La guerra in Siria ad un punto di svolta
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Sono giorni convulsi, ore frenetiche quelle che si alternano nel drammatico scenario dei campi di battaglia siriani. I punti cruciali sono tre :
1) L’intervento russo ha accelerato la situazione bellica in netto favore del Governo di Damasco e del suo esercito (SAA – Esercito Arabo Siriano)
2) La volontà della Comunità internazionale rappresentata dall’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan De Mistura di chiudere una tregua su scala Nazionale alla prossima tappa dei negoziati prevista dal 25 gennaio a Vienna
3) Il convergente interesse di Turchia ed Arabia Saudita di giocare fino in fondo le proprie carte di potenze Regionali estremamente ostili all’attuale leadership siriana, alla famiglia Assad ed alla Siria come Stato Laico. Il tutto contrapposto agli interessi politici religiosi ed economici dell’Iran.
Russia
Il massiccio e prolungato intervento delle forze armate della Federazione Russa in supporto alla guerra condotta dal Governo di Damasco in molteplici direzioni e contro diversi « nemici », uno dei quali è lo Stato Islamico, ma ce ne sono diversi altri, costituisce al momento il punto di rottura di una situazione di stallo sul terreno che perdurava almeno da meta’ 2013. Al momento le forze governative, supportate sul terreno dall’intero universo sciita, dagli Hezbollah libanesi alle milizie volontaria afgane e iraniane, passando per il supporto tecnico che le Guardie della Rivoluzione iraniana stanno offrendo all’esercito siriano da almeno 3 anni, hanno messo a segno alcune vittorie che potrebbero risultare decisive per l’esito di questa guerra. In particolare l’esercito siriano è riuscito a riconquistare importanti posizioni nel nord del paese intorno ad Aleppo dove la città, che contava 4 milioni di abitanti nel 2011 e che dalla fine del 2012 è largamente sotto il controllo delle opposizioni armate, è ormai stata circondata da sud e da est ; al centro, sfondando sia su Hama che su Idleb nel corso del mese di novembre, ed infine intorno a Damasco nelle zone rurali (Rural Damascus) e nel sud del Paese sia a Der’a che a Quneitra dove è attualmente in corso una vasta offensiva (vicino alle note « Alture del Golan Siriano » contese da decenni con Israele). Nel nord est della Siria, la zona troppo spesso dipinta dai media occidentali come sotto totale controllo dello Stato Islamico, ma certamente fuori controllo governativo almeno da fine 2012, operano le forze democratiche siriane (SDF – alleanza consolidatasi lo scorso anno) a maggioranza curdo-siriana supportate dai loro maggiori alleati (assiri, armeni, circassi, turkmeni e democratici sunniti) che hanno messo a segno negli ultimi 15 mesi importanti successi militari partendo dalla battaglia (vinta) a Kobane, e che potrebbero persino portare lo Stato Islamico a perdere la sua ultima via di accesso alla Turchia (Jarablus) ed arrivare a cingere Al Raqqa, la autoi proclamata capitale dello Stato Islamico in Siria, in un lungo ed estenuante assedio.
Comunità internazionale
L’ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, conseguita all’unanimita’ lo scorso 18 dicembre, prevede un progressivo processo politico che abbia la sua base in un cessate il fuoco sul terreno. Gli imminenti colloqui di Vienna, fissati a partire dal 25 gennaio, lasciano intendere che la bilancia del conflitto stia pendendo verso un progressivo svuotamento delle ragioni del combattere, con le opposizioni armate de facto costrette ad un cessate il fuoco dalle sconfitte militari sul terreno. Allo stesso tempo l’esercito siriano ed il Governo di Damasco sanno bene che senza il supporto della Russia queste vittorie militari non sarebbero state conseguite, come è dimostrato dallo stallo che aveva contraddistinto gli ultimi 24/30 mesi della guerra civile, prima dell’intervento russo, quando il Governo di Damasco aveva comunque perso il controllo di gran parte del Paese, soprattutto di gran parte della sua arteria principale che corre da Aleppo a Damasco e piu a sud Der’a ed il confine con la Giordania. Ma un possibile, benché frammentato, processo politico non potra’ cominciare fino a che le armi continueranno a crepitare. Lo schema che la comunita internazionale ripropone ricorda a chi scrive quello servito in Bosnia nel 1994/95, dove le forze impegnate in quel drammatico e rovinoso conflitto vennero prima ri-bilanciate militarmente sul terreno e poi costrette ad un cessate il fuoco. Al momento l’idea di una tregua su scala nazionale non appare piu cosi remota, mentre scriviamo si stanno affinando i dettagli per diversi cessate il fuoco sul terreno : da Damasco (Ghouta, periferia est della capitale in mano ai ribelli sin dal 2011 e Yarmuk a sud della capitale) a Homs, in Siria centrale, passando per Hama e Idleb sulla via per Aleppo. L’obiettivo governativo appare chiaro, e cioè trasportare miliziani anti regime il piu lontano possible dalla chiave strategica dell’intero conflitto che altro non è se non il controllo dall’autostrada M-5 che da Aleppo corre versu sud fino a Damasco e piu giu fino al confine con la Giordania passando per Der’a’ e transitando per tutti i centri nevralgici del paese sia da un punto di vista strategico che economico. Da parte loro le opposizioni armate hanno interesse a sollevarsi da alcune posizioni dove la situazione è diventata insostenibile, dove l’assedio delle forze governative non lascia loro intravedere nessuna possibile via di fuga se non quella della resa/tregua. Le poche settimane che ancora ci dividono dal 25 gennaio vedranno un intensificarsi delle azioni militari condotte dall’esercito siriano e dai suoi alleati, supportate dalla forza aerea della Federazione Russa. Indicativamente si puo arguire che il sud della Siria, a ridosso delle alture del Golan e poco piu ad est verso Der’a per la riapertura di quell’arteria fondamentale con la Giordania caduta interamente nelle mani di gruppi estremisti a gennaio 2015, e la zona di Aleppo saranno gli obiettivi principali. Contemporaneamente non è da escludere il progressivo accerchiamento di Al Raqqa da parte dello forze democratiche siriane (SDF), supportate dalla coalizione internazionale che da 16 mesi si oppone all’espansione dello Stato Islamico in Siria.
Geopolitica regionale
Rimane, questo, forse, il punto piu controverso. Gli interessi Regionali, spesso motivati da ragioni economiche come i futuri tracciati del petrolio e del gas in costruzione dal Mar Caspio verso l’Europa ed il Mediterraneo, hanno fino ad ora mosso Arabia Saudita e Turchia da una parte, Iran dall’altra, a farsi una spietata e nemmeno tanto nascosta guerra per procura in Siria. L’Arabia Saudita, insieme a Qatar e Emirati Arabi Uniti, hanno supportato alcuni dei gruppi piu estremisti, in particolare il fronte Al Nusra (sostanzialmente Al Qaeda) molto forte a nord/sud ovest di Aleppo e nel sud del paese, e Aharar al-Sham al-Islamiya forte anch’esso nella zona di Aleppo e a Damasco nelle zone rurali. Questi gruppi, che insieme a Jayas al-Islam, il cui carismatico leader Zaharan Alloush è stato ucciso dalle forze governative il giorno prima di Natale, rappresentano il cuore dell’opposizione armata in Siria. È un dato di fatto che il cosiddetto « Free Syrian Army » (Esercito Libero siriano) ha perso negli anni la sua forza politica, prima di tutto a causa delle sconfitte militari sul terreno (Aleppo e Damasco soprattutto, già nel 2012/13), non da ultimo causate dal fatto che la leadership si stabiliva già dal 2011 fuori dalla Siria. Non è un segreto per esempio che Zaharan Alloush vedeva in cattiva luce la partecipazione ad eventuali colloqui di pace di non-combattenti, che da anni non risiedono piu in Siria e che in sostanza questa guerra l’hanno combattuta seduti ad una scrivania. Forse per questo la sua eliminazione nasce da un tradimento interno, in vista dei colloqui di Vienna, cosa che lascerebbe presagire come gli elementi piu estremisti e meno disposti al dialogo dentro le opposioni armate siano ora mal visti. Alloush era sicuramente uno di questi, anche se la sua eliminazione potrebbe avere avuto ragioni diverse e legate a vendette interne per motivi peculiari. Concludo sottolinenando come i gruppi sostenuti dalle varie monarchie del Golfo perseguano, magari con sfumature diverse, tutti un unico obiettivo : una Siria governata dalla legge della Sharia in una contestualizzazione di Emirato Islamico. Il vero punto interrogativo potrebbe quindi essere la dimensione regionale e le prossime mosse di Tuchia e Arabia Saudita da un parte, Iran dall’altra. Un eventuale inasprirsi delle tensioni e dei conflitti tra le potenze regionali sunnite e sciite (che anche in Yemen si scontrano forse in maniera anche piu diretta che in Siria) potrebbero far precipitare la situazione nella stessa Siria, e allontanare ogni prospettiva di tregua. Chi scrive vuole rimanere fiducioso che il 2016 possa portare verso una tregua generale in Siria, primo passo fondamentale per la possibile risoluzione di quel conflitto. Ma la dimensione regionale rimane molto incerta, ed il recente inasprirsi delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita potrebbe aprire un nuovo capitolo all’insegna della insicurezza regionale.
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