Musica

La musica bisestile. Giorno 361. Alan Parsons Project

4 Marzo 2019

L’orchestra sinfonica accompagna una rockband che suona un disco lungo una storia, un argomento, un concetto. Nasce il progetto più bombastico della storia del rock

EYE IN THE SKY

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Ad Alan Parson ed Eric Woolfson gli Electric Light Orchestra non bastavano. Loro volevano il bombastico per eccellenza, archi e cembali e oboe e timpani e triangoli, tutto l’ambaradam possibile. Del resto, il mestiere lo conoscevano bene. Alan Parson era il tecnico del suono dei Beatles in “Abbey Road”, quello di tutti i dischi dei Wings, e quello dei Pink Floyd in “Atom Heart Mother”, ed era tanto insistente che, in quel disco, c’è un brano dedicato a lui, “Alan’s psychedelic breakfast”, ed in “Dark side of the Moon”. Di lui Roger Waters disse: “Sempre di cattivo umore, un gran pignolo e saputello, ma alla fine uno dei migliori tecnici con cui io abbia mai lavorato”.

“Eye in the sky”, 1982

È talmente saputello e pignolo che, nel 1993, pubblica “Sound-check”, un disco fatto solo per i tecnici, di modo che possano controllare le frequenze con assoluta precisione, che è un capolavoro di follia indescrivibile. Dopo di allora è tornato a fare il tecnico, spesso per importanti progetti di musica classica, ed ha curato molte costose produzioni di canzoni famose del pop trascritte per orchestra classica. Ha lavorato anche in Italia, naturalmente con Giampiero Reverberi, collaborando ad alcune produzioni di Rondò Veneziano. Eric Woolfson, invece, è un affermato scrittore di musical, uno che ha cominciato con Andrew Lloyd Webber e che ha lavorato per quasi vent’anni con Adrew Oldham, il produttore storico dei Rolling Stones, scrivendo canzoncine per le decine di band pop che sono durate lo spazio di un 45 giri sulla scena londinese.

I due si conoscevano già, ma hanno deciso nel 1974, dopo essersi ubriacati per la frustrazione dei lavori in cui erano impegnati in quel preciso momento, di fare una band insieme secondo criteri del tutto differenti e rigidi dalla concorrenza: ogni album avrebbe dovuto essere un progetto a sé stante, come un musical o un’opera, con la quale si racconta una storia, si descrive un concetto, si produce un genere musicale, sempre sorretto da un’orchestra sinfonica e una band classica di pop. Il successo è stato travolgente, “Eye in the sky” ha venduto oltre 10 milioni di dischi, la band ha potuto permettersi tour dispendiosissimi (portare un’orchestra in giro per il mondo costa milioni) ed una cura maniacale per ogni dettaglio: musica, copertina, abbigliamento, marketing.

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Racconta Carl Douglas, il cantante di “Kung-fu Fighting”: “Erano insopportabili, due persone spregevoli. Mi hanno trattato come una bestia, e poco mi importa il fatto che, alla fine, io abbia venduto così tanti dischi. Dopo aver fatto un’incisione con loro ho pensato che fosse meglio lasciar perdere con la musica commerciale”. Ciò non di meno, i dischi di Alan Parsons Project sono veramente particolari, un genere musicale che non mi piace ma che rispetto, di cui percepisco e comprendo molte finezze, ma che, a mio parere, paga in ritmo e pressione l’estrema cura per gli svolazzi armonici. Il mio brano preferito è “Sirius”, lo strumentale che introduce “Eye in the sky”. In generale, nel disco, si sente fortissima l’influenza di Reverberi e di Luis Bacalov, che in quegli anni, con i New Trolls, aveva realizzato il capolavoro “Concerto Grosso”.

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