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Nella puntata di Otto e Mezzo dell’Antivigilia di Natale il giornalista del Corriere Antonio Ferrari si è espresso in maniera perentoria riguardo a Federica Mogherini, dal 1 novembre Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. La presenza di una donna giovane, determinata e con forti credenziali internazionali, ha sostenuto, non può che fare bene alla (talvolta) titubante politica estera europea. Il gioco all'”Indovina chi?” sulla pelle del candidato di turno, paradossalmente praticato più nell’asfittico mondo brussellese che nella gioiosa politica italiana, in questo caso è del tutto fuori luogo. Il problema è infatti strutturale, riguarda le regole che sovrintendono all’azione dell’Alto Rappresentante stesso e alle sue relazioni con le altre istituzioni che maggiormente hanno a che fare con la politica estera dell’Unione, ovvero Consiglio europeo e Commissione europea. Si intende qui quella parte di essa di cui si riesce a leggere anche nei quotidiani del mattino (su quelli della sera avrei qualche dubbio). La personalità del singolo, in questo caso, è sì importante, ma entro certi limiti ben segnati.
Lodata ampiamente all’inizio del suo mandato da corrispondenti di testate straniere molto apprezzati a Bruxelles come Jean Quatremer o Nicolas Gros-Verheyde, Federica Mogherini ha davanti a sé un compito difficile, che però sta affrontando, almeno in queste fasi iniziali, con decisione. Troppo presto per bilanci, troppo tardi per i rimpianti da parte dei Paesi dell’Est per un nome più distante dagli interessi in gioco tra il Volga, gli Urali e il Dnepr.
Quale sarà il ruolo dell’Alto Rappresentante nella prossima cinquina di anni, la seconda dopo l’introduzione formale nel Trattato di Lisbona di questo ruolo? Cercare di dire al mondo che il numero di telefono dell’Unione europea è uno solo; cosa che, finora, è rimasta perlopiù sulla carta (e in fotografia). Al momento la politica estera è affare di molti. E, in particolare, la rappresentanza esterna, la cosiddetta “presenza”, sia nell’ambito multilaterale che bilaterale.
L’esempio più classico è quello degli incontri internazionali: al livello dei capi di Stato e di governo, sono il Presidente del Consiglio europeo e quello della Commissione che partecipano alle belle foto in fila che si vedono sui quotidiani. Durante i Consigli europei, nel momento in cui il massimo livello decisionale dell’UE tratta le questioni più importanti per il futuro dell’Unione, l’Alto Rappresentante è solitamente A livello ministeriale, l’Alto Rappresentante si “mette in mostra” soltanto per quanto riguarda la politica di sicurezza.
Essere efficaci nel mondo presuppone avere a livello internazionale lo stesso volto in tutte le questioni trattate. La vera sfida per Federica Mogherini sarà quindi soprattutto domestica: essendo stata una funzionaria di partito, ha con ogni probabilità la vocazione a gestire gli “affari di casa” con garbo e nerbo. Una seria riforma del servizio diplomatico di cui è a capo richiede tre qualità chiave: la conoscenza dei dossier, una corposa dose di buona volontà, il costante impulso a far pesare la presenza dell’Unione europea.
Le voci troppo critiche nostrane e quelle troppo elogiative non possono quindi far altro che affievolirsi, nella speranza comune che una riforma del Servizio diplomatico europeo porti a quella visione comune che da troppo tempo rimane soltanto il comma di un Articolo del Trattato di Lisbona.
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