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Pochi sono i temi su cui nessuno sente mai bisogno di tacere. Il primo è Napoli

7 Gennaio 2015

Ci sono pochi argomenti su cui nessuno, ma proprio nessuno, da Nord a Sud, sente mai il bisogno di tacere. Il primo è ‪Napoli.

I mali (tanti) e i pregi (a quanto pare, pochi) della capitale del Sud sono sempre una buona occasione per dare lezioni di savoir vivre. Oggetto di discussione in questi casi diventa la cosiddetta “napoletanità”, eletta (a torto o a ragione, anche da molti napoletani) a carattere nazionale, elemento di diversità che distingue i cittadini di Napoli dal resto dal Paese e del cosmo tutto.

Prendiamo l’Amaca di oggi su Repubblica, dedicata alla morte di Pino Daniele e alle polemiche seguite sul logo di svolgimento dei funerali.

Michele Serra si dice colpito dal “piccolo incidente diplomatico post mortem tra un napoletano compassato e silenzioso e la sua meravigliosa, difficile città”. Tirando fuori stereotipi in genere propri della peggiore retorica colonialista, il giornalista bolognese propone una distinzione tra napoletani buoni (quelli che sono riusciti a liberarsi appunto della napoletanità stessa) e napoletani cattivi (quelli che proprio non ce la fanno a emanciparsi).

“Purtroppo, scrive Serra, serbiamo ancora memoria dei funerali del povero Mario Merola, una bolgia atroce, sguaiata, che pareva confezionata dagli odiatori di Napoli con un perfido montaggio dei luoghi comuni che la imprigionano”.

A quanto pare, insomma, la città di Napoli non è in grado di ospitare il funerale di un suo illustre concittadino, e farebbe meglio ad astenersi. Anzi, i napoletani farebbero bene ad approfittare del casino degli ultimi giorni per fare un po’ di sana autocritica, a mettere da parte “certe sregolatezze emotive”.

“L’augurio di chi ama Napoli – conclude Serra – è che la difficile gestione dei funerali di Pino Daniele, quali siano le ragioni che l’hanno motivata, serva a ragionare un poco su certe sregolatezze emotive, i decibel di troppo, le lacrime in eccesso”.

Guarda caso la stessa contrapposizione proposta da Serra, quella tra napoletani buoni (Pino Daniele) e napoletani cattivi (praticamente il resto dei nati all’ombra del Vesuvio), la fa Gad Lerner, che con un semplice tweet commenta:

“La napoletanità (sic) tracima spesso in una retorica da cui una persona intelligente come Pino Daniele non a caso ha scelto di prendere le distanze”.

Insomma, se per ogni argomento dello scibile umano c’è ancora, fortunatamente,  qualcuno che ammette la propria ignoranza e si astiene dal commentare, ciò non è vero quando c’è di mezzo Napoli. In questo caso fioccano i giudizi senza appello, i rimproveri, i consigli. Mai ma proprio mai, qualcuno sente l’esigenza di non mettere bocca.

A nessuno – né ai critici più convinti della napoletanità, né ai suoi più strenui difensori – viene il dubbio che certi dibattiti a Napoli facciano solo male e che servano solo ad alimentare quegli stereotipi che pure dicono di voler combattere. Ammettendo, certo, la buonafede di chi al dibattito prende parte.

@carlomariamiele

 

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