5 Febbraio 2015
Il Governo ha promesso di intervenire a favore delle Partite Iva, senza specificare se sul fronte del regime dei minimi o in quello dei contributi per la gestione separata Inps. Anche lunedì mattina il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ai microfoni di Rtl 102,5 ha affermato che «nei decreti delegati sul fisco c’è anche lo spazio per modificare in meglio le norme sulle partite Iva e spero riusciremo a correggere i nostri errori con la delega fiscale il 20 febbraio».
Ribadiamo la necessità di bloccare l’aumento dei contributi previdenziali di freelance e professionisti iscritti alla gestione separata al 30,72%, che rappresenta un vero e proprio sopruso, la cui portata può essere colta se lo inquadriamo nel disastroso contesto che caratterizza il sistema pensionistico contributivo, rispetto al quale la gestione separata ha ulteriori elementi di svantaggio.
Siamo stati i primi a denunciare l’inadeguatezza del sistema previdenziale contributivo, costruito per assicurare l’equilibrio dell’INPS ma non per garantire una pensione sufficiente a sopravvivere, a causa di coefficienti di trasformazione avari e agganciati a un Pil con crescita bassa o addirittura negativa. La differenza tra sistema pensionistico retributivo e contributivo è tale che finalmente si diffonde la consapevolezza della sua gravità e del rischio di esplosione.
Un recente articolo di lavoce.info, a cura di Massimo Antichi, avanza dubbi sulla sostenibilità sociale della riforma contributiva e auspica un ripensamento del sistema che rischia di provocare una rottura del patto generazionale (e intanto la famosa busta arancione, promessa a più riprese a partire dal 2009 per rendere chiaro a tutti quanto si percepirà non è ancora stata inviata).
Il servizio di domenica 1 febbraio di Presa Diretta ha evidenziato la crescita del passivo dell’INPS, con lo Stato che continua a erogare vitalizi e superpensioni non coperte da adeguati versamenti previdenziali, addossandone i costi alle giovani generazioni. Il nuovo presidente dell’INPS Tito Boeri (purtroppo ancora non confermato) si è espresso a favore di un intervento sulle pensioni d’oro, ma si sono già scatenate le strenue difese dell’esistente, in nome di diritti acquisiti che in realtà sono solo privilegi. Così un articolo su formiche.it di Michele Poerio contesta quello che sarebbe un attacco al ceto medio, rivendicando il ruolo dei pensionati nel mantenimento di figli o nipoti disoccupati o sottoccupati (analoghe argomentazioni sono peraltro spesso state riportate dai sindacati, in particolare da Carla Cantone dello SPI CGIL). E gli orfani? non sarebbe meglio favorire direttamente le generazioni più giovani?
La Gestione Separata ha il record dell’iniquità
All’interno del sistema contributivo la gestione Separata INPS si contraddistingue perché:
1. Non ha previsto alcuna misura di transizione a favore di chi al suo avvio lavorava da tanti anni (o anche da decenni)
2. È una trappola: ciò che hai versato nella Gestione Separata non lo puoi trasferire su altre gestioni (neppure a pagamento), né raggiungere gli anni necessari alla pensione di vecchiaia (sfruttando le finestre ancora aperte) cumulando versamenti effettuati presso altre gestioni.
3. Non prevede alcuna copertura pensionistica figurativa in caso di disoccupazione (i periodi di cassintegrazione o di disoccupazione di chi percepisce la NASPI sono anche coperti dai versamenti pensionistici) o malattia (anche gli iscritti alla gestione separata hanno un’indennità di malattia, ma questa, a differenza di ciò che accade per i dipendenti, non prevede la copertura pensionistica). Quindi ogni problema di salute e ogni difficoltà lavorativa si riflette necessariamente anche sulla pensione.
L’aumento dei contributi INPS per la gestione separata
In questo contesto il Governo non solo non è intervenuto per correggere queste disparità, ma al contrario ha lasciato che aumentassero i contributi dei freeelance iscritti alla Gestione Separata dal 27,72% al 30,72%! Un aumento che:
a) non è giustificato perché i freelance iscritti alla Gestione Separata già nel 2014 versavano contributi con l’aliquota più alta in Italia: 27,72%, contro il 23 circa di artigiani e commercianti, il 12-18% dei professionisti con cassa privata. I dipendenti solo formalmente hanno aliquote più alte: secondo uno studio del CERM, utilizzando la stessa base di calcolo dei professionisti della Gestione Separata la loro aliquota scende dal 33% al 24-25%. Al contrario la crescita del divario con altre categorie di professionisti che afferiscono ad altre gestioni previdenziali sfavorisce la nostra posizione competitiva;
b) non è sostenibile. La contribuzione pensionistica è già troppo alta e la paghiamo tutta noi, perché la rivalsa è solo del 4% e non è obbligatoria. Inoltre i nostri redditi sono in diminuzione e poiché lavoriamo con imprese e PA non abbiamo la possibilità di scappatoie, di compensare l’aggravio contributivo con una “evasione di sopravvivenza” (copyright Fassina);
c) è un investimento forzato economicamente svantaggioso, che non ci garantisce una pensione dignitosa e che non ci lascia spazi per una previdenza integrativa;
d) è una vera beffa se si considera che è stato deciso per finanziare un sistema di garanzie (Aspi ora divenuto Naspi) da cui siamo esclusi.
Per tutto questo chiediamo con urgenza il blocco dell’aumento della contribuzione alla Gestione Separata che si configura sempre più come un furto!
L’autrice è presidente di Acta, associazione dei freelance
TAG:
gestione separata, partite iva, previdenza
CAT:
Lavoro autonomo