Letteratura

Timidezza

3 Ottobre 2020

Il timido parla poco, ha lo sguardo impaurito, cupo, velato di tristezza.

Si nasconde, non appare, si estranea, quando si incammina; è come un fiore che sboccia: lo fa con educazione e con una dolcissima lentezza.

Evita la moltitudine, la rissa, odia la colluttazione e la contesa, perché pensa di perdere.

I suoi occhi sono mesti, smorti, lacrimosi come quelli di un uccello appena nato che ha l’agitazione perenne di staccarsi dalla sua mamma per volare nel mondo. E non vola mai.

Il timido è delicatissimo, la sua anima è seta pura, profuma di sincerità incarnata, non può mai dire bugie, non le saprebbe occultare.

Si mette nell’angolo sempre, mentre gli altri ballano sul palcoscenico della vita; si chiude in se stesso, volge lo sguardo a terra e, se si apre al cielo, è per invocare un aiuto che non sa neppure chiedere.

Il timido è dolcissimo. Quando lo accarezzi piange di gioia, perché forse ha sentito sulla sua guancia il tocco di un’altra pelle e la sua anima ha ottenuto il balsamo che voleva.

Il timido vuole sentire altre parole, perché non le sa dire e vuole un’ancora di salvezza in un mare che per lui è perennemente agitato. È pavidamente attaccato ad una zattera ed affronta le acque chete, come se avessero paradossalmente il turbinio impetuoso delle tempeste provocate da Poseidone: e lui ha paura, perché pensa sempre di esserne fagocitato.

Non sa uscire dalle sue contraddizioni che lo avviluppano, lo soffocano, lo  torturano: ostinate malinconie che irrorano la sua delicata anima, in cerca di una perenne protezione.

Vorrebbe esplodere, ma non ha la forza e neppure il coraggio di gridare a tutti una vigoria e robustezza, che è solo pensata e non attuata.

È pieno di pudore, come una vestale che eternamente e gelosamente vuole nascondere una verginità, portata con intenso amore, come dono offerto a Dio.

Il timido prega sempre, l’unico modo di rompere il suo silenzio. È un malinconico e piange spesso, in solitudine.

È fragile, come un cristallo, come una piuma dominata dal gelido e sferzante vento.

Cammina stringendosi al muro, come un’ombra rarefatta che scivola via.

Il suo nemico è la paura ancestrale, rappresa nei recessi dell’anima, pervasiva, di un’intensità disarmante che gli fa rifiutare il mondo: sente le urla addosso, si scuote, anche quando c’è il silenzio della coltre notturna.

Guarda le stelle e vorrebbe andare con loro nella via lattea, per sentire la calda luce della solidarietà celeste. Ma lui sorride o piange nell’indifferenza di tutti, che non comprendono la sua accattivante, perdurante dolcezza.

In amore se riesce ad essere amato, aspetta che l’altra prenda l’iniziativa, perché sa solo accarezzare e forse recitare una poesia, altra sua compagna.

Il timido sorride, ma in modo quasi impercettibile, più con gli occhi che con la bocca: li socchiude, come un velo disfatto.

I timidi sono belli e mansueti, hanno la pavidità dei cerbiatti che danzano nell’erba profumata e colorata dal sole.

La timidezza non può essere toccata e non può essere sfiorata, senza una grande leggerezza: essa si sfalda e si dissolve facilmente come sabbia fra le dita.

Il timido sente dentro una musica suadente che vorrebbe che tutti ascoltassero.

Timido era Pier Paolo Pasolini che baciava Maria Callas, senza poter esprimere la gioia del suo amore.

Timidi erano quegli ebrei che andavano a morire nei campi di concentramento: ce li ricorda Primo Levi nei suoi stupendi capolavori: la loro innocenza non aveva parole, talmente ineguagliabile era il sacrificio – incomprensibile – dell’Olocausto. La paura si era rinsecchita e la coscienza dei carnefici era una tabula rasa.

Il timido quando vince la corsa, pensa di aver frodato gli altri.

Ama il mare e vuole contemplarlo da solo, perché cerca Dio e l’infinito, che sente con una percezione rara e sublime, più di chiunque altro al mondo.

Il timido odia la volgarità e le smargiassate di una società che non conosce il senso del limite.

La timidezza è come un colibrì che ha paura del fiore, vibra e sta sempre indietro anziché baciarlo.

Il timido rifiuta la volgare materia, perché si libra nel sogno, abito elegante della sua anima.

Il timido è un poeta che il mondo dovrebbe sentire, ti sfiora come una farfalla colorata.

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