Partiti e politici
Il tramonto dei partiti del web
Qualche anno fa, più o meno agli albori dello scorso decennio, pareva una corrente sotterranea che in poco tempo avrebbe spazzato via, o quanto meno fatto precipitare in una crisi profonda, il tradizionale modo di far politica e, di conseguenza, i partiti tradizionali: il movimento o, se volete, il partito del web, la Politica 2.0.
I primi vagiti si ebbero in Germania, con il Piratenpartei, nato e cresciuto unicamente in Rete, ipotizzando un Parlamento elettronico e l’utilizzo costante del web per le proposte di legge e l’attività legislativa vera e propria. Non ebbe una grande fortuna elettorale, non riuscendo mai ad entrare nel Bundestag ma solamente nel parlamento di qualche Stato.
Fu però di grande importanza per l’esempio che dette in numerosi paesi europei, in particolare in Italia ed in Spagna. Il Movimento 5 stelle nel nostro panorama politico, ovvio sottolinearlo, provocò una scossa epocale nelle vecchie consuetudini partitiche, con un enorme successo tale da farlo diventare la prima forza politica. Più o meno lo stesso capitò in Spagna, dove Podemos prima e Ciudadanos poi diventarono ben presto importanti referenti per una fetta sempre crescente di elettorato, tanto da minare le certezze di socialisti e conservatori.
La rivoluzione pareva essere imminente. Non si poteva più pensare alla politica senza cavalcare l’idea che l’online potesse essere più funzionale dell’off-line nel produrre consenso, e nell’organizzare proposte senza la mediazione delle classiche figure che tradizionalmente assumevano questo ruolo, dai sindacati al mondo dell’informazione, dagli uomini politici ai mediatori socio-economici.
Uno-vale-uno, divenne lo slogan più gettonato dagli attivisti dei web-parties. Fino a che accadde qualcosa. Alcuni dei principali partiti nati in Rete, alcuni degli esponenti di quei movimenti conquistarono il potere, sia a livello locale che a livello nazionale.
E da quel momento si fece sempre più evidente la natura di queste nuove organizzazioni politiche: non erano fatte per governare. La loro struttura, i loro principi fondativi non permettevano di utilizzare efficacemente le leve di comando. L’assenza di una visione complessiva della società, l’assenza di forme ideologiche strutturate, la mancanza di una Weltanschauung di riferimento provocava un’attività legislativa e/o esecutiva episodica, a volte balbettante, senza un preciso obiettivo di riforma sociale o economica.
Oggi abbiamo capito chiaramente che movimenti o partiti di questo genere, peraltro in costante regresso di consensi, possono esistere solamente stando all’opposizione, come costante pungolo alla politiche dei partiti tradizionali, e in un quello specifico ruolo possono generare affiliazioni e ottenere voti significativi.
Come è accaduto in Italia da quando il M5s è andato al governo (prima con la destra e poi con la sinistra), come è accaduto in Spagna con Ciudadanos e Podemos (che invece si sono alleati i primi con la destra e i secondi con la sinistra), il loro ruolo “governativo” ha generato molte perplessità, tanto che i loro precedenti elettori preferiscono sempre più tornare a scegliere quei partiti con cui i movimenti nati sul web si alleavano. Come dire: meglio l’originale che una copia un po’ sfumata e a volte incomprensibile nei suoi programmi di fondo.
Giuseppe Conte se ne è accorto nel cercare la fondazione di un Nuovo Partito 5 stelle: che si avvicini il tramonto definitivo dei web-parties?
Università Statale di Milano
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