«Bella ciao», una canzone per dire si è feriti, ma non vinti

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7 Giugno 2021

L’11 gennaio 2015 l’attore comico Christophe Alévêque  partecipa a una trasmissione in solidarietà a “Charlie Hebdo”. Tutti sono molto composti in quello studio televisivo. Improvvisamente Alévêque attacca a cantare sommessamente e poi sempre più freneticamente mentre il pubblico prima sorpreso si mette a battere il ritmo con le mani. La canzone è Bella ciao. Canzone che ha avuto molte traduzioni, soprattutto nelle lingue oppresse: in catalano, in curdo, e anche in sinto piemontese (una versione che non contiene la parola libertà perché in quella lingua non c’è il concetto, spiega Pestelli in un suo libro dedicato alla storia di questa canzone). In Francia  Bella ciao arriva nel 1963 con Yves Montand. Oggi nelle nostre orecchie suona attraverso il ritmo e la voce di Goran Bregovic o di Manu Chau.

Bella ciao, la canzone che nella memoria pubblica rappresenta la Resistenza è cantata in tutto il mondo, ma si è imposta lentamente. A lungo, la canzone che rappresentava la Resistenza è stata Fischia il vento, canzone che non ha retto con la lenta crisi del mito dell’Unione Sovietica.

Bella ciao diventa popolare solo a partire dagli anni ’60 quando l’etnomusicologo Roberto Leydi, appassionato di canti popolari, la inserisce in uno spettacolo di canzoni del lavoro che diventa un caso al Festival dei due mondi di Spoleto.

Da quel momento Bella ciao entra nel repertorio dei movimenti collettivi, in Italia, ma non solo. Attraversa il ’68, scandisce le molte manifestazioni degli anni ’70, ha un momento di flessione negli anni ’80, risorge a Milano, il 25 aprile 1994. Diventa il simbolo della contro storia e dà il titolo al docufilm di realizzato da Marco Giusti, Roberto Torelli e Carlo Freccero per conto della RAI sui fatti del G8 ma mai trasmesso.

Bella ciao è una canzone d’amore e di tristezza (il senso della storia che narra non è forse fondato sul lutto?), ma tutti la cantano come una sfida, come un atto liberatorio, tant’è che a lungo è stata interdetta dai palchi ufficiali e anche molti uomini politici democratici la ascoltano con fastidio.

Non è l’unica contraddizione apparente di quel un testo la cui storia è peraltro molto controversa.

Molti dicono di averla sentita nei giorni della Resistenza ma nessuno sa trovare un luogo in cui nasce (In Emilia dicono alcuni, altri vicino a Imperia, altri ancora in Molise). E anche le parole tradiscono una storia lunga le cui tracce portano a Fior di tomba, testo presente alla raccolta dei Canti popolari del Piemonte, realizzata da Costantino Nigra nel 1888.

Non solo. Tracce di Bella ciao, si trovano nelle trincee della prima guerra mondiale, nei canti delle mondine, nel Veneto. Quei versi  hanno molti luoghi e nessun luogo.

Alla fine nella memoria pubblica rimane la funzione di esprimere l’omaggio nel momento del congedo. La comunicazione che si è feriti, ma non vinti; che la partita non è chiusa e che nessuno dimentica.  A Parigi nel gennaio 2015. A Genova, questa volta ai funerali di Don Gallo. È il 25 maggio 2013. A Maraghna, in Algeria, quando Ferrat Mehenni la canta in cabilo  contro il potere politico e contro i fondamentalisti islamici. È il giugno 2004.

La storia continua…..

TAG: Carlo Pestelli, Costantino Nigra, Ferrat Mehenni, Goran Bregovic, Manu Chau, Roberto Leydi, yves montand
CAT: Musica, Storia

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