Industria

Piaggio Aero, una tragedia annunciata

18 Maggio 2019

Nei giorni scorsi è trapelata la notizia che sarebbero pervenute addirittura 39 manifestazioni di interesse per Piaggio Aero, ex fiore all’occhiello dell’industria aeronautica italiana. Significa che probabilmente si avvicina l’epilogo di una vicenda in cui la politica – col centrosinistra protagonista – e il sindacato sono riusciti a mostrare il peggio. Una vicenda che ho cercato di ricapitolare in questo articolo, scritto circa sei mesi fa, ma di cui la sostanza è ancora valida. La migliore spiegazione dell’ascesa dei cosiddetti ‘populisti’ si trova in storie come questa. 

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Piaggio Aero, una tragedia annunciata

Unica produttrice europea di droni, sorella della più conosciuta casa produttrice della Vespa, l’azienda ligure è diventata proprietà al 100% del fondo sovrano di Abu Dhabi con la benedizione del governo Renzi tra rulli di tamburi e squilli di trombe. Ma tre anni dopo i 1200 dipendenti si ritrovano senza stipendio, con una dichiarazione di insolvenza e una procedura di amministrazione controllata e senza commesse. Una ricostruzione dell’intera vicenda chiarisce che non è stato un fulmine a ciel sereno. Anzi.

‘Questa impresa oggi è l’impresa all’avanguardia in Europa e per noi nel mondo. E quando il prossimo anno finalmente l’operazione sarà terminata, sarà interessante andare a capire sui mercati internazionali e nei rapporti con gli altri Stati la forza, la qualità e l’importanza del progetto che qui, in Liguria, qui e adesso avete realizzato e costruito, ideato e immaginato’. Era un Matteo Renzi all’apice del successo quello che il 7 novembre del 2014 inaugurava con queste parole lo stabilimento Piaggio Aero di Villanova d’Albenga (Youtube071114). Accanto a lui, oltre al fido Luca Lotti, ci sono tutti i maggiorenti del PD ligure, da Roberta Pinotti, Ministro della Difesa, al Presidente della Regione Claudio Burlando. A metaforica conferma del gran momento di Renzi c’è un gustoso episodio che si consuma il giorno stesso, al termine della cerimonia la segretaria generale della CGIL di Savona, Fulvia Veirana, lo rincorre per un chilometro, a piedi scalzi, sulla pista del miniaeroporto situato accanto allo stabilimento per strappargli un breve colloquio sul futuro della centrale di Vado Ligure e il premier non perde la ghiotta occasione e, prima di intrattenersi con la delegazione sindacale, si inchina per rimettere le scarpine alla sindacalista, suscitando l’ilarità dei presenti. ‘Quando ho saputo che dovevo fare un chilometro di corsa, perché il Presidente del Consiglio era già sotto l’aereo, mi sono tolta le scarpe coi tacchi e ho corso’, racconta candidamente la protagonista. Oggi Renzi non è più al governo, forse nessuno più lo rincorrerebbe a piedi nudi, a quanto pare non è quasi più neanche nel PD, e i fatti testimoniano ‘la forza, la qualità e l’importanza’ del progetto celebrato in quelle ore: Piaggio Aero è in amministrazione controllata, con oltre 600 milioni di debiti e 1200 dipendenti al momento senza stipendio, senza più commesse. Il PD attribuisce la responsabilità del disastro al governo Salvini-Di Maio, perché non ha dato corso alla commessa da 766 milioni di euro per la costruzione di 20 droni militari P.2 HH lasciata nel cassetto dal governo Gentiloni. Ma come sempre per tirare le somme le storie vanno raccontate dall’inizio e per intero.

Piaggio, una storia gloriosa

La Rinaldo Piaggio inizia la sua attività a Sestri Ponente, allora comune autonomo del genovesato, nel 1884, producendo materiale ferroviario. Nel 1906 viene aperto lo stabilimento di Finale Ligure per la produzione di vagoni ferroviari di lusso, tram e altri veicoli, che si doterà di un’avveniristica galleria del vento per testare le proprietà aerodinamiche dei suoi prodotti. Nel 1915 la società entra nel settore aeronautico, producendo una serie di modelli che stabiliscono una ventina di record di prestazione tra gli anni ‘20 e ’30 e acquista una fabbrica di aerei a Pisa, a cui seguirà l’insediamento a Pontedera. Qui nel 1946 inizia la produzione della Vespa, ma nel 1966 le due principali produzioni vengono scorporate: a Sestri si producono aerei e a Pontedera motocicli e in seguito vengono create due società distinte. Nel 1998 una cordata di imprenditori guidata da Piero Ferrari riorganizza l’azienda aeronautica, diventata Piaggio Aero Industries, con due stabilimenti, uno a Genova Sestri Ponente e uno a Finale Ligure, in provincia di Savona. 5 anni dopo lo Stato, tramite Sviluppo Italia, entra nella compagine azionaria. Nel 2006 poi arriva Mubadala Developments, fondo sovrano di Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), e nel 2009 la multinazionale indiana Tata, che poi però se ne va, all’inizio del 2014, lasciando a Mubadala il 98,05% del capitale, mentre l’1,95% rimane a Piero Ferrari. Nel 2008 Piaggio Aero firma con la Regione Liguria, la provincia di Savona e il Comune di Finale un Accordo di Programma che prevede lo spostamento delle attività realizzate a Finale in un nuovo stabilimento a Villanova d’Albenga, nuovi investimenti su Sestri Ponente e il cofinanziamento da parte della Regione di progetti di innovazione tecnologica nel settore aeronautico attuati da PMI col sostegno di Piaggio Aero e l’attivazione del Centro per la Ricerca e l’Innovazione a Finale.

All’Accordo di Programma si affianca un accordo sindacale che prevede, tra le altre cose, il mantenimento del numero di addetti a 1426 e ‘il mantenimento, l’estensione e lo sviluppo dell’attività produttiva’ nello stabilimento genovese. Ma a fine 2013, quando già i dipendenti si sono ridotti di circa 100 unità, l’Azienda presenta un piano industriale che mette circa 540 lavoratori fuori dal perimetro Piaggio (165 esuberi ‘strutturali’ e il rimanente trasferito in ditte esterne) e di fatto sancisce la fine dell’attività produttiva a Sestri. In cambio si impegna a investire 190 milioni di euro, a fronte di un indebitamento di circa 400 milioni di euro verso le banche. Il Fondo Mubadala attraverso Piaggio si assicura la commercializzazione del drone P.1 HH Hammerhead, realizzato in collaborazione con Selex (Finmeccanica). La lotta dei lavoratori genovesi, che occupano la fabbrica per 5 giorni, riesce a limitare i danni, riducendo  esuberi ed esternalizzazioni, ma non riuscendo a impedire il trasferimento da Sestri ad Albenga. Nel 2015 anche la piccola quota di Piero Ferrari passa a Mubadala, che dunque diventa azionista unico.

Il trasferimento a Villanova

Il grazioso stabilimento di Finale Ligure, progettato ai primi del ‘900 dall’architetto vercellese Giuseppe Momo, che in seguito diventerà uno degli architetti preferiti della Santa Sede, conosce un vero e proprio boom quando Rinaldo Piaggio decide di dedicarsi alla produzione di aerei da guerra. E’ scoppiato il primo conflitto mondiale e gli esemplari prodotti passano da poche decine e parecchie migliaia. Negli anni 2000 però si fa avanti l’idea di trasferire le produzioni di Finale Ligure a Villanova d’Albenga, costruendo un nuovo moderno stabilimento nei pressi della pista del locale aeroporto, che la Piaggio utilizza già dal 1929 per testare i propri velivoli. Si tratta di un piccolissimo scalo che negli anni d’oro di Scajola era stato persino servito da un collegamento con Fiumicino, la cosiddetta ‘linea Scajola’, che il ministro utilizzava per rientrare a casa a Imperia. La politica di Mubadala, una volta assunto il controllo dell’azienda, al trasferimento da Finale a Villanova associa anche lo smantellamento degli impianti di Sestri, con l’obiettivo di concentrare l’intera produzione nella località presso Albenga.

Le aree industriali di Finale, in splendida posizione affacciata sul mare, vengono vendute dalla Piaggio come aree residenziali destinate a un processo di ‘riqualificazione’, eufemismo usato tradizionalmente per indicare speculazione edilizia, abbattendo i vecchi stabilimenti in stile liberty. Nel 2016 la Soprintendenza vieterà la demolizione, che poi invece avrà il via libera, con l’eccezione dell’hangar e della palazzina storica, ma nel frattempo è arrivata la crisi immobiliare e il rischio è che ora si costruisca l’ennesima cattedrale nel deserto, cementificando e col rischio di stabilire un primato, quello cioè di chiudere una fabbrica danneggiando ambiente e paesaggio e di ritrovarsi pure senza acquirenti.

Dal punto di vista industriale quest’operazione presenta almeno due incongruenze. La prima è che si va verso lo smantellamento degli impianti di Sestri, adiacenti e con accesso alle piste dello scalo genovese, per spostarsi a Villanova, dove le dimensioni del miniaeroporto non consentono neppure di effettuare tutte le operazioni necessarie a testare i prototipi. La seconda è che a Sestri la Piaggio si trova a poche centinaia di metri dalla Selex, la società del gruppo Leonardo (ex Finmeccanica) che ha l’incarico di sviluppare i dispositivi elettronici per gestire il volo e le attività di ricognizione dei droni, mentre Villanova è a quasi 100 chilometri di distanza.

Il business dei droni

Quando Mubadala si assicura il controllo di Piaggio Aero sono due le produzioni che costituiscono il core business aziendale: il P180, un modello di classe executive, turboelica ad uso dei vip o delle aziende, un aereo progettato negli anni ’80 e di fatto ormai senza mercato per gli alti costi di produzione e i droni. A queste due attività si affianca la manutenzione degli Aermacchi MB-339 in dotazione all’aeronautica militare, di cui la variante MB-339 PAN è quella adottata dalla pattuglia acrobatica, le famose Frecce Tricolori.

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Il drone P.1 HH è di fatto un P180 senza pilota: la Piaggio ci mette il contenitore e Leonardo, tramite Selex, la tecnologia per telecomandarlo e registrare e trasmettere i dati. Ne dovrebbero essere realizzati 6 esemplari per la Difesa italiana e 8 per l’aviazione degli Emirati Arabi, una commessa, quest’ultima, che tuttavia pone un problema di carattere geopolitico, sollevato nel 2014 da Sergio Cofferati, ex segretario generale della CGIL e all’epoca europarlamentare: il controllo di Piaggio Aero, unico produttore europeo di droni, da parte di Mubadala infatti darebbe agli Emirati la possibilità di aggirare le restrizioni imposte dall’UE ai paesi-membri per quanto riguarda la vendita dei cosiddetti prodotti dual use, cioè a utilizzo misto, civile e militare, a paesi la cui politica estera potrebbe entrare in conflitto con quella dell’Europa e dei suoi tradizionali alleati. Non basta quindi che la Ministra della Difesa Roberta Pinotti rivendichi il diritto di usare la golden power, cioè di esercitare le prerogative del Governo a tutela degli interessi nazionali: ci sono anche gli interessi dei paesi alleati, primi tra tutti gli USA e, in Europa, Francia e Gran Bretagna. Senza contare che col P.1 HH Piaggio entra in concorrenza col progetto del superdrone europeo MALE RPAS, realizzato dalla stessa Leonardo in collaborazione con la francese Dassault e col consorzio europeo Airbus, un’operazione decisamente un po’ azzardata per una piccola società.

Le cose poi non iniziano bene. Il 31 maggio del 2016 il primo prototipo del P.1 HH, un giocattolino del valore di 30 milioni di euro, dopo essere decollato dal porto di Trapani, si inabissa nel Mediterraneo a pochi chilometri dall’isola di Levanzo, nell’arcipelago delle Egadi. Lo stesso giorno un secondo esemplare viene spedito ad Abu Dhabi a bordo di un Antonov e rimane 11 mesi in un hangar (Lettera43180717): a fare cosa, verrebbe da chiedersi?. Pochi giorni dopo il quotidiano genovese IlSecoloXIX180616 riferisce che secondo i primi accertamenti l’incidente sarebbe opera di un hacker che sarebbe riuscito a insinuarsi nei comandi dell’aereo bloccandone il sistema di propulsione, notizia confermata ancora da Lettera43, che attribuisce l’indiscrezione ad ‘ambienti della Difesa’. L’azienda smentisce e rimanda agli esiti delle indagini in corso, ma non se ne saprà più nulla. Per chiarire il contesto in cui si verifica questo strano episodio è utile sapere che l’anno prima gli Emirati avevano firmato un contratto da 200 milioni di dollari con l’americana General Atomics Aeronautical Systems per l’acquisto di droni Predator, ma l’affare si era bloccato perché mancava il via libera del Congresso, che arriverà solo all’inizio del 2015 e limitatamente a una versione ‘da sorveglianza’, il Predator XP, non in grado di ospitare armi. Ne verranno consegnati 10-12 esemplari nel 2016, ma per tutta la durata dell’amministrazione Obama Washington si opporrà alla consegna di droni armati a paesi arabi. La scalata a Piaggio Aero da parte di Mubadala dunque avviene nel periodo che intercorre tra la firma dell’accordo per l’acquisto dei Predator e l’approvazione da parte dell’organo legislativo USA. Nel maggio del 2017 il secondo prototipo del drone italiano ritorna a Villanova e lo sviluppo del velivolo ricomincia. Qualche mese dopo 20 membri del Congresso scrivono a Donald Trump, chiedendogli di sbloccare la vendita di droni da combattimento, non più di sola sorveglianza, a paesi come gli EAU e la Giordania, in nome del sostegno alla lotta contro l’ISIS (ArabianAerospace201017). In base a questa ricostruzione dei fatti l’ipotesi del sabotaggio appare non così peregrina. Come osserva anche Pagina99201017la scalata di Mubadala a Piaggio Aero può essere interpretata come un tentativo degli Emirati di mettere sotto pressione gli USA pur di ottenere dei droni per uso militare, con la minaccia di mettere le mani sulla tecnologia necessaria a costruirseli da soli. Si tenga conto infatti che il P.1 HH è il modello a partire dal quale i progettisti italiani hanno sviluppato il P.2 HH, un vero e proprio drone da combattimento. Gli apparati di sicurezza americani, come è noto, non amano farsi mettere sotto pressione.

In ogni caso l’incidente del 2016, qualunque ne sia stata la causa, provoca un ritardo di un anno ai lavori di sviluppo e sperimentazione. Una fatica inutile, si direbbe, visto che nei giorni scorsi, dopo la dichiarazione di insolvenza e il ricorso all’amministrazione straordinaria, gli Emirati hanno annunciato la cancellazione della commessa da 400 milioni di dollari. 4 degli 8 velivoli, che avrebbero dovuto essere consegnati entro pochi mesi sarebbero già stati realizzati, ma rischiano di rimanere a Villanova. Secondo il sito africano DefenceWeb031218 ben due fonti affermano che il governo di Abu Dhabi non avrebbe speso particolare energia nel premere sul governo italiano affinché sblocchi i 766 milioni di euro, evitando la crisi aziendale e iniettandole i capitali necessari a onorare il contratto con gli Emirati. Insomma sembra che questi non siano più particolarmente interessati né ai droni né al futuro di Piaggio.

Per quanto riguarda invece le altre attività a febbraio l’azienda aveva già confermato l’intenzione, già annunciata l’anno prima e stoppata temporaneamente dall’allora ministro Calenda. di liberarsi della produzione dei motori, dei servizi di manutenzione e di cedere la licenza del P 180, probabilmente a una società lussemburghese, la PAC, controllata da imprecisati investitori cinesi. Secondo Formiche.net211017 dietro i fondi interessati all’acquisto potrebbe celarsi il colosso a partecipazione statale HNA Aviation. Di fatto l’annuncio di febbraio prefigura la cessione di tutto il comparto civile: per Piaggio l’unico business rimarrebbe quello militare

Il ruolo del PD e della CGIL

Il segretario della FIOM di Genova, ha scritto nei giorni scorsi che ‘Piaggio Aero è una tragedia annunciata ma non per questo meno grave’ e in effetti quando Renzi definiva Villanova ‘la fabbrica più all’avanguardia del mondo’ era già chiaro che il ‘progetto di rilancio’ non aveva storia. Ma quasi tutti i soggetti in campo facevano finta di non vedere.

La prima a far finta di non vedere, ma nel suo caso è assolutamente comprensibile, è stata la stessa Piaggio. Di fronte a un amministratore delegato, Renato Vaghi, che il 30 maggio dichiara, nel corso di un’audizione parlamentare, ‘Piaggio Aerospace oggi è un’azienda patrimonialmente sana e priva di debiti’ e che meno di 6 mesi dopo, il 22 novembre, deposita presso un tribunale la dichiarazione di insolvenza, con oltre 600 milioni di debiti all’attivo, ogni commento è superfluo.

Che la società avesse problemi con le banche tuttavia era noto da anni. Così come nel 2014, quando il fondo emiratino si appresta ad acquisire il controllo della società, è palese che il nuovo piano industriale costituisca una clamorosa violazione degli impegni sottoscritti con la Regione Liguria e gli enti locali nel protocollo d’intesa del 2008, primo tra tutti quello alla conservazione degli oltre 1400 posti di lavoro. Ma la politica e in particolare quel PD renziano che all’epoca governa il paese, la Regione Liguria, il Comune e la Provincia di Genova e il comune di Finale Ligure, di fatto lascia campo libero ai nuovi padroni e addirittura, come abbiamo visto nel discorso di Renzi all’inaugurazione dello stabilimento di Villanova, copre di lustrini l’operazione Piaggio presentandola come un’iniziativa avveniristica. Del resto sono gli stessi giorni in cui Renzi sta perfezionando la cessione di Alitalia a Etihad, la compagnia aerea degli stessi Emirati Arabi, due trattative che verosimilmente si sviluppano in parallelo (oltre che condividere analoghe fortune). Allo stesso tempo è evidente la disinvoltura con cui vengono affrontate le implicazioni geopolitiche dell’affare, che si inserisce in un risiko di interessi economici e strategici complesso, in cui qualcuno forse si è illuso di aver messo nel sacco il Pentagono e la Difesa francese e britannica e di poter competere in levantinismo con gli emiri di Abu Dhabi. Niente male per chi oggi indulge nell’ironia sulle gaffes del governo giallo-verde.

Dopo le responsabilità della politica vengono quelle del sindacato. Nel 2014, quando diventa chiaro che Mubadala punta a smantellare Sestri e concentrare la produzione a Villanova, ma senza un piano industriale credibile, che dia garanzie di sviluppo e di occupazione, la FIOM e i lavoratori genovesi occupano la fabbrica e invitano i dipendenti di Finale a una mobilitazione comune contro il piano. Ma la CGIL e la FIOM savonese sono tradizionalmente legate a doppio filo al PD. Anna Giacobbe, segretaria della Camera del Lavoro di Savona dal 1994 al 2000, e della CGIL Liguria dal 2002 al 2008, nel 2013 verrà eletta deputata nelle liste del PD e il giorno dell’inaugurazione della fabbrica a Villanova è al fianco di Fulvia Veirano nella sua rocambolesca rincorsa al premier. La stessa cenerentola della CGIL, succeduta al marito Francesco Rossello alla guida della Camera del Lavoro di Savona, nel 2015 verrà candidata dal PD alle regionali, facendo osservare impietosamente  a un esponente del centrodestra che rincorrere Renzi a piedi nudi evidentemente paga. Prima di Rossello a guidare la CGIL era stato Livio Di Tullio, successivamente segretario del PD savonese, assessore e vicesindaco di Savona, per poi rientrare in sindacato alla guida del Sunia e di Federconsumatori. E che dire di Nino Miceli, segretario della Funzione Pubblica savonese, poi segretario dei DS e infine capogruppo del PD in consiglio regionale? Insomma c’è poco da stupirsi se mentre il PD presenta la scalata di Mubadala alla Piaggio come una gloriosa cavalcata verso il futuro, la CGIL savonese ai lavoratori di Finale predichi la calma e di lasciar perdere i colleghi ‘estremisti’ di Genova, al punto che si registrano anche alcuni episodi di tensioni tra sindacalisti del savonese e lavoratori genovesi. Né c’è da sorprendersi di fronte alla veemenza con cui il PD oggi si scaglia contro il Governo: condannare Di Maio per aver bloccato la commessa dei 20 droni P.2 HH è l’unico modo per salvare se stessi cercando di occultare le proprie responsabilità.

L’attuale governo del resto non sembra attrezzato per venire a capo di una vicenda così intricata. Prova ne sia che 15 giorni dopo la visita del premier Conte ad Abu Dhabi (Startmag611118), gli emiratini, dopo aver chiesto che Leonardo rilevi almeno il 50% del capitale sociale, hanno approfittato della dichiarazione di insolvenza per cancellare la commessa degli 8 droni. L’ipotesi dell’intervento dell’ex Finmeccanica, caldeggiata da Di Maio e non smentita dall’amministratore delegato Profumo, potrebbe essere una soluzione temporanea, ma l’interesse della holding appare limitato a recuperare 100 milioni di euro di crediti nei confronti della Piaggio e al servizio di manutenzione dei jet militari. Tanto più che, come abbiamo accennato, Leonardo è già impegnata nel progetto di superdrone europeo MALE RPAS, per cui di fatto l’azienda ligure risulterebbe essere un doppione. Insomma un rompicapo di cui oggi è difficile intravvedere la soluzione.

Articolo pubblicato sulla newsletter di PuntoCritico.info, 7 dicembre 2018

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Immagine di copertina: Wikipedia

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