Partiti e politici

Il Labour vince, ma non è certo un trionfo!

7 Luglio 2024

Ci risiamo. In attesa dei risultati francesi, i commentatori, i giornalisti, gli analisti elettorali paiono preda di infatuazioni massimaliste, quasi apodittiche. Non è passato che qualche giorno dall’enfatizzazione della massiccia avanzata delle destre nei risultati europei (e francesi) che, all’indomani delle elezioni britanniche, si glorifica la straordinaria performance del Labour di Starmer.
Entrambe le percezioni sono tutto sommato fuorvianti, o quanto meno parziali. Guardando i risultati europei con una sorta di panoramica dall’alto, si può forse affermare come siano state effettivamente le forze politiche della destra dello schieramento ad essere premiate da chi si è recato alle urne in Europa (peraltro, poco più del 50% del corpo elettorale). Ma se osserviamo gli stessi risultati con uno sguardo più attento, notiamo pure qualcos’altro: innanzitutto che anche laddove l’onda “nera” è maggiormente prevalente (e fa certo più notizia…) i socialisti hanno ottenuto una significativa crescita dei consensi: con l’eccezione della Germania (dove peraltro il calo dell’SPD è compensato in parte dalla crescita del nuovo partito di sinistra del BSW), in Francia, in Italia e in parte in Spagna le forze di sinistra o centro-sinistra crescono in maniera significativa rispetto alle più recenti consultazioni.

Inoltre, considerando le vicende legate ai paesi meno popolosi, ma che rappresentano comunque almeno il 65% del Parlamento Europeo, le elezioni europee ci raccontano una storia piuttosto diversificata. Nei due paesi scandinavi ad esempio (Finlandia e Svezia) attualmente governati da coalizioni di destra, i partiti di estrema destra (Veri Finlandesi e Democratici svedesi) ottengono livelli di consenso piuttosto bassi, mentre le forze progressiste vivono una tendenza diametralmente opposta. E qualcosa di simile si registra anche in Danimarca, dove la neo-eletta premier socialdemocratica Mette Frederiksen si vede scavalcata a sinistra dall’Alleanza di sinistra, con un’offerta politica ancora più radicale.
E nella stessa Francia, pur nella significativa crescita della destra di Marie Le Pen, le forze politiche contrarie rappresentano pur sempre oltre il 60-65% della popolazione elettorale. Una situazione simile, ma contraria, è accaduta proprio in questi giorni nella vicina Gran Bretagna.
All’indomani delle elezioni politiche, il Regno Unito veniva descritto come un paese in netta controtendenza rispetto allo spostamento a destra delle altre democrazie occidentali. Il Labour aveva infatti ottenuto una vittoria schiacciante, conquistando 412 dei 650 seggi della Camera dei Comuni, con una maggioranza complessiva di 176 seggi, una maggioranza laburista superata solo da quella di Tony Blair (179 seggi) nel 1997. Tuttavia, anche in questo caso le apparenze possono ingannare e, per molti aspetti, il risultato principale ha mascherato in realtà anche un importante spostamento a destra della politica britannica.

Anche in questo caso, infatti, una lettura meno “superficiale” ci permette di operare alcuni importanti distinguo. In primo luogo, grazie al calo dell’affluenza (passata dal 67% al minimo storico del 60%), in termini assoluti il Labour ha ottenuto meno voti rispetto alla precedente competizione. In secondo luogo, la quota di voto dei laburisti non è praticamente cambiata dal 2019, quando la sua quota di consensi e di seggi (poco più del 31%) era stata una delle più basse di sempre.
Dunque, i laburisti devono la loro massiccia crescita di seggi non ad un incremento della propria popolarità, ma a un calo dei consensi per i conservatori, che, a causa della presenza e della netta crescita del partito populista di Farage, (“Reform UK”, che in precedenza si chiamava “Brexit Party”), nel contesto del sistema elettorale uninominale, hanno perduto una valanga di collegi e quindi di seggi.
Sommando infatti i voti ricevuti dai conservatori a quelli di Farage, arriviamo ad una percentuale superiore al 38%, contro il 33% dei laburisti. Certo, non tutti gli elettori di Reform UK avrebbero votato conservatore, o viceversa, ma certamente la destra britannica pare virare verso una situazione simile al resto dei paesi europei, mentre la sinistra vince solamente grazie alle divisioni interne alla parte avversa, oltre che alla pessima performance dei Tories degli ultimi governi.
Un trionfo annunciato, certo, ma non suffragato da un vero e proprio spostamento dell’elettorato britannico verso le politiche proposte da Starmer.

Università degli Studi di Milano

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