Fare impresa è (anche) comunicare
Tutte le persone che ricoprono ruoli strategici in una qualsiasi impresa dovrebbero leggere il libro di Luca Barbieri, Comunicare Innovazione e Impresa (Ayros, 2022) e prendere sul serio quello che l’autore suggerisce.
La ragione? La trovate a pagina 107:
«Fare informazione e fare impresa hanno incredibili e inattesi punti di contatto: entrambe le attività hanno bisogno di una forte connessione con il mondo reale; di un accesso privilegiato a fonti affidabili; di sapere in anticipo come si evolverà il futuro e allo stesso tempo essere consapevoli che ciò non è possibile; di reti articolate per aumentare e moltiplicare il proprio valore».
Se ci si mette da questa prospettiva, si intuisce che possedere l’ABC della comunicazione è un’autentica competenza di soglia per imprenditori, imprenditrici e manager: conoscenze e skill elementari necessarie per essere (minimamente) efficaci nello svolgimento della propria attività.
Vediamo perché la proposta di Luca Barbieri è promettente.
Connessione con il mondo reale
Tutte le imprese, con maggiore o minore frequenza, sperimentano la necessità di comunicare una notizia. Nel capitolo 6, l’autore riassume la varietà delle situazioni possibili in Dieci casi tipo, che spiegano bene cosa vuol dire avere «una forte connessione con il mondo reale».
A volte, le imprese sono interessate a massimizzare il ritorno della notizia che è l’effetto di una strategia deliberata, come l’introduzione di un’innovazione, il lancio di un nuovo prodotto, l’ingresso in un nuovo mercato e così via, Altre volte, al contrario, l’obiettivo è minimizzare l’impatto della notizia relativa a eventi emergenti e non voluti, come potrebbe essere il difetto inatteso di un proprio prodotto o il blocco improvviso di una fornitura. Altre volte ancora, c’è da prendere posizione a fronte di episodi esterni all’impresa e che non la riguardano direttamente, ma che possono avere pesanti effetti reputazionali su di essa.
In tutti questi casi, la competenza di soglia che abbiamo definito l’ABC della comunicazione permette a chi sta al vertice dell’impresa di «farsi le domande giuste», e poi individuare la figura professionale più adeguata per trovare le risposte adeguate.
Accesso privilegiato a fonti affidabili
L’impresa che vuol creare più valore anche con una strategia di comunicazione deve mettersi nell’ottica di condividere le informazioni senza se e senza ma.
Su questo punto, l’autore torna in modo sistematico (o quasi ossessivo):
- p. 26 | chi si occupa della comunicazione «[deve essere] in continuo contatto con i vertici aziendali [e] deve essere al corrente di tutto ciò che accade»;
- p. 41 | «è necessario che siano i vertici aziendali gli interlocutori diretti di chi si occupa della comunicazione: servono confronti periodici a tutto campo, per parlare delle iniziative in programma e delle attività nella vita dell’organizzazione»;
- p. 101 | per impostare correttamente una strategia di comunicazione «all’interno dell’azienda serve trasparenza massima. Chi comunica deve sapere esattamente come stanno le cose: avere accesso a documenti, parlare con le persone coinvolte, conoscere i possibili sviluppi»;
Poi, in sei facciate (da p. 129 a p. 134), mette in ordine i vari pezzi e arriva il botto: «il team che si occupa della pianificazione editoriale deve avere accesso alle strategie di sviluppo decise dal board e deve avere la possibilità […] di avere un contatto diretto con il top management per valutare velocemente le possibilità offerte».
Quest’ultimo passaggio è un buon test che i vertici aziendali possono farsi per stimare il livello di possesso della competenza che abbiamo chiamato ABC della comunicazione.
Fare previsioni (e saperle cambiare)
Questo punto può essere sintetizzato così:
- come il business plan sta al processo di pianificazione dello sviluppo dell’impresa,
- così la curva della notiziabilità sta al processo per generare notizie e interesse per la propria azienda.
Sul piano gestionale, l’idea della curva della notiziabilità è forse il tool più originale del lavoro di Barbieri, perché permette ai vertici aziendali di avere uno strumento tecnico con il quale lavorare per impostare una strategia, per rivederla nel corso del tempo, per adattarla agli eventi imprevisti, esattamente come si fa con il business plan o con tutti gli altri strumenti che supportano la guida strategica e operativa.
In più, o è di poco conto, la curva della notiziabilità si può insegnare e apprendere, non richiede alcun «preventivo cambiamento culturale» e, quindi, è potenzialmente alla portata di tutte le imprese.
Moltiplicare il valore
Ci sono ancora persone che si ostinano a sintetizzare il lavoro di chi si occupa della comunicazione in un anacronistico «rendere più sexy» un qualche cosa, sia esso un progetto, una strategia, un brand, un messaggio, una descrizione e così via.
In realtà, per moltiplicare il valore di una notizia (o minimizzarlo) bisogna fare molto di più e sviluppare una vera e propria linea editoriale, che permetta di trasformare la propria azienda in un vero e proprio medium, che sa instaurare un rapporto diverso con la propria community nelle sue diverse componenti.
Chi tra voi leggerà il libro noterà che l’autore centra molta parte delle sue analisi sulla comunicazione connessa ai processi di innovazione (lo fa dall’Introduzione fino alla Postilla).
In questa recensione, invece, io ho volutamente omesso il tema dell’innovazione, perché a me pare che sia riduttivo confinare il libro in questo ambito. I metodi e gli strumenti proposti da Barbieri hanno applicazioni molto più ampie. Una per tutte: usare la curva della notiziabilità per comunicare e interagire con il mercato del lavoro e per costruire una strategia di employer branding.
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