E’ possibile far amare la lettura?

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21 Aprile 2015

E’ incredibile l’apparato che è stato creato attorno all’iniziativa di promozione della lettura #ioleggoperché: migliaia di messaggeri, iniziative previste in grandi città, colonna sonora di Samuele Bersani, partecipazione di nomi famosi, collaborazione con radio3, coinvolgimento delle università. Occupandomi di biblioterapia considero la promozione della lettura un’attività primaria ed essenziale. Esiste infatti un assioma irrinunciabile in biblioterapia: affinché il processo biblioterapeutico, ovvero di cura della persona attraverso i libri, possa essere efficace, vi deve essere almeno un minimo interesse e piacere per la lettura. Non sono poche le persone che non sono supportabili con questo metodo a causa della loro ritrosia verso i libri. In Italia più della metà degli italiani non legge neppure un libro all’anno e i lettori forti, rappresentati dal 6% dei lettori, leggono almeno dodici libri l’anno. Dodici. Solo dodici! Sapete quanti ci si mette a leggere un libro? Ovviamente dipende dalle pagine. Proviamo a considerare un libro di modesta grandezza. In quattro-cinque ore lo si può leggere. Significa che con dieci minuti di lettura al giorno, per tutti i giorni del mese, potremmo completarne la lettura. Significa anche che il problema della lettura in Italia non è legato al tempo a disposizione. Basterebbe tenere un libro in bagno per trasformarsi in un lettore forte (forte secondo i parametri italiani). Appare chiaro quindi il problema: l’italiano medio rigetta la lettura perché non gli piace, preferisce altri modi per trascorrere il tempo e per stimolare la mente. Non si tratta solo di coloro che hanno subìto un impoverimento intellettivo a causa dell’eccessiva esposizione a televisione, computer o videogiochi. Accedendo all’università si tende a dedicarsi solo alle letture di settore, abbandonando altri tipi di libri. Eppure gli studi sono chiari: chi legge romanzi e racconti stimola le proprie capacità a risolvere problemi, rafforza le competenze relazioni, arricchisce la parte emotiva di sé e riesce a cogliere questioni antropologiche difficilmente comprensibili in altra maniera. Ma mi chiedo: saranno iniziative come #ioleggoperché a spingere gli italiani ritrosi a dedicarsi alla lettura? Se state leggendo questo articolo, probabilmente siete lettori appassionati e questo genere di iniziativa vi piace. Per me è la stessa cosa. Ogni occasione che mi permette di conoscere meglio il mondo della lettura è una festa. Per questo sono diventato messaggero di #ioleggoperché. Essere messaggero significa iscriversi alla piattaforma online, ritirare un kit contenente dodici libri (composto da due titoli) e regalarli a dei non lettori, testimoniando la consegna online. Nulla di più facile per un amante della lettura. Salvo accorgersi che ai non lettori la cosa interessa poco. Ho iniziato a regalare i primi libri con entusiasmo e slancio. Man mano che proseguivo in questa missione ho iniziato a raffreddarmi. Mi sono reso conto che i non lettori sono difficili da convincere. Non si lasciano trascinare dall’entusiasmo, anzi. Spesso considerano i lettori degli esseri quasi alieni, guru di una cultura parallela ai confini del mondo moderno, poveri illusi che si accontentano delle storie raccontate nei libri. Per questo mi domando se sia questa la via giusta per diffondere la passione per la lettura.
Mi è capitato di parlare di biblioterapia nei convegni medici. Alcune volte è successo che qualche medico mi si avvicinasse e mi parlasse di libri, spesso classici, studiati al liceo e mi riferisse, spontaneamente, il suo ricordo piacevole. Ne parlava come se in quel momento lui fosse ancora un liceale e io il professore di lettere. Era magnifico ascoltare la sua gioia giovanile e la richiesta di consigli e spunti. Per un istante si spogliava dei rigidi panni del luminare per tornare studente felice. Il tutto durava pochi minuti. Ma quegli occhi illuminati dalla letteratura non li ho più dimenticati. E mi chiedo: quanti sono gli insegnanti capaci di far brillare gli occhi degli studenti in quel modo? Quali e quante sono le iniziative efficaci che esulano dal rigido programma scolastico per aprire le menti all’entusiasmo della lettura? Le nuove idee che la promuovono, così come i tanti festival della letteratura, sono fondamentali, svecchiano l’idea che leggere sia solo per gli intellettuali. Ma finché le scuole non sapranno anch’esse trasmettere tale spirito, evitando di lasciare questo importante compito alla libera iniziativa di quei grandi professori di lettere che sanno segnarci la vita, i non lettori non potranno che rimanere tali.

TAG: ioleggoperché, Lettura
CAT: Letteratura

Un commento

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  1. graziano-lanzidei 10 anni fa

    Il punto a mio avviso, Marco, è proprio aver iniziato a parlare di libri al di fuori dalla stretta, strettissima cerchia dei ‘lettori forti’ o presunti tali. Il punto a mio avviso non è né l’entusiasmo, né la superiorità morale o intellettuale di un libro. Perché non è vero che TUTTI i libri sono più interessanti dei film, delle serie tv o dei videogiochi. Perché ci sono serie tv, videogiochi e film che sono molto, ma davvero molto più interessanti di gran parte dei libri che popolano le librerie. Starai pensando: «allora è tutto perso». No, assolutamente. Bisogna far capire ai non lettori che un BEL libro, uno scritto bene benissimo, equivale a una partita con The Last of Us (videogioco) o a True Detective (serie tv). Questa è la nuova sfida. Ragionare sulla narrazione e sulle storie, cioè sui contenuti. E non sugli oggetti.

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