Ciò che la Signora Pinotti forse non sa
Signora Pinotti. Io non la conosco, e sinceramente non ho mai letto, prima di oggi, una sua affermazione che colpisse la mia immaginazione, e magari […]
La Libia è di fatto rappresentata da due governi, attraversata da linee di divisione che coincidono con i pozzi petroliferi e i terminal dedicati all’industria degli idrocarburi. Nel caos generalizzato e appesantito da alleanze e rivalità trasversali e variabili, un piccolo glossario sugli attori in scena può essere utile a capire meglio quanto sta avvenendo e può servire nella lettura delle informazioni che circolano sulla Libia.
Ansar al-Sharia. È il gruppo considerato vicino ad al-Qaida, ha partecipato alla battaglia finale contro Muammar Gheddafi, è presente a Sirte e Bengasi ed era presente anche a Derna dove però dallo scorso ottobre sventolano le bandiere dello Stato Islamico. Sta perdendo spazi e uomini a favore di quest’ultimo. Ha elementi di contiguità con Fajr Libia, partecipò all’attacco contro il consolato statunitense che nel settembre 2012 vide la morte dell’ambasciatore di Washington in Libia, Christopher Stevens. Considerata organizzazione terroristica dalle Nazioni Unite, il suo leader è Mohamed al-Zahawi.
Bengasi. Nella ‘capitale’ della Cirenaica, la situazione forse è ancora più confusa che nel resto del paese. Diversi gruppi sono presenti e tra questi anche quell’ala separatista che per qualche tempo aveva vagheggiato l’indipendenza da Tripoli. Tra questi occorre citare almeno Ibrahim Jadhran (v.).
Comunità internazionale. L’Onu è presente in Libia con la Unsmil, la United Nations Support Mission in Libya. A guidarla è il diplomatico spagnolo Bernardino León. Sul fronte delle posizioni dei singoli Stati, la Francia insieme all’Egitto stanno premendo per un intervento militare diretto contro le milizie islamiste (ma indirettamente anche contro Fajr Libya). A favore di Fajr Libya sono invece alcuni paesi del Golfo come risulta chiaro anche solo osservando le posizioni di alcuni grandi gruppi editoriali che fanno riferimento a quei paesi. Altri paesi ancora, come l’Italia che ha grandi interessi in Libia, stanno spingendo perché qualunque azione sia presa nell’ambito di un contesto internazionale come quello delle Nazioni Unite.
Fajr Libia. È lo schieramento che sostiene il governo di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale, ma legittimato da una sentenza della Corte Suprema libica risalente allo scorso novembre. Se sul piano politico Fajr Libia (Alba della Libia) sostiene il governo del primo ministro Omar al-Hassi e fa riferimento al vecchio Congresso generale nazionale (l’istituzione creata dopo la prima fase di transizione), su quello militare poggia sulle milizie di Misurata che controllano gran parte della Tripolitania direttamente o tramite alleati. Quest’ultimo è il caso per esempio dell’impianto di Mellita, da dove parte il gasdotto per la Sicilia: la sicurezza dell’impianto è garantita dagli alleati locali di Fajr Libia contrapposti alle milizie di Zintan, le stesse che fino alla scorsa estate controllavano l’aeroporto di Tripoli. Assicura, tra l’altro, la sicurezza degli impianti Eni.
Governo di Tobruk. Il governo di Tobruk è quello che era stato riconosciuto dall’Onu dopo le elezioni del giugno 2014 ed è quindi emanazione del Consiglio dei deputati. Una sentenza della Corte suprema lo scorso novembre ha però dichiarato illegittimi i risultati di quelle elezioni e avallato al contrario la legittimità dell’altro governo nel frattempo insediatosi a Tripoli con il sostegno dello schieramento Fajr Libia. Il capo del governo di Tobruk è Abdullah al-Thinni, già primo ministro dal marzo 2014 quando aveva preso il posto di Ali Zeidan. Sul piano militare può contare soprattutto sulle truppe del generale Khalifa Haftar e sulle milizie di Zintan.
Governo di Tripoli. È Omar al-Hassi il primo ministro del governo insediatosi a Tripoli al posto di quello riconosciuto dall’Onu. Un’operazione possibile grazie alla superiorità militare dimostrata dallo schieramento Fajr Libia che sostiene questo governo e il Congresso generale nazionale ovvero il Parlamento che aveva garantito una parte della transizione post Gheddafi. Legittimato da una sentenza della Corte Suprema e forte di alleanze con paesi del Golfo, il governo di Tripoli ha il controllo della Tripolitania.
Karama. Sotto questo nome – che in arabo significa ‘Dignità’ – si ritrovano i gruppi e le fazioni che sostengono il governo ‘esiliato’ a Tobruk e uscito dalle elezioni dello scorso giugno poi invalidate dalla Corte Suprema. La Libia, secondo una parte della comunità internazionale, dovrebbe essere retta dal Consiglio dei deputati frutto di quelle elezioni. Il governo di Tobruk è guidato dal primo ministro Abdullah al-Thinni e annovera tra i suoi sostenitori il generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo è un ex generale di Muammar Gheddafi che dopo essere caduto in disgrazia presso il colonnello ha vissuto per diversi anni negli Stati Uniti prima di tornare in patria nel 2011. Sul piano militare Haftar può contare sul sostegno di Stati Uniti ed Egitto, i suoi uomini hanno combattuto contro Fajr Libia e contro le formazioni islamiste. I soldati di Haftar e le milizie di Zintan, città situata a ovest del paese, rappresentano il nocciolo duro e meglio organizzato della forza militare di Karama.
Jadhran, Ibrahim. Originario di Ajdabiya, è fra i leader ex separatisti di Bengasi. Sotto il controllo di Jadhran vi sono sono alcuni importanti porti della Cirenaica. Jadhran aveva tentato di scavalcare il governo centrale nell’esportazione di petrolio.
Is – Stato Islamico. L’onda d’urto che è stato capace di esprimere in Siria e in Iraq è servita allo Stato Islamico del califfo Abu Bakr al-Baghdadi per farsi spazio anche in Libia. La roccaforte è Derna, da tempo sotto controllo jihadista e da ottobre passata direttamente allo Stato Islamico. A capo di questo avamposto in terra africana, a due passi dall’Egitto, al-Baghdadi avrebbe piazzato Abu Nabil al-Anbari, un iracheno originario della provincia di al-Anbar. L’uccisione di 21 persone (quasi tutti egiziani), perché cristiani, ha riportato in auge la questione libica e aperto la porta a un possibile intervento militare della comunità internazionale. Lo Stato Islamico, forte del suo appeal mediatico, è riuscito a infiltrarsi anche in altre zone del paese, in particolare a Sirte. A Derna è presente una Shura (un Consiglio) dei Mujahidin.
Milizie. Quante sono le milizie in Libia fuoriuscite dalla lotta contro Gheddafi e trasformatesi in gruppi di potere più o meno grandi, ben armati, alleati o rivali tra di loro? All’interno o meno dei due schieramenti principali e al di là delle formazioni jihadiste, le milizie sono l’elemento di instabilità che ha di fatto minato fin dagli inizi gli sforzi per far avviare il paese lungo un alveo di transizione politica sostenibile. Fanno riferimento ad alleanze trasversali – e per questo motivo è strumentale fare differenze tra gruppi laici e gruppi fondamentalisti – difendono precisi interessi economici, sono collegate a specifiche realtà geografiche.
Petrolio. È questa la posta in palio. Un paese di pochi milioni di abitanti con un’unica grande ricchezza: i giacimenti di petrolio più ricchi d’Africa. Su questa partita i due schieramenti principali si stanno sfidando al ritmo di sporadiche incursioni lungo una linea di fronte che passa proprio attraverso campi e terminal petroliferi. Seguire le linee dei vari fronti che vedono contrapposti i due governi è difficile. Ma scaramucce sono state registrate attorno a Mellita, da dove parte il gasdotto che collega la Libia alla Sicilia: qui si sono scontrati le milizie di Zintan, alleate del generale Haftar, e gli uomini di Fajr Libia, che garantiscono la sicurezza degli impianti usati dall’Eni. Più a sud, i tuareg alleati a Misurata si sono scontrati con i Tubu (o Tebu), considerati vicini a Zintan e quindi al governo di Tobruk. E lo stesso schema di contrapposizione si può ritrovare in tante altre zone del paese. I gruppi islamisti stanno contemporaneamente cercando di farsi spazio negli spazi lasciati sguarniti. Sulla carta il petrolio libico è gestito dalla National Oil Company (Noc).
Zintan. Le milizie di Zintan, città situata sul massiccio di Nefusa (Jebel Nefusa) nell’ovest, sono tra le meglio organizzate della Libia. Una forza legata alla resistenza che riuscirono ad opporre alle truppe di Muammar Gheddafi nel corso del 2011 e che ha poi consentito loro di controllare fino alla scorsa estate l’aeroporto di Tripoli, infrastruttura strategica oltre che generatrice di rimesse. Sono state loro ad aver catturato Said al-Islam, il secondo figlio di Gheddafi. Sono alleate del generale Khalifa Haftar ma separate dall’esercito e vengono coordinate da un consiglio militare rivoluzionario.
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