Il cimitero romano degli alberi
Le piante svolgono un importante compito nel nostro ecosistema. Un albero riesce ad assorbire ogni anno fino 150 kg di CO2, migliorando quindi la qualità dell’aria nelle nostre città ormai caratterizzate da alti livelli di inquinamento. Ci vengono in aiuto per filtrare il particolato nell’atmosfera e altra funzione considerevole è l’abbassamento delle temperature durante la stagione estiva, soprattutto quando dalle nostre parti di mondo, l’afa e il caldo torrido attanagliano gli agglomerati urbani. Le loro fronde creano ombre, di gran lunga più gradevoli di sostare a pieno sole sopra l’asfalto bollente. Quando la temperatura esterna è di 34° quella dell’asfalto tocca gli 85°, e a temperature ed esposizione solari maggiori le emissioni aumentano esponenzialmente, con significativo aumento della mortalità. Le piante inoltre attenuano l’impatto dei violenti nubifragi che stanno creando molti problemi alle nostre città.
In definitiva il paesaggio urbano sta perdendo la sua peculiarità territoriale. I pini marittimi, che un tempo descrivevano la campagna romana, oggigiorno sono diventati i nemici pubblici, per via delle loro radici superficiali che deformano il manto stradale, sebbene anche qui siano state inventate e talvolta applicate soluzione innovative. L’abbattimento degli alberi è un lungo percorso che viene da anni di mancata manutenzione e cura degli stessi, portandoli alla fragilità e al dissesto viario. In diversi paesi corrono ai ripari trattando i tronchi con calce idrata, quindi altre iniziative sono perseguibili.
È anche frequente incontrare a Roma piante capitozzate, con l’intento di risparmiare su interventi che andrebbero realizzati annualmente. In precario equilibrio tra rovine di pregio e il rozzo contemporaneo, il panorama delle periferie somiglia sempre più a un cimitero di elefanti.
Aldilà delle molte ragioni per non costruire città grigie e desertiche e rendere un territorio completamente antropizzato, il nostro comportamento su questo pianeta è quello di un banale profittatore miope. Siamo alla stregua di una specie parassitica che tendenzialmente vorrebbe sfruttare le risorse naturali illimitatamente, e l’impatto del nostro antropocentrismo è distruttivo e portato all’estinzione della specie stessa. Nel frattempo possiamo solo immaginare quel che rimane della via della Stazione di Ostia Antica, un tempo popolata da una caratteristica strada alberata composta da pini secolari. O ricordare quella strage di pini a via di San Gregorio, crocevia tra il Circo Massimo e il Colosseo e le adiacenti aree archeologiche. Chiedendoci se la bellezza ne fosse valsa la pena. La banalità del male.
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