Partiti e politici

Flop, faide, voti della camorra. E il Movimento 5 Stelle si scoprì partito…

7 Gennaio 2016

Fine della favola, almeno per i tanti ingenui che si erano lasciati affascinare dal mito dell’uomo qualunque al potere. Inutile girarci intorno, a sette anni dalla sua fondazione, il Movimento 5 Stelle si è rivelato ciò che non avrebbe mai potuto evitare di essere: un partito politico.

Un partito politico con pochi pregi e pressoché tutti i difetti degli altri. I pochi pregi derivano dalla totale assenza di un’idea politica di riferimento, perché se mettiamo da parte tutti gli spot populisti – dai soldi “restituiti” alla trasparenza, fino all’ormai logora retorica dell’uno vale uno – nel partito creato dal comicoleader genovese e da Gianroberto Casaleggio vige il libero sfogo della fantasia, dai surreali dibattiti sulle scie chimiche a quelli sugli androidi.

Il personale politico è scadente, figlio da una parte di un’assenza di selezione e dall’altra di baronati interni che si stanno formando soprattutto intorno a figure locali spesso discutibili, ma anche a leader nazionali come Di Maio e Di Battista. Un fenomeno taciuto ma del tutto identico al correntismo dei “vecchi” partiti tanto odiati dai “cittadini” pentastellati. Da ciò derivano i numerosi flop nei comuni governati dai grillini, da Livorno a Civitavecchia, Da Pomezia a Gela. Esperienze amministrative caratterizzate da una miriade di errori commessi per palese impreparazione degli eletti, ma anche da tante polemiche suscitate – diciamolo – da un livello umano talvolta discutibile dei personaggi promossi dal movimento. Altra casistica diffusa è quella dei sindaci che sono stati messi alla porta insieme ad altri esponenti del movimento dai “MeetUp” locali, come nel caso di Ragusa, dove la giunta aveva ceduto alla realpolitik votando “sì” alle concessioni per le trivellazioni dell’Eni. C’è poi il casus belli di Parma, dove Pizzarotti oltre a tradire svariate promesse elettorali non perde occasione per polemizzare con il grande capo.

Ma il capitolo “espulsioni” si arricchisce ogni giorno che passa ed è ormai una costante delle cronache grilline. Epurazioni talvolta arbitrarie che denotano una totale assenza di democrazia interna e un potere totalmente accentrato sulla proprietà e gestito da un ristretto direttorio di fedelissimi. Un dato su tutti: di 163 tra deputati e senatori, in 37 hanno lasciato il Movimento.

Arriviamo poi all’attualità, a quei voti della camorra che sarebbero stati riversati su Rosa Capuozzo e diversi candidati del Movimento 5 Stelle a Quarto, nel napoletano. Stesso copione di tante storie di infiltrazioni di mafia e malaffare in politica, dove la novità è la perdita dell’ultima “verginità” dei 5stelle: la collusione con la malavita organizzata. Un po’ presto per un partito così giovane.

La favola grillina avvia così la sua fase calante, o meglio di “normalizzazione”, con buona pace dei sognatori della prima ora e dei rabbiosi leoni da tastiera che inondano quotidianamente la rete con le mirabolanti imprese di Di Battista&Co e con insulti a chi osa criticare le loro impeccabili gesta. Il Movimento è ormai un partito a tutti gli effetti, ha persino un suo zoccolo duro di elettorato che non verrà scalfito almeno fino a quando il centrodestra non troverà il modo di riorganizzarsi e il Pd sarà gestito Leopolda S.p.a.

Ma come tutti i partiti il Movimento 5 Stelle è contendibile, anche da chi utilizza la politica e i politici per scopi poco nobili. E non essendo una congrega di alieni ma di esseri umani, dove ci sono dei corruttori ci saranno sempre dei potenziali corrotti, che poi si facciano chiamare “cittadini” non cambia la sostanza delle cose. Anche i grillini dovranno quindi “fare pulizia” come tutti gli altri, perché sono come tutti gli altri, nel bene e nel male. In altre epoche qualcuno avrebbe potuto obiettare che al partito di Grillo e Casaleggio manca di un’identità politica, ovvero di quel bagaglio di idee e programmi che dovrebbe motivare la scelta dell’elettore prima di ogni altra cosa. Ma in questi tempi in cui viviamo si tratta – purtroppo – di un peccato ormai veniale.

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