Partiti e politici

Geremicca, Renzi e l’identità debole del PD

31 Luglio 2015

Commentando il voto del Senato sugli arresti domiciliari di Antonio Azzollini, scrive Federico Geremicca su La stampa:

Qualunque siano le ragioni della correzione di rotta – salvare la maggioranza di governo o sottovalutazione del clima che attraversa il Paese – essa si è rivelata sbagliata e poco comprensibile, per un partito che – in altre occasioni – ha chiesto e ottenuto dimissioni di ministri addirittura nemmeno indagati. Il vicesegretario Serracchiani ha commentato l’accaduto parlando di «occasione persa». Il punto è che occasione dietro occasione (dal caso-Crocetta alla vicenda di Mafia Capitale) quel che rischia di andar perduta è l’identità del Pd.

È vero: il PD si trova in piena crisi di identità. Ma di questa crisi il caso Azzollini è solo uno dei tanti sintomi, e certo non la causa.

Il PD di Renzi si trova infatti in mezzo al guado: tra i pilastri dell’identità della sinistra degli ultimi decenni e una nuova identità che ancora stenta a formarsi. 

Non è possibile liquidare i pilastri della sinistra degli ultimi decenni – antiberlusconismo, giustizialismo, affinità con i sindacati considerati unici rappresentanti del mondo del lavoro – senza proporre un’alternativa organica e coerente: questo, finora, mi pare il più grande limite del Renzi segretario di partito.

Le questioni che, tra gli altri, Claudio Cerasa ha posto nel 2014 sono ancora tutte lì e ancora attendono una risposta: non un post di Civati, non qualche commento più o meno piccato o entusiasta sui social network. Una reazione del Partito intero, a partire da Circoli e Federazioni.

Per capire chi è, il PD deve essere messo in grado di prendere decisioni su se stesso. Deve decidere se vuole essere un partito giustizialista, quale ruolo immagini per i sindacati, come uscire dall’empasse su temi storicamente berlusconiani ma forse non necessariamente “di destra”. Deve rispondere ancora, e una volta per tutte, alla questione mai risolta della vocazione maggioritaria: se una formula retorica come “Partito della Nazione” ha sollevato un dibattito durato mesi, forse qualche problema sul concetto di “partito di governo” tra i militanti c’è – e questo vale per tutti i temi che ho elencato.

All’ultima Assemblea Nazionale Renzi ha ripetuto, ancora una volta, che la prima urgenza è occuparsi dell’Italia, non del Partito. Ma un paese, per essere sano, ha bisogno anche di partiti sani: e il PD, al momento, non lo è. Non avendo ancora scelto chi essere, assomiglia ad un adolescente brufoloso: abbandonate alcune confortanti certezze, in mezzo a indecisioni e cambi di rotta, si trova nella difficile situazione di dover scegliere il proprio percorso e perseguirlo, con un nuovo senso di responsabilità verso se stesso. Ma i suoi anticorpi sono ancora deboli: il rischio più grande è quello lasciare troppo spazio a piccoli giochi di potere, a manipolazioni, a influenze esterne.

In questo stato, purtroppo, non andrà molto in là: serve un deciso salto in avanti.

Alla Segreteria intera va richiesto uno sforzo straordinario. Tocca a loro, in prima persona, parlare con i Circoli e con i militanti, girando le realtà locali e le Federazioni ad una ad una. Tocca a loro spiegare qual è il piano che hanno in mente e raccontare, fuori dalle solite retoriche trite e ritrite, che almeno loro – si spera – hanno le idee chiare.

E tocca loro anche ascoltare: le paure dei militanti e lo spaesamento davanti ad un cambiamento avvenuto in fretta e in modo non sempre organico vanno presi sul serio. Anzi, vanno accettati come sfida: devono essere il banco di prova per dimostrare che il PD potrà diventare grande.

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