«Purchè sia Great», verrebbe da dire.
L’esortazione di Elon Musk a lavoratori e lavoratrici di Tesla a tornare in ufficio tutti i giorni senza se e senza per l’intero orario settimanale e la specificazione «moreover, the office must be where your actual colleagues are located, not some remote pseudo office. If you don’t show up, we will assume you have resigned» potrebbero essere definite come The Great Restoration, la grande restaurazione.
Riannodiamo la pellicola e procediamo con ordine.
All’inizio, autunno 2021, si parlava di The Great Resignation, per indicare il fenomeno delle consistenti dimissioni volontarie (rilevate fin dalla primavera 2021 negli USA), spinte dalla ricerca di lavori più soddisfacenti in termini sia retributivi sia di un migliore bilanciamento tra vita professionale e vita privata. Alle imprese si è presentato il problema di «How to manage the Great Resignation» e la riposta è stata ripensare le politiche di retention, riprogettando l’organizzazione e gli spazi di lavoro, e più in generale le politiche di gestione del personale.
Qualche mese dopo, primavera 2022, si è passati al The Great Rethink, spostando l’attenzione sul significato che le persone danno all’esperienza lavorativa, che sintetizza la qualità delle relazioni con colleghi e colleghe nell’ambiente di lavoro (in azienda o da remoto, poco importa), gli stili di leadership adottati nell’impresa, la capacità delle figure apicali di esplicitare il purpose dell’impresa, di agire in modo coerente e di renderle partecipi. Le imprese che hanno colto questa esigenza si sono adoperate «in not merely instituting strong organizational purposes but in helping their employees connect to it in their own ways».
In un seminario dello scorso 20 maggio, organizzato dall’Università di Padova e da AIDP Veneto e Friuli Venezia Giulia, sono state presentate alcune pratiche di gestione innovative che vanno proprio in questa direzione, praticate sia nelle branch italiane di multinazionali (Keyloop Italia), sia in imprese di proprietà italiana e presenti in tutto il mondo (Gruppo Falckrenewables): queste esperienze ci dicono che ci sono già aziende capaci di farsi carico del Great Rethink.
Ma torniamo all’esortazione di Elon Musk.
Non è possibile pensare che un imprenditore del suo calibro, con gli staff di consulenza organizzativa e di comunicazione che lo assistono, abbia voluto veramente dire che dobbiamo cestinare tutto quello che abbiamo imparato sullo smartworking in due anni di pandemia, perché con il ritorno alla normalità non serve più a nulla.
Quando scrive «The more senior you are, the more visible must be your presence», dice una cosa giusta. La risposta, va da sè, non sta nel tornare tutti a lavorare in presenza come ai tempi pre-Covid, ma nel ripensare gli stili di leadership, di coordinamento e di gestione per «qualificare e nobilitare la presenza» e gestire il lavoro a distanza, con soluzioni ad hoc per i diversi segmenti di popolazione aziendale, come ha recentemente fatto Gruppo Veritas, la multiutility pubblica di Venezia, con un Protocollo Quadro, illustrato seminario di Padova dello scorso 20 maggio, che integra modelli di organizzazione del lavoro, benessere organizzativo e formazione per la leadership che serve nei diversi contesti.
Quando scrive «the office must be where your actual colleagues are located, not some remote pseudo office», dice una cosa giusta. Gli home office o gli uffici condivisi con altre persone di altre aziende non sono equivalenti agli ambienti di lavoro aziendali, nel senso che per alcune attività è preferibile essere negli spazi dell’impresa per ragioni di interazione con colleghi e colleghe, di facilità di comunicazione o di riservatezza. L’estremizzazione di Elon Musk, mi vien da pensare, ci spinge a cercare nuove soluzioni per migliorare l’estetica, l’ergonomia e l’accessibilità degli spazi di lavoro sia domestici sia in azienda. Nel seminario di Padova, su questi temi sono stati presentati una specifica literature review guidata da me e realizzata da Marijana Malic e alcune soluzioni di prodotti e layout di un’azienda italiana (Estel Group), che tra l’altro qualche anno fa ha contribuito ad arredare gli spazi di lavoro nella futuristica sede centrale della Apple a Cupertino.
Prendiamo The Great Resignation, The Great Rethink e The Great Restoration per quello che sono.
Sono la certezza che siamo tutti nelle mani del capitale umano e la certezza che la capacità di bilanciare esigenze di imprese e persone e di avere un purpose e di condividerlo con maestranze e stakeholder reclamano nuove competenze manageriali e imprenditoriali.
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