Il 10 ottobre scorso uno strano hashtag è rimasto in classifica su twitter per sei ore: #socialstrike.
La rete, adulata per molto meno nei talk show o dalla grande stampa, si è esercitato
su un tema che non era #Renzi, #lasvoltabuona, #piazzapulita o #serviziopubblico. Non si parlava
di cronaca: un’alluvione, una morte violenta, un politico demenziale. E nemmeno della giornata di
campionato alle porte. Era invece tutto un brusìo su precari, partite Iva, Jobs Act. Si parlava di cose
crude: ad esempio, un salario da 300 euro al mese. In nero. E di una data: venerdì 14 novembre. Il
giorno dello sciopero sociale.
Sciopero precario: che ossimoro!
Sciopero dei precari, quelli che non possono scioperare. L’ossimoro è straordinario, l’immagine è
potente e ha colto il problema. I precari sono socialmente invisibili, ma sono in tutte le famiglie.
Sono il rumore di fondo di ogni discorso sul lavoro e sulla precarietà. Ma loro, i precari, non hanno
voce. E quando arrivano in Tv, vengono trattati da casi umani. Da eccezione, non da regola. Parlano
sempre gli altri. E loro muti. Se vogliono esistere devono usare il lessico della sfiga. Perché sono
tutti uguali, non hanno storie né professione.
In tempi rapidissimi mille utenti attivi hanno raggiunto un bacino potenziale di almeno 100 mila
persone. E hanno iniziato a parlare di tasse, previdenza, reddito minimo, riforma dei contratti
atipici. Di giustizia sociale. L’ossimoro ha preso corpo, scatenando la sua paradossale vitalità.
Ma ancora dopo un mese, stampa e Tv mantengono un silenzio quasi assoluto. Di ufficiale c’è
solo una nota del ministero degli interni che informa: venerdì 14, insieme alla Fiom a Milano,
manifesteranno i “movimenti autonomi”. Massima allerta. E ci mancherebbe.
Il Jobs Act come mai l’avete visto
Ora, dire “movimenti autonomi” è come dire che venerdì ci sarà un’invasione degli alieni in
decine di città, dall’alba al tramonto. Le manifestazioni sono invece il risultato di una campagna
politica in rete che ha pochi precedenti nel nostro paese. Per partecipazione, contenuti e stile.
Anche gli argomenti sono molto più concreti della consueta narrazione tossica allestita quando il
dissenso politico si esprime. Si parla del Jobs Act come raramente accade sui media dove prevale
l’informazione impartita dall’alto. Non solo di articolo 18 che verrà cancellato per i nuovi assunti,
ma anche del “contratto a tutele crescenti” che assegnerà più tutele solo a chi lavora da più tempo e
non ai nuovi assunti. O del sussidio di disoccupazione che verrà esteso solo a 46.577 collaboratori
coordinati e continuativi, quelli con più di 3 mesi di contributi versati, e non a tutti i precari come
invece sostiene il governo Renzi.
Nascita di una campagna
Di tutto questo parla la campagna proposta inizialmente da un piccolo gruppo di grafici e che è
diventata il patrimonio di migliaia di persone. Precari, studenti, attivisti sindacali si sono incontrati
in due assemblee nazionali (la prima a settembre, la seconda all’inizio di novembre a Roma: gli
“strike meeting”). Poi sono nati gruppi di lavoro sulla comunicazione e in rete è avvenuta una
gemmazione collettiva: da Torino a Napoli, da Pisa a Bologna sono spuntate proposte, stickers,
loghi, video, volantini e manifesti. Il materiale di base è stato scaricato dal blog scioperosociale.it o
da facebook e così sono nati nuovi personaggi, slogan e storie di vita precaria.
La campagna rappresenta sagome anonime che alludono a diversi tipi di lavoratori: dall’edile al
pubblicitario, dalla studentessa al commesso, dal professionista al garzone del bar. Tutti incrociano
le braccia. Perché questo è il gesto di chi si astiene dal lavoro. I precari sono poi eterogenei, una
gran massa di atomi, individualisti fino al midollo. La campagna lancia un appello: “incrociamo le
lotte”. La viralità raggiunta nell’ultima settimana conferma che è stato colpito un nervo scoperto.
Oggi è in atto un processo di riconoscimento collettivo, multiplo e fluido. Loro si fanno chiamare
“strikers”. In rete sono uno sciame. Dicono di volere “incrociare le braccia e incrociare le lotte”.
Come si fa un preventivo?
Ho rintracciato in chat chi ha proposto inizialmente il “concept” della campagna. Mi dice: “Resto
anonimo, e nessun nickname, per favore – mi scrive – Ecco, io sono il volto nero di tutti i grafici,
quello rappresentato dall’icona con il mouse”. La prima domanda è inevitabile: “Ma se avessi
proposto alla tua azienda una campagna simile, quanto avresti chiesto?”. “Non ne ho idea –
risponde – Questo è il primo problema del lavoro autonomo: come si fa il prezzo e il preventivo?
Nella mia esperienza tutte le campagne social e virali le ho però fatte da attivista e non da
lavoratore”.
Dunque anche tu stai lavorando gratis. Qual è la differenza con il volontariato all’Expo contro il
quale a Milano si manifesterà venerdì? “All’Expo il volontariato è un eufemismo per dire lavoro
gratuito – risponde – Nel nostro caso quello che cambia è la volontà. Non saprei dire ormai quanti
siamo, ma quello che è certo è che abbiamo la stessa volontà in comune. All’Expo il lavoro gratis
viene imposto dall’alto in vista di altra precarietà. Migliaia di persone lavoreranno gratis per la
visibilità di pochi. Il lavoro che migliaia di persone hanno invece messo nell’attivismo ha generato
una campagna che esprime la volontà di rendere visibile la stessa condizione”.
Marta, precaria di 28 anni incinta, risponde a Renzi
Scandita come una sceneggiatura, la campagna ha previsto di iniziare a far parlare le sagome
anonime che riproducono le infografiche usate per il social marketing. Ogni professione ha il suo
colore e la sua storia. Spunta così Viola, 34 anni, che si definisce “ricercatrice in bilico”; Daniele
che fa il web designer, Matthew che in inglese spiega come lavora da “performer”. Margherita fa
la fotografa freelance, mentre Peppe di 23 anni da Napoli racconta la sua storia da “guaglione” nel
bar. Anche i filosofi francesi Michel Foucault e Gilles Deleuze vengono rappresentati nell’atto di
incrociare le braccia.
La campagna è arrivata anche oltre le Alpi. Lo storico movimento degli intermittenti francesi
dello spettacolo l’ha ripresa e sono ormai in molti i tecnici, gli artisti che raccontano la loro storia.
Venerdì organizzano una manifestazione a Parigi. Così sarà a Berlino e a Lisbona o in Spagna. Uno
sciopero europeo dei non rappresentati.
Poi sono arrivati due video. Interpretati da attori professionisti che mettono in scena Marta, la
ragazza precaria di 28 anni, incinta. Il personaggio inventato dal presidente del Consiglio per
attaccare i sindacati sull’articolo 18. Nel primo video Marta risponde direttamente a Renzi. Nel
secondo il campo si allarga e rappresenta Marta che parla con un’amica che spende il suo misero
stipendio per pagarsi l’Iphone. Precari si, ma con lo status symbol.
Oppure Marta che lavora in nero in un pub e non sa come dire al suo principale di essere incinta.
Teme di essere licenziata perché non ha nemmeno un contratto. È la risposta dello sciopero sociale
al discorso alla Leopolda dove Renzi critica chi si oppone al Jobs act. Per lui sono solo conservatori
fuori dal mondo, quelli che mettono il gettone nell’Iphone.
“La campagna vuole dimostrare esattamente il contrario – spiega il grafico – Conservatore è il
governo che vuole conservare la precarietà e che esistono milioni di lavoratori non rappresentati
dal sindacato, che lavorano e sono sfruttati nella produzione digitale e che sono in più danneggiati
dai provvedimenti sul mercato del lavoro”. “Il tentativo è di rispondere ai politici dei tweet a
pagamento. Molti usano i precari per inviare i loro tweet. I loro profili personali sono in realtà
gestiti da schiavi che devono assumere la personalità del politico. Te lo dico perché alcuni miei
colleghi lo hanno fatto per lavoro. Ops, scusa, per volontariato”.
Il popolo degli strikers
Il video-messaggio a Renzi ha avuto successo. È spuntato quello di un’altra Marta che fa la
programmatrice, di Valerio che fa il giornalista freelance, Ibrahim che è un lavoratore della
logistica, mentre Salvo fa l’operaio metalmeccanico. Il senso di questi messaggi: chi fa un lavoro
intellettuale vive la stessa condizione di chi fa un lavoro manuale. Bisogna sfatare l’idea che la rete
sia usata solo da intellettuali, da lavoratori iper-formati. Solo gli utenti facebook in Italia sono 25
milioni. Operai, professionisti, atipici, occupati e inoccupati hanno accesso alle stesse risorse, e alla
stessa impresa.
Questa comunità che si è formata in rete ha permesso di condividere una montagna di informazioni
sul mercato del lavoro e sui contenuti (annunciati) del Jobs Act. I dati sono confluiti prima in otto
“dichiarazioni” che il popolo degli “strikers” ha lanciato per rendere nota la piattaforma dello
sciopero. Sono poi state pubblicate una serie di infografiche con i dati sugli ammortizzatori sociali,
sulla disoccupazione o la “garanzia giovani”. Sono state realizzate da ricercatori in statistica.
Ovviamente precari. “Guardando il flusso di queste informazioni – osserva il nostro grafico –
mi sono reso conto che chi sta organizzando questo sciopero ne sa più di quanto chi ci governa.
Chi non sa inizia a conoscere dallo scambio. Il processo è immediato. Chi vive la precarietà sulla
propria pelle sa di cosa si parla”.
“Io sono Marta”, disse Susanna Camusso
La visibilità sotterranea della campagna è emersa il 25 ottobre in piazza San Giovanni a Roma.
Nella grande manifestazione della Cgil non era difficile vedere sul palco la segretaria generale
Susanna Camusso indossare la maglietta “Io sono Marta”. “Siamo arrivati al paradosso che
Camusso dice di essere Marta, e con questo intende che lei è una precaria – commenta il grafico
– Quando la Cgil è tra i firmatari dell’accordo sul lavoro volontario e gratuito di Expo a Milano.
Invece di assumere il problema e i propri limiti, rivendica la rappresentanza di un mondo di milioni
di persone in cui effettivamente i sindacati non ci sono”.
È questa la tenaglia in cui si trova il quinto stato. Tanto le partite iva quanto i precari sono vittime
di un equivoco. “Renzi e la Cgil li tirano dalla propria parte, mentre la nostra voce non l’ascolta
nessuno – dice il grafico – Renzi fa il gioco del governo Monti e dell’allora ministro del lavoro
Fornero: contrappone i diritti dello statuto dei lavoratori alle nuove forme del lavoro. Garantiti
(che poi garantiti non sono più) contro precari. La sua idea è che per dare i diritti ai precari bisogna
toglierli a chi li ha. Dall’altra parte, la Cgil risponde assumendosi la rappresentanza di un mondo
che sa di non avere. In realtà, lo scontro con il governo è sul tema dell’articolo 18 e sulla questione
della riforma del pubblico impiego”.
Qualcosa, tuttavia, sembra che stia cambiando nella Cgil. Qualche giorno fa la Fiom ha lanciato
lo sciopero generale dei metalmeccanici e la manifestazione a Milano prevista nello stesso giorno
dello sciopero sociale. I suoi grafici hanno prodotto un manifesto che è una citazione letterale della
campagna dei precari. C’è l’operaio edile che incrocia le braccia, mentre le altre sagome stanno un
passo indietro, non incrociano le braccia come nell’originale. E si fanno rappresentare dalla classe
operaia. Il nostro grafico non lo interpreta come un plagio, anche se il senso è stato pesantemente
manomesso. “Io la vedo diversamente – scrive – Il tema della campagna è fare coalizione tra diversi
che vivono nella stessa condizione. Il manifesto lo riprende. Mi sembra un inizio”.
Quindi pace fatta con il sindacato? “È molto difficile – risponde – ma sicuramente ci sono delle
evoluzioni rispetto al passato”. “Per la prima volta la Fiom ha deciso di scioperare nel giorno di uno
sciopero anomalo indetto da collettivi e reti di precari insieme ai sindacati di base: Cobas, Usi, Cub,
Adl Cobas. Usb sciopera per 4 ore, gli altri tutta la giornata”.
In passato ci sono stati tentativi di sciopero precario in occasione dello sciopero indetto da sindacati
di base o confederali. Si è pensato di generalizzare o estendere lo sciopero tradizionale. “In questo
caso – sottolinea il grafico in chat – è avvenuto quasi il contrario. La Fiom ha aderito allo sciopero
sociale e ha riconosciuto la campagna che lo ha lanciato”.
All’alba di sabato
Cosa farà chi non può scioperare venerdì, visto che i precari non hanno questo diritto? “Questa è
l’incognita – ammette il grafico – Noi ci stiamo posizionando sui social per far esprimere la loro
creatività, oltre che per veicolare contenuti e la cronaca di una giornata che inizierà all’alba e vedrà
manifestazioni in diverse ore. Abbiamo preparato spillette per farle indossare sui posti di lavoro,
oppure sui vari profili. Anche se non potranno esserci fisicamente, saremo insieme”.
Il problema resterà anche all’alba di sabato. Come si organizza l’inorganizzabile?
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