Al tempo diciassettenne, mi infilai tutto solo nel cine dove si proiettava «Il ragazzo e la quarantenne» (1971), le cui due parti in commedia ricalcavano perfettamente i nostri sogni erotici dell’epoca: noi pischelli alla caccia della maturità, con annessi e connessi su cui sorvolerei perché tanto sapete già tutto. Aggiungo solo che il film era dolce e persino rassicurante nel suo sguardo borghese perché alla fine lei rientrava giudiziosamente a casa dal marito. Due sole cose sull’epoca: la prima è che per tratteggiare una quarantenne nel ’71, la critica la definiva “ancora bella” e oggi non si sa se ridere o piangere, la seconda – del tutto personale – è che il mito della quarantenne per me è rimasto intatto, granitico, militarmente fermo. Altra storia e altro spessore, sempre nel ’71, fu l’imperdibile e drammatico «Harold e Maude» di Al Ashby, dove un 18enne s’innamorava di Maude ormai prossima agli ottanta. Ne nacque una storia a cui Maude pose fine con la fine volontaria della sua esistenza, giudicandola ormai al capolinea. Il 1971, quarantasei anni fa: erano già abbastanza avanti, non vi pare?
Questo per dire che tutta la produzione “intellettuale” di queste ore sui social e sui giornali sul rapporto tra Macron e la moglie, tra cui passano anni 24, mi è sembrato un mondo completamente nuovo, non mi interessa qui se peggio o meglio del mio, ma nuovo e per questo meritevole di un’immersione. Cominciamo subito dai luoghi comuni, chè vanno espressi. Primo: se la «differenza» cambia a seconda dell’età. Se hai venti e arpioni la quarantenne sei ancora molto fico e ben visto, dai trenta cominciano i problemucci con la società che ti circonda, le diffidenze, gli sguardi, le malizie sussurrate. Secondo, a cui Marc Lazar ha opportunamente messo un punto: a parti invertite, cioè lei 39enne o magari anche meno e lui 63, la questione rientra perfettamente nei parametri clerical-sentimentali ammessi da questa giungla spennacchiata.
Qualche mese fa, nel tentativo di buttare lì un modestissimo ma responsabile confronto sessuale con mio figlio che si avvia ai 19 – i confronti sessuali sono forse il cimento più sottilmente perfido e difficile, l’ultimo, sull’uso del preservativo, si era risolto con una sua semplice ma inesorabile domanda: “La prossima volta, papo, non puoi essere un po’ più diretto?” – ecco, dicevo, sull’onda del precedente, questa volta cercai di non girarci troppo intorno e puntai al bersaglio grosso. Partendo da epoche diverse: «Dunque Giò, io alla tua età ma anche prima avevo solo i giornalini. Solo carta. Niente altro per alimentare, diciamo così, un autodesiderio. E sui giornalini mica si vedeva tutto, figuriamoci. Abili ma inutili contorsioni, non restituivano niente di più di quelle immagini fotografiche per cui non restava che costruire l’ultimo miglio con il vero, magico, propellente: la fantasia. Oggi, batti un tasto e puoi vedere tutto. Puoi vedere anche cose terribili, che nulla hanno a che vedere con il tuo piacere. Per cui questo è un primo problema. Ma restando al desiderio: anche se puoi avere tutto, o meglio credere di avere tutto con internet, mantieni un posto fondamentale, e in percentuale considerevole direi, per la cosa principale: la fantasia. Sarà la forza del pensiero a regalarti le cose migliori, molto più delle immagini». Mi trattenni, per pudore, dal confessargli che per lunghi anni avevo fatto la posta al palazzo di fronte, perdendo gli occhi, nell’illusione di intercettare, tra una fessura e l’altra di una persiana scesa, la figura di una donna che si spogliava. Ancora oggi non ne ho la minima certezza e poi che importa.
Cosa ci spinge a mettere dei paletti sulla storia dei signori Macron? In questo caso, e in molti altri, il mondo si divide tra bavosi e perversi. Al bavoso, nulla di una storia che non risponde alla classicità, tornerà come normale. Cresciuto e alimentato dal senso di colpa cattolico, egli riproduce un mondo che non risponde mai alla realtà delle cose, che chiude gli occhi sulla privatezza delle situazioni, sulle sue debolezze, sui possibili luoghi oscuri mai rivelati forse neppure a se stessi. Si sfoglia il manualino delle giovani marmotte e si giudica sui parametri della buona borghesia, dove un tempo tutto ciò che non era in linea diventava immediatamente scandalo. La differenza di età ha sempre rappresentato una strettoia pericolosa, certo, ma solo in un senso, quando la donna aveva qualche anno in più. Ne bastavano un paio e nonna avrebbe già storto il naso. Era preistoria, registriamo che il tempo è passato invano. Il bavoso di questo tempo magari può introdurre elementi diversi, come ad esempio la “copertura”, l’idea che Macron abbia protetto la sua omosessualità attraverso un rapporto “strano”, come Augias ha definito il matrimonio del candidato presidente in diretta a Otto e mezzo.
Per noi perversi, invece, questa storia è bellissima e ci piacerebbe anche solo se fosse semplicemente sentimentale o per i suoi tratti epico-sentimentali (lui sedicenne, lei la sua prof, lui che viene portato via dai suoi ma che le dice: “Io ti verrò a riprendere”) che la narrazione ha imposto ai media. E poi c’è il lieto fine e il lieto fine che pur è molto borghese non può piacere ai bavosi social di questa nostra Italia perché spegne ogni malizia, riconduce a una impossibile logica amorosa, ti toglie la manaccia dal cassonetto dove stavi ravanando in cerca della tua merda.
Noi perversi, invece, vogliamo tenerla costantemente accesa questa storia. Pensarli, pensare a Emmanuel e Brigitte, che è veramente super, ci terrà desti, di giorno guarderemo a lui e alle sue mosse di presidente, ma di notte, se permettete, li penseremo in un tutt’altra maniera. Con un po’ di fantasia, sarà bellissimo.
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certo che Lei -quando rinuncia alla metafisica del gioco del pallone- resta un commentatore di quelli che sicontano sulle dita della mano, pace ‘La Menzogna Illustrata” e “Noi la civilta”‘