Musica
La musica bisestile. Giorno 295. Sixpence None the Richer
Erano il complessino dell’oratorio, suonavano a matrimoni e funerali, scrivevano canzoni per il catechismo. Finché non hanno sfondato nel mondo del pop internazionale
SIXPENCE NONE THE RICHER
Avevo ragionato a lungo sulla musica di fondamentalismo cristiano quando mi è passato per le mani il bellissimo disco di BJ Thomas che include il classico di Burt Bacharach “Raindrops keep falling on my head”. Non ho fatto e non farò una scheda su quel disco, perché mi infastidisce profondamente la figura di BJ Thomas. Per lo stesso motivo non mi va di recensire i dischi registrati da Paolo Tofani, chitarrista degli Area, nella sua militanza nella chiesa arancione, e non preparerò una scheda sul bellissimo “Love devotion and surrender” di Carlos Santana e John McLaughlin, e non troverete una scheda su The Christians.
Non si tratta di non accettare brani e dischi intrisi di religiosità, ma del fastidio di chi, invece di parlare di sé, della propria sensibilità (anche religiosa) va sul palco e prega – per farla breve. Che lo faccia, ma allora non appartiene alla storia della musica. Appartiene ad altro. Così sono anche nati i Sixpence None the Richer, il cui nome strambo viene da una citazione di un autore inglese, e che nei primi due dischi suonavano cover “cristianizzate” di autori che, probabilmente, quando hanno scritto (come nel caso di “Imagine” di John Lennon) brani intrisi di spiritualità. Solo che, quando la band perse il primo contratto e scelsero una nuova etichetta, cambiarono completamente stile e prospettiva. Restano le cover, ma di belle canzoni dimenticate, e poi arrivano i primi brani originali di temi tutt’altro che spirituali.
Ed infatti il grande successo internazionale arriva con “Kiss me”, che va ai primi posti delle classifiche di tutto il mondo (Italia inclusa) nel 1999, cui seguono altre canzoncine bellissime e tenui, ed alcuni tour che mostrano come quei ragazzi abbiano veramente delle qualità. Io li ho visti dal vivo a Lipsia e mi sono piaciuti tantissimo, e sinceramente li ho trovati molto più fantasiosi e duttili di No Doubt, la cover band guidata da Gwen Stefani. Perché la “buona” cover, in sé, non è un delitto, ma un recupero di un gioiello dimenticato, e quindi una cosa buona e giusta. Peccato che questa band texana, nel 2004, sia implosa, perché alcuni dei suoi membri volevano tornare ad una scaletta molto più religiosa, mentre gli altri non sono più disponibili. La band suona ancora in occasioni particolari, ma il suo sound fatto di fisarmonica, chitarra e la voce deliziosa Leigh Bingham Nash sono tramontati e lei, nella sua carriera solista, soffre di un buonismo catartico (“My idea of Heaven”) che non riesce a superare la mia soglia di sopportazione snobistica. Ma “Kiss me” è un grande capolavoro, ed è ancora una buona canzone per innamorarsi.
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