Partiti e politici

Per tornare a crescere alla Lega non bastano più slogan di ribellione

23 Maggio 2020

Riflessioni sul futuro di Salvini e della Lega e sulla gestione italiana dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, raccontati alla radio tedesca Deutschlandfunk, emittente del servizio pubblico nazionale.

Per Salvini le misure del governo erano troppo rigide. All’inizio, ha persino negato la minaccia. Nei Paesi Bassi, Wilders e Baudet erano costruttivi. In Austria per l’FPÖ tutto era ancora troppo rilassato. I partiti dell’estrema destra hanno qualcosa in comune in relazione alla crisi della corona?

Per certi versi la minaccia rappresentata dal Coronavirus è stata inizialmente sottovalutata un po’ da tutti, a destra come a sinistra, in Italia come nel resto d’Europa, e molti sono passati velocemente da una libertà solo di poco limitata ad un blocco totale, al lockdown generalizzato, come Zaia in Italia o il governo austriaco, senza le opportune distinzioni né dal punto di vista territoriale né con riferimento ai maggiori luoghi del contagio, come le case di riposo per anziani e alle caratteristiche socio-anagrafiche, l’età ad esempio, dei soggetti più a rischio. Il vero conflitto tra i cosiddetti “sovranisti” dei vari paesi è legato invece al tema degli aiuti europei, agli eurobond, all’utilizzo del Mes, o al Recovery Fund, che ovviamente hanno visto contrapposti i paesi più vicini alla Germania, da una parte, e i paesi latini, Italia soprattutto, dall’altra. Le dichiarazioni di Baudet in particolare quando disse che “L’Olanda non sarà il bancomat del sud”, oltre che la volontà anche di Wilders di agganciare i prestiti ad un Mes più rigido, potrebbero probabilmente incrinare i loro rapporti nel futuro con Salvini e Meloni.

Per un osservatore dall’estero, sembra che la Lega abbia perso parte della sua attrattività nella crisi della Corona: Salvini oscillava tra negazione e drammatizzazione. Il comportamento di Attilio Fontana è ovviamente considerato un disastro ovunque. Come saranno le conseguenze? Danni permanenti per l’estrema destra?

La Lega ha avuto un comportamento piuttosto ambiguo: inizialmente i suoi governatori, come Zaia e Fontana e lo stesso Salvini erano abbastanza “liberisti”, per non far affondare l’economia, ma bisogna dire che anche alcuni sindaci di sinistra, come Sala a Milano e lo stesso Gori a Bergamo erano della stessa opinione. La paura dei territori settentrionali era legata più ai possibili danni economici che alle conseguenze sanitarie. Poi però le cose si sono comprese, e da quel momento c’è stata una forte differenziazione nella gestione del contagio: Zaia da una parte, nel Veneto, come peraltro Bonaccini, il governatore del Pd in Emilia, è intervenuto in maniera precisa e puntuale per mantenere sotto controllo il problema, Fontana dall’altra, in Lombardia, e lo stesso Salvini a livello nazionale, non sono stati in grado il primo di gestire l’emergenza, il secondo di proporre soluzioni politiche utili per il paese, sia pur dall’opposizione. La destra di Salvini è stata molto penalizzata al livello di consenso elettorale, perdendo oltre 5 punti in un paio di mesi nei sondaggi, mentre però contemporaneamente cresceva il partito della Meloni, che è apparsa più incisiva e meno “ballerina”. Si registrano molti passaggi di voto dalla Lega a Fratelli d’Italia, ma il peso complessivo della destra sovranista non pare mutato in maniera sostanziale.

Si legge spesso che nella crisi in Italia l’umore anti-europeo sarebbe aumentato enormemente. Se è vero: pensa che sia uno sviluppo sostenibile? E l’estrema destra ne trarrà beneficio?

È abbastanza vero. L’idea che non esista un’Europa unita nemmeno in situazioni così gravi come questa della pandemia non è certo qualcosa che faccia aumentare la fiducia nella UE. Il malumore per la difficoltà a concedere aiuti economici per la ripresa, nei paesi meridionali, e il parallelo malumore negli stati settentrionali, per aver comunque concesso qualcosa, non può che far diminuire in tutti i cittadini il senso e la fiducia in una Europa unita. Prevale al contrario la percezione che non ci sia alcuna unità europea, ma che tutti privilegino di gran lunga il proprio Stato di appartenenza. Paradossalmente, questo crescente euroscetticismo non favorisce i partiti euroscettici, dal punto di vista elettorale, quanto piuttosto fa incrementare la sfiducia generalizzata nella possibilità che si possa effettivamente costruire, nel medio periodo, una vera unità europea, dal punto di vista socio-economico, se non si cambia del tutto il modo di intendere gli Stati Uniti d’Europa.

In molti paesi, tra l’elettorato dei partiti dell’estrema destra ci sono due impulsi contraddittori: un impulso autoritario, fedele allo stato, e un impulso ribellistico. In caso di dubbio, a quale di questi due impulsi cederà la Lega? L’autoritario o il ribellistico?

Penso che in Italia il ribellismo, se così possiamo chiamarlo, al di là di qualche successo elettorale, non sia mai riuscito a diventare un’arma vincente, se non accompagnato da una buona capacità di governo, magari anche un po’ autoritario, ma all’interno della legge. Lo stesso Movimento 5 stelle, che ha vinto per la sua capacità di rappresentare la ribellione verso il potere dei partiti, verso la casta, contro l’establishment ha perso molti consensi quando si è vista la sua debolezza nel governare, mentre Salvini è riuscito ad emergere ancora di più. Zaia in Veneto è molto amato per le sue capacità di far funzionare la sua regione, ad esempio, mentre la Liga Veneta “ribelle” non aveva molti consensi. Se vuole tornare a crescere, nei prossimi mesi, Salvini e la Lega dovranno proporre politiche e visioni della società futura più accettabili dalla maggioranza, e non soltanto slogan per la ribellione contro lo Stato.

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