una verniciata ideologica alla destra italiana, senza possibilmente nominare Mussolini e tanto meno Almirante, è inciampata di nuovo nell’ennesima figura di emme, con la proposta di comminare una multa compresa fra i 5.000 e i 100.000 euro agli enti pubblici e privati che dovessero scrivere email invece di posta elettronica, ma anche server invece di sistema informatico di elaborazione e gestione del traffico di informazioni.
La proposta di legge pomposamente nominata “Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana”, presentata in primis dall’onorevole Rampelli di Fratelli d’Italia, vorrebbe riportare la nostra lingua alla sua sublime e italianissima purezza, depurandola delle cattive influenze (soprattutto inglesi) che l’hanno contaminata in questi ultimi anni. Ma l’obiettivo di Rampelli e compagni non è solo di punire gli anglicismi ma anche di impedire che in Italia si tengano corsi (in genere nelle università) in lingua straniera, a meno che non siano tenuti anche in italiano, e che nei suddetti corsi vi siano “studenti stranieri, nell’ambito di progetti formativi specifici, di insegnanti o di ospiti stranieri” (come recita l’articolo 6, scritto piuttosto maluccio, bisogna ammetterlo).
Fatta la legge, trovato l’inganno: l’università Bocconi di Milano, che tiene corsi di laurea in inglese, dovrebbe procurarsi anche solo uno studente straniero, magari di San Marino, per ognuno dei corsi di laurea in inglese, a patto che il corso venga replicato in maniera identica anche in italiano. Ma forse potrebbe bastare “un ospite” di San Marino, nonostante non si sappia bene cosa sia un ospite, soprattutto in un caso come questo. Ma non importa: inutile sottilizzare, basta che l’ospite non venga chiamato guest.
Potrebbe fungere allo scopo (di tenere un corso in inglese senza pagare una multa di 100.000 euro) anche assumere un insegnante straniero (fosse anche un cittadino della Transnistria), purché (ma qui la legge non è chiara…) il professore che osasse tenere una lezione inglese non abbia anche il passaporto italiano. Non sappiamo se, in questo caso, verrebbe concesso anche gli altri docenti (con passaporto italiano) di fare lezioni in inglese nello stesso corso (si teme di no, a voler dare un’interpretazione ristrettiva della legge).
A decidere su questi interessanti punti aperti, oltre che sull’entità delle sanzioni da comminare a chi dovesse scrivere email in un documento interno di un qualsiasi ministero, un ente pubblico o un’azienda privata, sarebbe chiamato un Comitato composto “dal Ministro della cultura, o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante dell’Accademia della Crusca, da un rappresentante della società Dante Alighieri, da un rappresentante dell’istituto Treccani…”. L’elenco continua con i rappresentanti di altri ministeri, tutti ugualmente coinvolti nell’opera di individuare e punire i colpevoli di “forestierismi”, oltre che di far chiudere (dopo averli rigorosamente multati) i corsi di studio che non rispondano a quelle forse un po’ fumose ma severe richieste sulla presenza di ospiti, docenti, studenti stranieri previsti dell’articolo 6 della bozza di legge.
La proposta di Rampelli è già stata rispedita al mittente: “Lingua italiana, la Crusca: “Multare chi usa parole straniere? Ridicolo” perchè anche all’Accademia della Crusca farebbe orrore essere associata a una legge che ricorda quella fascista del 23 dicembre 1940 (n. 2042). Mussolini, infatti, dopo una lunga campagna contro il bilinguismo, proibì l’uso della parole straniere nei documenti governativi ma anche nei contesti di uso comune. L’articolo 2 della legge affermava infatti: “È vietato l’uso di parole straniere nelle insegue, nei cartelli, nei manifesti, nelle inserzioni ed in genere in ogni forma pubblicitaria, con qualunque mezzo effettuata”. L’articolo 2 della legge fascista è paurosamente simile all’articolo 3 di quella proposta da Rampelli: “Ogni tipo e forma di comunicazione o di informazione presente in un luogo pubblico o in un luogo aperto al pubblico ovvero derivante da fondi pubblici e destinata alla pubblica utilità è trasmessa in lingua italiana”.
Anche in questo caso, sarebbe il comitato a dover giudicare cosa diavolo vuol dire l’articolo 3 (scritto così sembra un po’ generico…) e se i punti vendita Drive Thru di Burger King non andrebbero rinominati con qualcosa del tipo: “Guida attraverso” per ordinare un “Medaglione Reale”, o se invece l’obbligo di comunicare in italiano riguardi solo chi sta usufruendo di denaro pubblico.
Sentiamo già il rumore – frrr…- della macchina distruggidocumenti dove finirà la proposta di legge Rampelli, dopo che l’Italia tutta si sarà chiesta: “Ma quelli di Fratelli d’Italia credono veramente che Dante fosse di destra , che le SS uccise a via Rasella fossero una banda semi-musicale di pensionati, e che si possa punire chi scrive server su un documento?”.
Se la risposta fosse sì, beh, allora c’è da vergognarsi. Il buon senso, la memoria storica e il senso del ridicolo sembrano davvero aver abbandonato il nostro povero paese.
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