Gli stipendi di Ronaldo, Marchionne, e il mercato che ha sempre ragione!
E’ giusto che i calciatori guadagnano cifre astronomiche? E’ lecito che i manager di grandi imprese guadagnino migliaia di volte di più dei lavoratori della stessa impresa? E’ accettabile che Marchionne guadagni in un anno più di 6400 operai del Lingotto? Molto spesso la risposta è si, poichè tali compensi sono contrattati nel libero mercato del settore privato. “Ma il mercato non si autoregola?” si chiede allora qualcuno a cui queste differenze appaiono evidentemente sproporzionate e immorali.
In realtà i mercati si regolano benissimo. Quando pensiamo che non si autoregolano è solo perchè il risultato di tale processo di autoregolamentazione cozza contro i nostri principi morali e di giustizia sociale.
Pensiamo ad un esempio estremo. Se il commercio di organi venisse liberalizzato e reso lecito, si formerebbe un mercato degli organi, in cui il valore di un rene o di un polmone sarebbe determinato dall’ammontare di coloro che sono disposti a cederlo (l’offerta) rispetto a coloro che lo desiderano acquistare (la domanda). Il mercato, anche in questo caso, si autoregola alla perfezione. Ma è evidente che il risultato di tale autoregolamentazione, un mercato degli organi simile al mercato della frutta, andrebbe contro una serie di principi e pertanto si ritiene socialmente inaccettabile. Il fatto che tali mercati vengono regolati, in questo caso addirittura nella forma di impedirne l’esistenza, dipende da una sensibilità sociale che, in determinato momento storico, considera il risultato di tale mercato contrario a principi etici e di giustizia sociale della società.
Forme meno estreme di regolamentazioni, o limitazioni, del mercato esistono in numerossisimi altri casi. Basti pensare al caso dell’inquinamento. Le industrie chimiche sono tenute, per legge, ad adottare tutta una serie di accorgimenti costosi per limitare il loro impatto nocivo sull’ambiente. Se venissero rimosse queste regole, il risultato del processo di autoregolamentazione del mercato vedrebbe le imprese scegliere istantaneamente la soluzione di minor costo, ossia inquinare. Poichè la società considera l’ambiente un bene pubblico, giudica tale risultato non desiderabile ed incoraggia lo Stato interviene limitando il mercato. Evidentemente il mercato poi si regola anche in presenza di una legge che lo limita, ma con un esito socialmente desiderabile, in quanto compatibile con la tutela dell’ambiente.
Abbiamo pertanto stabilito che il fatto che un qualche esito sia il risultato dei meccanismi di mercato non rappresenta un criterio sufficiente per stabilire che sia anche “giusto”, o soialmente accettabile. Nel caso del mercato degli organi, la sensibilità sociale ritiene che non debba neanche esistere; mentre nel caso dell’industria chimica, si ritiene desiderabile una regolamentazione per evitare un risultato socialmente dannoso.
Cosa dire del mercato degli sportivi o dei manager? Non possiamo più ritenere che i compensi stellari dei calciatore o dei manager siano giusti in quanto è il mercato a stabilirli, visto che abbiamo dimostrato che non è un criterio generalmente sufficiente. Ma allora cosa vieta di regolamentare anche questi mercati, sulla base del fatto che si ritiene l’equità un bene pubblico da difendere contro risultati non desiderabili del mercato? Nulla. Come per il caso della tutela dell’ambiente, la società potrebbe considerare altrettanto importante la tutela di un livello di disuguaglianze tra i lavoratori desiderabile, oltre il quale le disparità diventano socialmente inaccettabili.
In questa prospettiva non emerge alcuna differenza sostanziale tra il vietare un mercato degli organi, regolamentare il mercato dell’industria chimica, e regolamentare i compensi, anche nel settore privato, per tutelare un livello di disuguaglianza ritenuto socialmente accettabile.
Il mercato non ha sempre ragione (tantomeno torto), per il fatto stesso che non esprime giudizi di valore. In questo senso è un’istituzione a-morale. Sono le società, le democrazie, le sensibilità sociali che evolvono e decidono se regolamentarlo, in quale misura, e in che modo.
2 Commenti
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Sul fatto che il mercato sia privo di morale ci sono pochi dubbi, come è chiaro che lo guidano forze precise, se non sono quelle democratiche istituzionale sono altre meno palesi e confrollabili.
Sul fatto che il mercato sia privo di morale ci sono pochi dubbi, come è chiaro che lo guidano forze precise, se non sono quelle democratiche istituzionale sono altre meno palesi e confrollabili.