Milano
Dove finisce Milano – La roccaforte del centrosinistra alla prova delle Europee
“Dove finisce Milano” è un podcast originale di Jacopo Tondelli, prodotto dal Centro Martini nell’Università Bicocca, che ogni settimana vi arriva grazie alla voce di Federico Gilardi.
Nell’ultima puntata siamo entrati nel campo affascinante, composito e complesso del lavoro a Milano. Stiamo cercando dati e storie che ci spieghino come si lavora a Milano, e per tutta la durata del nostro viaggio milanese il mondo del lavoro e la sua relazione con l’economia e la società milanese costituiranno un filo rosso del nostro racconto. Con l’avvicinarsi del 9 giugno, data delle prossime elezioni europee, mi pare però utile guardare al voto di Milano, alle tendenze elettorali della città degli ultimi anni e decenni, per avere chiavi di lettura precise per il prossimo risultato elettorale. Sembra una pausa dal nostro sguardo economico e sociale sul capoluogo lombardo, e invece è un altro modo di guardare nella stessa sfera: perché i lavoratori sono, ovviamente, anche cittadini – almeno 8 su 10, visto che gli altri due sono stranieri… – e quindi elettori. Qui potete ascoltare o leggere la prima parte di questo inserto pre-elettorale.
Nel nostro viaggio a ritroso partiamo dalle puntate più recenti, dalle elezioni politiche del 2022, quello che hanno portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, e dalle regionali del 2023, che hanno confermato Attilio Fontana alla guida della regione. In entrambi i casi, seguendo una tendenza ormai consolidata, la città di Milano, nel suo complesso, vota in maniera sensibilmente difforme sia rispetto alle tendenze nazionali sia rispetto al voto della regione. Alle elezioni politiche, nel collegio U03 del Senato, quello al quale sono iscritti quasi il 90% degli elettori milanesi, il centrosinistra ottenne oltre il 39% dei voti, distanziando di quasi sei punti il centrodestra. Il cosiddetto terzo polo, allora retto dal fragile sodalizio tra Matteo Renzi e Carlo Calenda prese il 16% dei voti validi, cioè più del doppio della media nazionale, mentre il Movimento 5 Stelle con il 6,8% ben al di sotto della metà del risultato ottenuto su tutto il territorio italiano. In quell’occasione, il partito più votato a Milano risultò il Partito Democratico, con il 26% dei voti, mentre Fratelli d’Italia si fermò al 18,9% Per una curiosa ed emblematica coincidenza, le proporzioni e le cifre risultano esattamente invertite rispetto al dato nazionale, con il partito di Meloni che si attestò appunto al 26% mentre il Pd non sfiorò senza toccarlo il 19%. Tuttavia, allargando il quadro alla regione Lombardia, a quelle stesse elezioni politiche il quadro mutava radicalmente. il Centrodestra guidato da Giorgia Meloni superò addirittura il 50% dei consensi, quasi doppiando un centrosinistra fermo a quota 27%. Per la coalizione vincitrice un risultato migliore di quello nazionale di circa sei punti percentuali; per quella sconfitta un esito migliore di quello nazionale di circa un punto. Il terzo polo superò il 10%, il Movimento 5 stelle si fermò al 7,3%.
Appena cinque mesi dopo, i cittadini lombardi – milanesi inclusi – sono chiamati al voto per rinnovare consiglio e giunta regionale. Il centrodestra guidato da Fontana prende il 54,67% dei voti validamente espressi, superando di più di 20 punti il candidato di Centrosinistra Pierfranceso Majorino, sostenuto anche dal Movimento 5 stelle. Letizia Moratti, sostenuta dal Terzo Polo poco prima di tornare in Forza Italia, sfiora il 10%. L’unica variazione davvero significativa, rispetto al voto delle recenti elezioni politiche, riguarda l’affluenza: per la Regione va a votare il 41% dei lombardi, contro il 70% di cinque mesi prima. L’affluenza a Milano è superiore a quella regionale di pochi punti decimali: una differenza dunque del tutto irrilevante. Nel complesso, sono circa 2 milioni in più, rispetto alle elezioni politiche, i lombardi che quel giorno decidono di stare a casa. In città Majorino raccoglie quasi il 47% delle preferenze, sopravanzando di oltre 9 punti percentuali Fontana. Il margine cittadino a favore del centrosinistra si allarga, dunque, rispetto alle politiche, ma questo è frutto sicuramente dell’apporto – seppur moderato – del voto dei 5 stelle, oltre che di un calo del terzo polo. Quel che è interessante notare, sempre con riferimento al voto regionale del 2023, è che non c’è bisogno di allargare all’intera regione il quadro per vedere il centrodestra davanti: basta guardare alla città metropolitana nel suo complesso cioè alla “vecchia” Provincia di Milano, per trovare il centrodestra davanti, col 44,86% dei voti, e il centrosinistra fermo al 42%. Senza il 5% del Movimento 5 Stelle, il divario nel territorio milanese sarebbe stato dunque di oltre 7 punti percentuali. Con qualche differenza, una situazione molto simile a quella delle precedenti elezioni politiche.
Dunque, al di là dei sondaggi che sono circolati nelle scorse settimane e dei temi politici nazionali ed europei che sono in campo, le ultime fotografie del voto di Milano e dei milanesi sono queste. Sono dati che ci dicono di una radicale diversità di tendenze politiche tra la città e il resto del paese e della regione. Una città – abbiamo iniziato a vederlo nelle scorse puntate di questo viaggio – che vive una realtà autonoma e anomala da molti punti di vista, e secondo molti indicatori socio-economici. Questa diversità non può non riverberarsi nel momento di massima espressione dell’identità collettiva di un popolo, e cioè il voto democratico. Vedremo cosa succederà il prossimo 9 giugno, per le elezioni europee nella città “più europea” d’Italia. Ma vedremo, ancora prima, nella prossima puntata del podcast, la storia recente del voto milanese, di una città che oggi seguendo una tendenza globale è la roccaforte del centrosinistra liberal. Ma in un recente passato è stata diverse altre cose. Tutte importanti per provare a leggere il presente e il futuro, politico e non solo, di Milano.
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