Cosa sarà il centrodestra dopo di lui
Una piatto ricco con almeno un 15% di voti che fa davvero gola. Salvini vede in questo modo Forza Italia e studia il modo per mangiarlo. Il partito, secondo gli ultimi sondaggi, è in arretramento, a percentuali da dissoluzione. Il suo leader, Silvio Berlusconi, tratta sulla legge elettorale, si fa fotografare in borsalino e chiede fiducia ai suoi. Ma nei corridoi, anche tra gli stessi parlamentari forzisti, inizia ad agitarsi la convinzione che l’ex presidente del Consiglio stia pensando al rompete-le-righe. In sede ufficiale nessuno lo dice, ma del resto Forza Italia era un partito-azienda e, come un’azienda, sarebbe pronto a chiudere quando ha cessato la sua missione.
Il capitale, intenso come consenso, non si dissiperebbe nel nulla. Così irrompe Matteo Salvini che con la sua Lega (proprio lei, l’antico alleato) è pronto a lanciare l’Opa, in cordata con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. L’operazione richiede la sensibilità di un chirurgo. Un pesce piccolo (Lega+FdI sono nella migliore delle ipotesi al 12%), non mangia quello grande in un solo boccone. Resta, comunque, una constatazione che galleggia sulla scrivania del leader leghista: un’alleanza di centrodestra vale circa il 30%, nonostante il momento favorevole di Renzi.
Cosa sarà Forza Italia dopo Berlusconi? I reduci di Forza Italia erediteranno giusto il nome, che suona come un contenitore vuoto senza Berlusconi. Il dissidente numero uno, Raffaele Fitto, ha annusato l’aria da tempo: così sta cercando di costruirsi un profilo da leader, con tutte le difficoltà del caso. Ma almeno Fitto sa di avere un vantaggio: la concorrenza interna latita; con Berlusconi debole è impossibile pensare a un’incoronazione dinastica, come è avvenuto con Alfano segretario del Pdl. «Serve una grande ambizione: un’ambizione letteralmente ri-fondativa e ri-costituente per l’intero centrodestra. Non è in gioco la Forza Italia del presente, ma il centrodestra del futuro», ha recentemente sentenziato l’eurodeputato azzurro. Un’esplicita presa di posizione sul fatto che bisogna pensare al futuro, anche sotto altre insegne di partito.
Salvini di indipendenza, Meloni di patriottismo. Matteo Salvini è l’ariete, l’uomo chiamato a conquistare i voti in maniera rumorosa. Anche con gesti eclatanti come quelli di Bologna. La strategia è stata ben delineata. Il sogno è quello di guidare un centrodestra unito, perciò il numero uno del Carroccio ha lanciato l’ambizioso progetto della Lega del Sud; che però rischia di rivelarsi perdente. In questo scenario il dialogo con Giorgia Meloni è diventato una condizione necessaria. Del resto i due, pur marcando le reciproche differenze, hanno lasciato tracciato il perimetro per un incontro sul modello Le Pen in Francia. «Dico a Salvini che si può fare una destra non secessionista che si occupi, e su questo siamo d’accordo con lui, di tasse e immigrazione», ha affermato Meloni in un’intervista a La Stampa. Più di una semplice apertura. La Lega Nord potrà fare incetta di voti al settentrione, e Fratelli d’Italia sarà il garante per l’elettorato conservatore in tutto il Paese.
Ritorno al passato. Lo schema è stato già attuato ai tempi dei trionfi berlusconiani, solo che questa volta non ci sarebbe il Cavaliere a garantire vittorie. Ma nella tattica manca un pezzo. Ecco che entra in gioco Raffaele Fitto. L’europarlamentare pugliese è la figura ideale per completare la cerniera di centrodestra, con la sponda a sud. Del resto la sua roccaforte di consenso è la Puglia. Quale leader migliore per una “Lega Sud”, anche se chiamata in un altro modo?
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