Innovazione
Rider: Boeri apre l’Inps, Di Maio cerca la sintesi e duemila rischiano lo stop
Destinazione rider. Contenuto del messaggio: “Vi aspettiamo nelle nostre sedi di Milano, Torino, Roma, Bologna, Firenze, Napoli e Palermo per chiarire ogni vostro dubbio riguardo alle tutele e ai versamenti contributivi dei datori di lavoro e dei lavoratori previsti per il vostro contratto”.
Firmato, Tito Boeri.
“Sarà un’ottima occasione per acquisire consapevolezza sulle prestazioni cui avete oggi diritto, su come richiederle e sulle future prestazioni pensionistiche associate ai vostri versamenti” ha continuato il presidente dell’Inps in una nota che annuncia un pomeriggio di incontri con i ciclofattorini.
Così finisce il primo atto di questa vicenda. Almeno quello che ha per sfondo le grandi città dove, tra le 15 e le 17, del 12 novembre, si svolgeranno gli incontri.
E se Boeri apre le sue porte, a Roma il Ministro dell’Economia Luigi Di Maio, nelle sue stanze, cerca di uscire dallo stallo che vive la trattativa tra lavoratori e società delle consegne di pasti a domicilio.
Riassumendo: al tavolo del Mise sono pervenute tre diverse proposte per disciplinare i contratti di lavoro presentate da parte delle aziende di food delivery “che non hanno soddisfatto i rappresentanti dei rider e i tecnici del ministero”.
Questa la premessa. E quindi la palla passa al Ministro, anzi, è lo stesso Di Maio a fare lo scatto in avanti.
“Come già preannunciato, il ministero redigerà una proposta che sia in grado di sintetizzare le diverse posizioni finora emerse, valorizzando come sempre il confronto con i rappresentanti delle aziende, con i rider e con le parti sociali intervenute al tavolo”, fa scrivere in una nota.
Da Milano, Roma, Bologna e Firenze, qualche ora dopo la conclusione della riunione, i rider hanno fornito la loro versione con un lungo post condivisto su tutte le pagine dei gruppi di base autorganizzati: “Sono arrivate infatti tre proposte: la prima da parte di My Menù ed una cordata di imprese italiane più piccole, che proponeva una quota minimo orario di 7 euro lordi (per noi quindi non sufficiente); la seconda di Assodelivery, l’associazione datoriale che riunisce tutte le grandi multinazionali (Glovo-Foodora, Deliveroo, Just Eat, Uber Eats) che non entrava nello specifico in nessuno dei punti sollevati e chiedeva, a partire dai contratti autonomi, incentivi fiscali ed un’estensione delle tutele a spese dei contribuenti; la terza da parte di Domino’s Pizza, dove è presente la subordinazione, seppur in un modello organizzativo differente dalle altre piattaforme”.
Fin qui la descrizione. Ma poi hanno aggiunto: “Ci è parso evidente che siamo ancora al punto di partenza: nessun passo in avanti”.
Da Torino, Deliverance Project nel suo commento, sempre attraverso Facebook, ha aggiunto: “Hanno dimostrato estrema compattezza nel rifiutare sia il riconoscimento delle tutele tipiche del rapporto di lavoro subordinato – che a detta dei manager “sarebbero insostenibili per rimanere sul mercato” – sia l’abolizione dei sistemi di monitoraggio e classificazione delle prestazioni”.
E nelle reazioni alla riunione rimasta in bilico del 7 novembre, emerge l’ultimo ostacolo di questa corsa a tappe (ma in salita) per i ciclofattorini.
La tedesca Foodora ha recentemente comunicato di voler lasciare l’Italia, facendosi acquisire dalla concorrente spagnola Glovo. I rider chiedono ad Assodelivery che si faccia parte attiva perché i rider in viola di Foodora diventino automaticamente fattorini “gialli” targati Glovo.
Ma anche su questo punto, le posizioni sono su fronti opposti: i duemila fattorini di Foodora non sono dipendenti. Come si legge nella cronaca del Fatto Quotidiano, da un lato, quindi, non si tratta di un licenziamento collettivo. I contratti di collaborazione arriveranno a fine “corsa” e, come riporta il quotidiano citando direttamente una fonte di Glovo: “in seguito della chiusura del servizio di Foodora tutti gli ex rider Foodora saranno liberi di candidarsi come glovers, senza nessuna limitazione”.
Ma da Torino arriva la proposta: “non vogliamo stare ad aspettare soluzioni calate dall’alto ma organizzarci e decidere delle nostre vite e del nostro lavoro lottando uniti. Per questo rilanciamo la proposta di un incontro che coinvolga le realtà che negli ultimi anni si sono mobilitate nelle diverse città italiane e che consenta di valutare con attenzione e i rischi, gli obiettivi e le strategie da mettere in campo”, scrivono sempre nella loro nota.
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