Milano: una città che, per ora, vota sempre allo stesso modo

11 Giugno 2024

“Dove finisce Milano” è un podcast originale di Jacopo Tondelli, prodotto dal Centro Martini nell’Università Bicocca, che ogni settimana vi arriva grazie alla voce di Federico Gilardi. Qui potete ascoltare e leggere la puntata “speciale” di questa settimana.

Nell’ultime puntata, in vista delle elezioni Europee dell’8 e 9 giugno, abbiamo raccontato la storia recente del voto dei milanesi, da quando la città era una roccaforte del centrodestra berlusconiano, a quando – a partire dalla vittoria di Pisapia nel 2011 – è diventata invece una enclave del centrosinistra, in una regione e in un paese che guarda invece a destra. Anche il risultato di queste elezioni europee conferma la peculiarità del voto della nostra città, rispetto alla Lombardia e all’intero paese. Vediamo, nel dettaglio, come hanno votato i milanesi.

In premessa, credo sia importante fare una considerazione sulle elezioni europee, in generale. Sono da sempre un test elettorale “anomalo”, nel contesto del quale spesso emergono sorprese e proporzioni sensibilmente diverse rispetto alle elezioni politiche e amministrative. Pensiamo al 40% del Pd di Renzi nel 2014, o al 34% della Lega di Salvini nel 2019. Risalendo molto indietro nel tempo, nel 1999, ci furono gli exploit dei Democratici di Prodi e Cacciari, o quello della Lista di Emma Bonino. Ancora più indietro, nel 1984, sull’onda della morte di Enrico Berlinguer, fu a un’elezione per il parlamento europeo che il Partito Comunista superò – caso unico nella storia italiana – la Democrazia Cristiana. Sono esempi diversi tra loro, e anche lontani nel tempo, di grandi risultati destinati poi a non essere confermati alle elezioni politiche. Quelli che sembravano punti di partenza per solidi e duraturi dominii, al contrario, si sono spesso rivelati exploit isolati che poi hanno aperto la strada a crolli rovinosi.

Per questo, la tornata elettorale di questo 2024 è molto significativa. Perchè, nel complesso, i risultati nazionali sono invece in sostanziale continuità con quanto successo alle ultime elezioni politiche, quelle del 2022 o, per scendere al livello locale, con le regionali lombarde del 2023. Queste le rende meno sorprendenti, ma forse più significative. Anche se prendiamo a oggetto della nostra indagine i risultati della città di Milano. A proposito di questo, uno dei primi commenti è arrivato nella mattinata di lunedì 10 giugno dal profilo Instagram del sindaco Beppe Sala. Che con un certo orgoglio, e il tono di chi si toglie qualche sassolino dalle scarpe, ha sottolineato che nonostante pochi e rumorosi critici i partiti che lo sostengono in giunta, in città, prendono nel loro complesso il 55%. Che è all’incirca la percentuale che garantì allo stesso Sala di diventare sindaco per la seconda volta, al primo turno, nell’Ottobre del 2021. Quando parla dei partiti che lo sostengono, il sindaco fa giustamente riferimento a tutto il cosiddetto “campo largo” di Centrosinistra, ma anche alle forze guidate da Carlo Calenda e Matteo Renzi, che sono rappresentate in giunta e fanno parte della sua maggioranza. La stessa somma non sarebbe possibile se prendessimo a riferimento i dati relativi alle regionali del febbraio 2023, perchè in quel caso Italia Viva, Azione e gli altri partiti della galassia centrista sostenevano Letizia Moratti, ora tornata in Forza Italia. In quel caso, comunque, il centrosinistra che candidava come presidente Pierfrancesco Majorino, che era stato ampiamente sconfitto a livello regionale dal candidato delle destre Attilio Fontana, risultò di gran lunga primo in città, col 46% delle preferenze, mentre Moratti superò il 13%. È interessante notare che, mentre Fontana totalizzò poco meno del 38% delle preferenze in città, la lista dei partiti del centrodestra alle europee dello scorso fine settimana ha raccolto circa un punto in meno. Possiamo dunque dire, con una certa precisione, che le preferenze elettorali dei milanesi, in questi anni, sono apparantemente immutabili o comunque abbastanza consolidate, indipendentemente dal livello amministrativo e politico per il quale si vota, dal sistema elettorale, e perfino dal tasso di affluenza. In questo caso specifico,

Naturalmente, ogni elezione è una storia a sè, e le ragione che portano le persone a votare sono comunque diverse, e per definizione mutevoli. Alle Europee ci sono le preferenze, e vedere quali nomi hanno scritto i milanesi è interessante e può essere significativo. La più votata del primo partito è stata Cecilia Strada, con circa 35 mila preferenze. Alle sue spalle si è piazzato Pierfrancesco Maran, con circa 22 mila preferenze, assessore al terzo mandato in comune che ha annunciato comunque la fine della sua esperienza amministrativa nonostante la sua elezione a parlamentare europeo sia ormai appesa a un filo. Cinque ani fa, alle ultime europee, il più votato del Pd, anche allora primo partito in città, fu Giuliano Pisapia, ex sindaco con 71 mila voti, anche allora seguito da un assessore democratico di lungo corso, Pierfrancesco Majorino, che sfiorò le 40 mila preferenze. Allora il Pd conteneva ancora sia Renzi sia Calenda, che se ne andarono dopo poco, e a Milano prese il 36%; questa volta ha preso il oltre il 31% senza di loro, che in città hanno preso il 6% ciascuno. Proprio dalle preferenze ottenute dai politici di destra a Milano ci può venire qualche indicazione interessante per il futuro. Cinque anni fa il più votato fu Matteo Salvini, con 57 mila voti. Salvini è milanese, è la sua città, ed era in quel momento all’apice del suo successo politico. Di lì a pochi mesi, arrivò il Papeete e tutto quello che ricordiamo. Silvio Berlusconi prese 24 mila voti, e Meloni circa 10 mila. Questa volta Giorgia, a capo di un partito che allora valeva il 5% e oggi sfiora il 22%, ha preso 48 mila preferenze, risultando la più votata in Città. In una città nella quale non ha alcun radicamento personale, e che non ha mai riconosciuto particolare successo all’area politica della sua provenienza. Potrebbe essere naturalmente un fuoco di paglia, ma anche l’inizio di un cammino che porta la destra della presidente del Consiglio a stabilire una nuova connessione sentimentale e politica con Milano. In questo caso, potrebbe anche cominciare un processo di scongelamento del blocco di centrosinistra che – abbiamo visto – è egemone in città. Lo scopriremo solo votando. Salvo sorprese i prossimi appuntamenti rilevanti saranno nel 2027, con comunali e politiche. Sembra tanto ma – si sa – in politica due anni passano in fretta.

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