Letteratura

I Quaderni e la Poesia: intervista a Franco Buffoni

8 Luglio 2023

Il prossimo 12 luglio uscirà, per Marcos y Marcos, il Sedicesimo Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea; un progetto iniziato 32 anni fa e legato indiscutibilmente alla sua figura che, di fatto, non cessa di valorizzare la poesia di giovani autori e autrici in modo concreto e generoso. Da dove deriva questa spinta e che cosa continua a mantenerla così vivace e viva?

Questo tipo di ruolo è venuto da sé, e conta il fatto di essere poeta, ma anche accademico; il fatto di avere sempre frequentato come donatore di idee la piccola, la media e la grande editoria; il fatto di essere stato più volte nominato rappresentante italiano nei progetti comunitari Arianne, Caleidoscopio e Cultura 2000; di avere fondato e diretto per trent’anni il semestrale “Testo a fronte”. Aver dato vita 32 anni fa ai Quaderni di Poesia Italiana Contemporanea è un semplice tassello – certamente molto visibile in una specifica nicchia – di un’attività a tutto campo come autore e come critico. E mi prendo tutte le responsabilità degli errori; le cose belle invece le condivido. Ciascun membro del Comitato di lettura dà un proprio giudizio; io sono costretto a mediare su varie spinte, idee, condizioni. Una situazione collettiva è come un partito politico. Chi fa il coordinatore, come nel mio caso, deve sapere mediare, mediare, mediare.

Ogni due anni sette autori/autrici, ma più correttamente dovremmo dire sette opere, scelte dopo accurata selezione, che in qualche modo rappresentano maniere differenti di intendere la scrittura in versi e che contribuiscono quindi a rendere i Quaderni anche una cartina di tornasole mediante cui leggere tendenze, inclinazioni, falle del contemporaneo. Che cosa si ricava dalle raccolte scelte per questa ultima edizione? Emerge una comune direzione o sono piuttosto le differenze tra l’una e l’altra a emergere?

Dopo 32 anni di esperienza nella curatela dei Quaderni, posso dire di avere una vita binariamente ritmata. Pair e unpair, come la biennale di Venezia: negli anni dispari l’uscita, negli anni pari il cfp. Questi papers, giunti a Massimo Gezzi nell’ordine delle centinaia, che ormai sono tali solo nominalmente, assomigliano sempre di più a un cinguettio informatico, cartaceo solo in dirittura d’arrivo, grazie all’indispensabile collaborazione dei membri del Comitato di Lettura: oltre a Gezzi, Umberto Fiori, Fabio Pusterla, Claudia Tarolo, Marco Zapparoli. Il primo dato che colpisce scorrendo l’indice di questo XVI Quaderno è costituito dai titoli delle sette sillogi. Ben tre di essi (Il duca di Sullun di Michele Bordoni, Nel pieno di nor di Dimitri Milleri, bottom text di Antonio Francesco Perozzi) necessitano di una chiave interpretativa. Che puntualmente poeti e prefatori forniscono al lettore. È Cristiano Poletti prefatore di Bordoni, storico oltre che poeta, a riportarci al tempo di Luigi XIV, del fratello Filippo di Orléans e del misterioso prigioniero con la maschera di ferro, divenuto duca di Sullun. E Sullun è anagramma di Nullus. Ed è nuovamente Gezzi, in qualità di prefatore, a ricordarci – citandolo – che il musicista e librettista Dimitri Milleri con nor intende alludere all’operatore logico che nega la valutazione delle possibilità implicata da “or”, inteso dal poeta come l’operatore del né-né. Un avverbio inglese dunque, scagliato con eleganza contro il Re Sole. Mentre dove intende portarci Antonio Francesco Perozzi proponendo il termine bottom nel suo titolo? Come non manca di rilevare la prefatrice Gilda Policastro, il “bottom text” è propriamente la parte testuale inferiore del meme, un contenuto digitale che diventando virale va a costituire un format, una cornice che si applica a situazioni diverse. Ma bottom non può non rimandare anche alla sottomissione, contrapposta a top. Conclude allora la sua disanima del titolo Policastro con una domanda: qui a che cosa si sottomette il soggetto osservante? Sempre a proposito di titoli curiosi, se Sempreverde di Alessandra Corbetta, con la sua storia scritta “da custodire”, mi ricorda “Ridiverde”, il nick che Giovanni Pascoli affibbiò all’amico Severino Ferrari, dedicatario dei versi di Romagna, Partire da qui di Stefano Modeo risuona in me col suo “da qui io invece ora me ne vado, non resto” quasi come un controcanto al capolavoro di Troisi Ricomincio da tre. Mentre da quando ricevetti il dattiloscritto di L’osso del collo da Noemi Nagy non riesco in prima battura a non pensare al memorabile Macello di Ivano Ferrari. Infine Gli anni del disincanto di Marilina Ciaco non possono che far riecheggiare in me, zanzottiano convinto, quell’Aure e disincanti che raccoglie i saggi e gli interventi del poeta di Pasque.

 

C’è un termine che potrebbe essere assunto a denominatore comune di questo XVI Quaderno?

Il termine “disincanto” potrebbe costituire un buon denominatore comune per tutt* i poeti e le poete rappresentati/e in questo XVI Quaderno. E qui non riesco a impedirmi di compiere una riflessione come autore di Betelgeuse e altre poesie scientifiche. Perché il disincanto consegue all’avvenuto assorbimento – da parte dei più avveduti tra gli appartenenti alle nuove generazioni – anche del quarto micidiale convincimento, dopo i primi tre. Con Galileo si perse infatti la centralità della Terra nel Creato; con Darwin, come insegna Antonella Anedda non a caso associandolo a Leopardi, si perse la centralità dell’Uomo tra le Creature; e con Freud la centralità del libero arbitrio nelle nostre scelte. Il quarto convincimento è giunto come settimo sigillo con Alan Turing, a scardinare la centralità del nostro cervello, alias la sua insostituibilità. Solo noi, prima, almeno sapevamo giocare a scacchi… Non è più vero. E il passaggio dal cyborg all’alieno e alle porte. Come ha osservato Roberto Cescon, “specie tra gli autori più giovani, vi è un più intenso riferirsi alla dimensione biologica e neurocognitiva dell’essere umano, al suo essere incarnato e situato nell’ambiente (per esempio, accostando nella stessa scena eventi che coinvolgono particelle elementari a altri di natura cosmologica o geologica, o scomponendo il percepire nella sua materialità organica e inorganica). Sembra emergere un’idea di poesia come un’esigenza cognitiva della specie”. Le sillogi che questo Sedicesimo Quaderno raccoglie registrano come un sismografo quanto di nuovo si sta muovendo nella poesia italiana ad opera delle ultime generazioni. Poete e poeti che non si fanno più alcuna illusione circa la possibilità di incidere sulla realtà del mondo in cui viviamo, ma che questa realtà non possono fare a meno di fotografare e di trasmettere filtrata attraverso la mediazione artistica.

Se le chiedessi di indicare, alla luce dell’esperienza dei Quaderni degli ultimi dieci anni, un elemento trasversale, nella forma o nei contenuti, che sembra non conoscere il passare del tempo e che resta intatto da decade a decade, riuscirebbe a designarne uno? Se sì, quale e perché?

I Quaderni nascono da una costola della rivista “Testo a Fronte”, che all’inizio del suo percorso ha subito gemmato due collane: i Saggi di Testo a Fronte e i Testi di Testo a Fronte. Nella collana dei Testi, poiché la rivista andò in attivo – che sembra fantascienza oggi, ma all’inizio degli anni ’90 succedeva – pensai “cosa posso fare per mandarla in passivo?”. La collana di poesia mi sembrò la risposta ideale. Invece anche la collana di poesia è andata bene, tant’è vero che dopo 32 anni siamo qui ancora a parlarne. È andata bene perché è venuta fuori questa formula delle sette sillogi di sette poete/i giovani, in un unico volume. Il segreto dei Quaderni è che ogni autore, promuovendo il libro, lavora anche per gli altri sei, questo è l’elemento trasversale che non conosce il passaggio del tempo. Salvo il fatto che i giovani di trent’anni fa adesso hanno sessant’anni…

Anche per questo Quaderno, importanti figure di riferimento della poesia italiana hanno scelto di aprire con le loro prefazioni le varie raccolte, a conferma del fatto che questa operazione di coralità vuole essere anche, in qualche modo, testimonianza della necessità di un dialogo aperto e prolifico tra le generazioni.

Ai prefatori va la mia sincera gratitudine. Perché l’intera “operazione Quaderno”, come sempre basata sulla più assoluta liberalità e gratuità, si regge sul delicato equilibrio costituito da sette poeti/e che comprendono quanto sia proficuo sostenere anche il lavoro di altri sei colleghi promuovendo il Quaderno, coniugato al reale approfondimento critico individuale che i prefatori compiono sul loro lavoro. Posso dire di avere sempre trovato disponibilità ad arricchire questo dialogo tra critica e poetica. Sarà che un’uscita nei Quaderni ormai viene ritenuta prestigiosa anche per il prefatore e non solo per l’autore…

 

Franco Buffoni
Franco Buffoni
Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.