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La «corte d’appello» di Facebook: e chi controlla il controllore?
Anche se Mark Zuckerberg l’aveva già anticipato nel novembre 2019, nella settimana appena trascorsa si è concretizzata la pubblicazione dell’Oversight Board Charter: come si spiega nell’introduzione, lo scopo della carta è quello di creare le condizioni per istituire una sorta di consiglio di sorveglianza.
La finalità cui si vuole mirare è la protezione gratuita della libertà di espressione, con decisioni «indipendenti» e con l’emissione di pareri consultivi sulle policies di Facebook (precisamente il testo nell’introduzione dice: «The purpose of the board is to protect free expression by making principled, independent decisions about important pieces of content and by issuing policy advisory opinions on Facebook’s content policies»).
Il controllato nomina il controllore? – A mio avviso, questo è il principale punto critico, in quanto se il controllato nomina il controllore, la garanzia di indipendenza è fortemente ridotta, per non dire annullata. Quest’aspetto diventa fondamentale, in quanto il board può indicare a Facebook «di consentire o rimuovere contenuti» ovvero anche «di difendere o ribaltare una decisione presa sui contenuti» (cfr. sez. 4 punti 3 e 4 della carta). Ciò a differenza di quello che può fare la task force anti fake-news sul Covid-19 (lo spiego qui e qui).
Orbene, sotto questo aspetto, va detto che hanno pensato un sistema più articolato per mettersi al riparo, almeno formalmente, dalle critiche: Facebook creerà una fondazione indipendente (un trust) la quale provvederà a nominare il board.
In realtà sembra un cerchio che si chiude (e l’immagine rende bene l’idea): Ebbene, più di un dubbio viene se consideriamo che (come si evidenzia nello schema) la composizione ed il finanziamento del board avverranno per il tramite del trust, il quale, tuttavia avrà uno stretto legame con il settlor (alias Facebook).
Peraltro, i dubbi aumentano se consideriamo che i fiduciari possono anche rimuovere un membro del board prima della naturale scadenza del mandato, per violazioni del codice di condotta, anche se non a causa di decisioni prese sui contenuti (testuale a p. 4, par. 8: «The trustees may remove a member before the expiration of their term for violations of the code of conduct, but they may not remove a member due to content decisions they have made»).
Ma, analizzando il codice di condotta di Facebook, c’è subito scritto che tutti i dipendenti devono agire tutelando il miglior interesse dell’azienda (cfr. «in the best interests of the company while performing duties on behalf of Facebook»), concetto ripetuto al punto 2, sui conflitti di interessi.
La sensazione, dunque, è che il pallino del gioco rimarrà sempre nelle mani di Facebook. Non ci resta che attendere, con occhi aperti e antenne drizzate, le decisioni della Commissione e capire se nella pratica cosa sarà tollerato o censurato.
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