Io non voglio fallire, viaggio nel Nordest degli abbandonati
Per Serenella il lavoro è tutto. Fin da bambina gioca tra le mura del capannone; a sedici anni comincia a lavorare e a diciotto si ritrova proprietaria a metà della ditta. L’impresa – che si occupa della levigatura del legno – cresce progressivamente. Nel 2008 si avvertono i primi sentori della crisi ma la ditta resiste. Nel 2011 importanti commesse da parte di un grosso committente apportano nuova linfa. Nel 2012 l’amara scoperta: l’enorme mole di lavoro, già fatto e consegnato, non viene pagata.
Poche righe, queste, che servono per inquadrare le premesse de “Io non voglio fallire”, di Serenella Antoniazzi ed Elisa Cozzarini, edito da Nuovadimensione, in libreria dalla prossima settimana. Un libro che parla di Serenella e della sua azienda, ma che più in generale rappresenta i piccoli e medi imprenditori del Nordest tutto. Un monolite composto da migliaia di donne e uomini che ogni benedetta mattina si alza dal letto facendo un lungo sospiro, a metà tra la gioia di sentirsi parte integrante del sistema produttivo e l’ansia di non poter arrivare a fine giornata.
Spesso, in questi anni di dannata crisi, i telegiornali e i quotidiani hanno invaso le nostre giornate parlando di imprenditori impiccati, di altri strozzinati, di altri ancora fuggiti chissà dove. Il Nordest, piagato certo dalla crisi globale, ha tuttavia accusato un colpo doppio: quello del “risveglio” dal mondo dorato in cui per anni ha navigato. Come nel caso di Serenella, che dalla notte al giorno si ritrova senza la sua vita, con i debiti che aumentano per colpa di una commessa mai pagata. In un Paese giusto tutto questo non sarebbe possibile ma da noi…
Lei lotta con i denti e con la morte, non si arrende e va avanti. Ancor’oggi Serenella lotta per salvare la propria azienda, in un Nordest che si scopre fragile, nudo, abbandonato. “Io non voglio fallire” parla di imprenditori e imprenditrici, parla del Nordest naufragato e degli sciacalli che ne spolpano le carni. “Io non voglio fallire” parla di tutti noi.
@giulio_serra
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