Il self publishing salverà il mondo, nonostante Vannacci. Parla Angelo Messina

1 Settembre 2024

Nell’ambiente della scrittura, sia essa popolata da scrittori professionisti, emergenti, in erba o semplicemente da chi sogna di diventarlo, è presente un astio feroce nei confronti del self publishing o, termine più nostrano, “autopubblicazione”. Ad ascoltare i molti sembrerebbe che questa attività sia il male dell’editoria e che abbia tirato giù inesorabilmente la qualità dello scibile, poiché ha consentito e consente a “porci e cani” (osservazione letta realmente in un blog, ma se ne trovano di ben peggiori) di atteggiarsi a scrittori e di finire sugli scaffali al pari di un Umberto Eco, magari persino al fianco di uno dei suoi libri.

Tra i clamorosi successi recenti autopubblicati, troviamo ad esempio un testo del Generale Vannacci e, a parte le idee veicolate, c’è una larga concordanza sulla scarsa qualità narrativa del testo che di contro ha goduto, come spesso accade tra i bestsellers, di una grande operazione di marketing su più piattaforme, inclusa quella politica. E di questo, si sa, non sempre se ne avvantaggiano i migliori. Ma se il testo fosse passato per le forche caudine di una casa editrice, avremmo davvero un prodotto qualitativamente migliore sullo scaffale? Molti giurerebbero che ormai, le case editrici, anche le più blasonate, abbiano abbassato i loro filtri e non lavorino più per fornire testi di qualità, ma solo prodotti da vendere. Quindi la risposta sarebbe: ma manco per niente.

La maggior parte dei detrattori poi se la prende con gli scrittori stessi che scelgono di autopubblicarsi, ad ascoltar loro “i diretti responsabili di questo scempio”. E allora giù ad ipotizzare l’obbligo di una sorta di albo o patentino che consenta solo ai loro possessori di poter pubblicare. Magari obbligarli a superare un esame di narratologia per ottenerlo. Certo, la maggior parte delle discussioni albergano sui social dove si sa, l’insensatezza e le estremizzazioni sono di casa. Ma a parlare in questo modo sono anche tanti professionisti del settore, e il dibattito si fa interessante.

È vero, i cataloghi oggi, molto più che in passato, sono popolati da una narrativa di livello non certo eccelso: la possibilità di pubblicare gratuitamente (vedi Amazon Kdp), fa gola alla mamma pancina che ha il suo set di poesie sgrammaticate pronte dall’adolescenza, dove termini come sole, cuore, amore e “pultroppo” svettano nei loro componimenti.

E allora è lecito porsi almeno tre domande: siamo di fronte ad un fenomeno che sta peggiorando di fatto l’universo dello scibile? E se sì, dove albergano le reali responsabilità? E poi l’ultima, la più importante: tutto ciò, è un bene o un male per il mondo della cultura?

Che il self publishing sia IL male e che la colpa sia degli autori, è una tesi che personalmente non mi ha mai convinto, forse a causa della mia cultura che poggia su antichi dettami anarchici. Nel self publishing io ci vedo solo opportunità per tutti (non costretti a pagare cifre lunari a editori che sanno solo promettere), e la vendita dipende dai lettori che scelgono liberamente quello che vogliono leggere. Limpido, lapalissiano. Ma queste affermazioni a volte mi sono costate scontri e isolamento. Ed allora, quale sorpresa imbattermi nell’opera di Angelo Messina: “Come gli autori auto pubblicati salveranno il mondo (dall’intelligenza artificiale)”! Non soltanto l’autore non sposa tesi catastrofiche, ma addirittura assegna all’autopubblicazione una sorta di potere salvifico.

Avendo tra le mani quelle pagine, la prima cosa che salta agli occhi è il garbo con cui Messina affronta temi cruciali. Ma anche il linguaggio semplice e divulgativo ha un ruolo da protagonista: leggendo mi sono detto: “Ehi, ma mi sto divertendo!”. Il libro apre su alcuni preziosi consigli e raccomandazioni per chi si accinge ad intraprendere l’arte della scrittura e vuole poi pubblicare la sua opera e, dalle sue parole, fa capolino l’esperienza ma anche la sua evidente passione per la scrittura. Il messaggio che se ne coglie, apparentemente banale ma per nulla scontato, è emblematico: scrivere fa bene allo scrittore, scrivere bene fa bene a tutti.

Poi descrive il suo interessante metodo che usa per scrivere, il cosiddetto “Agile”, una metodologia nota utilizzata nello sviluppo del software e che il professore ha traslato nella scrittura narrativa. C’è poi una intelligente disquisizione del ruolo dell’IA nel settore editoriale. Ma alla fine c’è il trionfo della leggerezza: scriviamo e autopubblichiamo per hobby, per il puro gusto di mettere nero su bianco le nostre esperienze, le nostre personalissime visioni del mondo o i nostri sogni senza perseguire successo e royalties: l’umanità ne avrà soltanto da guadagnarci.

Il suo testo mi è piaciuto così tanto che non ho resistito. Sono andato a cercarlo per fargli qualche domanda.

D: Leggo nella sua biografia che possiede un background professionale di tipo tecnico e che ha all’attivo alcuni romanzi, in prevalenza di fantascienza. Da dove nasce la sua passione per la scrittura?

R: La passione per la scrittura in quanto tale nasce ai tempi del liceo scientifico, probabilmente per merito di alcuni professori preparati che hanno saputo coinvolgermi nei temi della letteratura e della filosofia. Negli anni, da ingegnere del software e da professore, coltivare la capacità di espressione scritta è divenuta una necessità professionale che è sfociata in pubblicazioni tecniche, relazioni e testi di lezioni anche a livello universitario. Fuori dal lavoro, ho utilizzato la scrittura come sfogo per attenuare le tensioni emotive, accumulando nel tempo diari, piccole storie, piccoli saggi sugli argomenti più disparati. Nel 2010 iniziai a organizzare in racconti brevi e romanzi alcuni dei testi nel cassetto e ne venne fuori il mio primo romanzo: “Il Segreto di Enoch”, pubblicato come ebook dall’editore Simonelli; fantascienza classica molto argomentata nei dettagli scientifici che però conteneva temi esistenziali anche personali. Poi sono tornato a pubblicare in self, nel 2023 con una raccolta di racconti brevi fantascienza/fantasy: “Sogno Lucido” e dopo sei mesi col secondo romanzo: “Il Mistero di Eris…oltre Plutone” anch’esso hard sci-fi, che a oggi veleggia verso le 500 copie, del tutto inaspettatamente.

D: Aveva già le idee chiare con la sua prima pubblicazione se sceglie una casa editrice o fare tutto da solo?

R. Quindici anni fa non c’erano le possibilità di auto produzione che esistono oggi. Le uniche reali possibilità erano: la pubblicazione a pagamento, o i piccoli editori volenterosi. Fortunatamente ne trovai uno che pubblicò gratuitamente il mio romanzo in edizione ebook. Ora sono convinto che per gli scopi del mio hobby sia perfetta l’auto produzione, anche perché non essendo interessato alle royalties, posso tenere il prezzo basso e garantirmi una platea sufficiente di lettori per l’atto conclusivo dell’hobby che è la pubblicazione.

D: Il fenomeno del self publishing sembra stia modificando profondamente il settore dell’editoria. Molti sono i detrattori che accusano questa pratica come responsabile dell’abbassamento qualitativo dell’offerta. Lei invece ha un approccio col fenomeno del tutto diverso. Ce lo spieghi.

R. Come scrivo nel mio saggio, sono uno scrittore amatoriale e quindi cerco la bellezza, il divertimento e, per quanto possibile, la perfezione o almeno la pulizia nel testo. Mi consenta di prenderla un po’ alla lontana. L’articolo 21 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”

Non esiste dubbio dunque, sul fatto che scrivere e diffondere il proprio pensiero anche con la pubblicazione di un libro sia un sacrosanto diritto e che qualunque tipo di ostacolo, filtro, autorizzazione anche indiretto (con insulti o propaganda mirata) sia solo CENSURA. La stessa recensione (come per altro ci ricorda l’etimo) può essere una forma di censura quando chi la scrive non è “terzo” ma concorrente.  Ciò detto, risulta ovvio che qualunque cittadino ha il diritto di pubblicare ciò che vuole purché rispetti le leggi, per quanto brutto e sgrammaticato sia il suo lavoro. Esiste però la selezione operata dai lettori (quelli veri) che faranno emergere le opere migliori. Sappiamo comunque che senza una martellante pubblicità o un traino dei media, le probabilità che un autore autopubblicato emerga è marginale. Non esiste quindi alcuna forma di concorrenza con l’editoria classica. Quello che io propongo è di abbandonare l’illusione di un successo che non può arrivare e utilizzare questo potente mezzo gratuito che è l’auto produzione di un testo, a scopo ludico-ricreativo o addirittura come sfogo emotivo da condividere con altri.

D. Ma in che modo un hobby può migliorare la società?

R. Perché l’amatore cerca nel suo hobby di raggiungere la perfezione e quindi, a differenza dello scrittore improvvisato, tenterà di acquisire competenze linguistiche adeguate e arrivare a un’opera che sia decorosa. Lo farà senza fretta e senza necessità di compiacere il lettore condividendo con sincerità e genuinità: emozioni, sogni, utopie. Nel metodo “Agile” che io consiglio, lo scrittore usa come palestra la lettura ben assortita e attenta di tanti libri di valore universale, questo non può che migliorarlo ed educarlo al pensiero strutturato non solo quando scrive.

D. Pensa di essere l’inventore di un nuovo un metodo di scrittura?

R. Assolutamente no! Ho solo adattato una metodologia nata per la progettazione del software alle mie esigenze personali. Con me funziona; mi obbliga ad osservare tappe definite, distaccarmi dal testo e leggere tanto. Qualunque altro metodo che non sia frutto d’improvvisazione e sciatteria, va bene. Un hobby, però, deve seguire regole molto serie. Nel libro do una piccola dimostrazione di scrittura, mostrando come da un testo scritto di getto si possa ottenere una trama decorosa, utilizzando anche qualche semplice espediente per il world building e lo spessore dei personaggi.

D. L’intelligenza artificiale che c’entra?

R. Fuori dall’iperbole del titolo, ci sono segni evidenti della scalata che la I.A. generativa sta compiendo alle attività tipicamente umane. Basta osservare ciò che sta avvenendo nel modo della musica. Nel libro mostro come una IA (Chat GPT4) possa scrivere dei testi apparentemente “umani” ai quali manca però la principale caratteristica umana. Proprio per l’approccio algoritmico insito nella IA, essa riuscirà sempre più a dare al lettore quello che si aspetta, appiattendone il gusto e diminuendone le capacità critiche. Gli amatori scrivono per sé stessi quindi sono al sicuro.

D. Qual è la principale caratteristica umana di cui ha fatto cenno?

R. Per questo dovrà leggere il mio piccolo saggio.

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Questo il link alla pagina autore:  https://www.amazon.it/stores/Angelo-Messina/author/B0C3ZTG7BM?ref=ap_rdr&isDramIntegrated=true&shoppingPortalEnabled=true

Dall’incontro con Angelo Messina ne esco con le mie aspettative confermate: il professore a mio avviso ha la chiave per assegnare al self publishing il giusto valore. Siamo in un Paese dove notoriamente i lettori languono: secondo l’ultimo rapporto Istat (2023) i lettori di libri per motivi non strettamente scolastici o professionali, sono il 39,3% della popolazione abile alla lettura, ed è un dato tristemente in calo rispetto ai due anni precedenti, quando erano stati rispettivamente il 41,4% e il 40,8%.

C’è da sperare che almeno il self publishing possa avere il potere di far incontrare sempre più tra loro scrittori e lettori, visti tra l’altro i bassi costi di esercizio e grazie alla tecnologia che, con gli ebook, consente anche a fasce meno abbienti di raggiungere con semplicità il proprio testo da leggere.

A mio giudizio, il miglior augurio che possiamo farci, è che la scrittura, così come la lettura, siano sempre più democratiche!

TAG: #AngeloMessina, #letteratura, #Selfpublishing, autopubblicazione
CAT: Letteratura

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