Imprenditori
Covid-19: “prova del 9” per Società Benefit e Imprese Familiari
Le due domande sorgono spontanee:
«Le Società Benefit resisteranno alla virulenza del Covid-19?»
«Le Imprese Familiari hanno gli anticorpi per superare l’infezione da Covid-19?»
Eppure, fino ad ora non si è mai pensato di far leva sulle caratteristiche distintive di queste imprese per immaginare l’Italia post epidemia da Coronavirus.
Ma partiamo con ordine.
Una barra non propriamente dritta
Alle affermazioni del Primo Ministro Giuseppe Conte sulle nuove misure per il contenimento dell’epidemia, pronunciate nella storica diretta streaming della serata di sabato 21 marzo 2020, sono seguite ore convulse e giornate frenetiche per trovare altrettanto misure urgenti (e, si spera, efficaci) per imprese e lavoro.
Governi (nazionale e regionali, ma anche europeo) e Parti Sociali stanno mettendo tutte le risorse possibili:
- per contenere il contagio economico e sociale che seguirà all’emergenza sanitaria e
- per scongiurare il rischio che si creino focolai di infezione settoriali, territoriali e professionali che potrebbero squassare il nostro sistema.
Vero è che in tema di economia e lavoro, nel Governo ha palesato qualche titubanza:
- il DPCM del 22 marzo 2020 è l’ottavo dall’inizio dell’emergenza e al comma 4 dell’art. 1 recita che «le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza». Poi, però, proprio il 25 marzo il Ministero dello Sviluppo Economico emana un decreto in cui «alle imprese che non erano state sospese dal DPCM 22 marzo 2020 e che, per effetto del presente decreto, dovranno sospendere la propria attività, sarà consentita la possibilità di ultimare le attività necessarie alla sospensione, inclusa la spedizione della merce in giacenza, fino alla data del 28 marzo 2020». Ce n’è abbastanza per passare dalla pietra miliare che fu «Produzione di merci a mezzo di merci» di sraffiana memoria alla pietra meno miliare che fa «Produzione di decreti a mezzo di decreti»;
- l’allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020 è stato il risultato di una negoziazione attenta per dare un contenuto preciso al concetto di «attività produttiva che non sia strettamente necessaria, cruciale, indispensabile a garantirci beni e servizi essenziali». La lettera a) del comma 1 dell’art. 1 del DPCM del 22 marzo 2020 attribuiva al Ministro dello Sviluppo Economico, sentito il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di modificare l’elenco. E così è stato: la «funzione manifesta» di migliorare l’efficacia della misura ha generato anche delle «funzioni latenti» (o impreviste, o non volute), come le migliaia di domande di deroga alla serrata che stanno intasando le Prefetture di tutta la Penisola. Ce n’è abbastanza per andarsi a rileggere alcune tra le pagine più illuminanti di alcuni sociologi del secolo scorso come Robert K. Merton e Alvin W. Gouldner.
Potremmo sorridere di fronte a queste titubanze, ma la sostanza non cambierebbe.
Il Paese si è fermato e non c’è polemica che tenga: bisogna solo pedalare.
«Le Società Benefit resisteranno alla virulenza del Covid-19?»
Questa domanda comincia a circolare tra chi si occupa di imprese e imprenditorialità. E si tratta di una domanda del tutto legittima.
La disciplina italiana delle Società Benefit (contenuta nei commi 376-384 della L. 28 dicembre 2015), infatti, attribuisce «legittimità e certezza giuridica a un nuovo modo di fare impresa, che coniuga la necessità di perseguire risultati economici con quella di soddisfare interessi diversi rispetto a quelli dei soci, attraverso un impiego responsabile e sostenibile delle risorse necessarie allo svolgimento del processo produttivo».
Il punto chiave è che le imprese for profit che decidono di diventare Società Benefit, indicano nel proprio oggetto sociale le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire, dando stabilità e certezza a un progetto imprenditoriale in cui:
- la massimizzazione del profitto non costituisce l’unico obiettivo dell’attività aziendale,
- il bilanciamento dell’interesse dei soci con quello degli altri stakeholders diventa centrale,
- la mission aziendale è più stabile e meno sensibile a eventuali mutamenti degli assetti proprietari o del management;
- ogni anno viene preparata la relazione annuale sull’attuazione del beneficio comune a cura di una figura interna (o di un servizio esterno) specificatamente dedicata a tale attività.
Bisognerà aspettare che finisca l’emergenza sanitaria e che le imprese riaprano per avere la prova del 9 e dire se queste imprese saranno capaci di fare il bilanciamento promesso, ma qualcosa già si muove.
«Le Imprese Familiari hanno gli anticorpi per superare l’infezione da Covid-19?»
Anche questa domanda è legittima come la precedente, perché alle imprese familiari (che, non dimentichiamolo, sono la spina dorsale del sistema economico italiano) viene tradizionalmente riconosciuta la capacità di avere un orientamento di lungo periodo, di avere «pazienza», di avere a cuore il territorio e la comunità di riferimento, di farsi carico di istanze sociali.
A dire il vero, già nel corso della crisi che ha seguito il crack del 2008, le imprese familiari italiane avevano dimostrato di essere resilienti e di essere guidate da persone capaci di trasformare la resilienza individuale in resilienza organizzativa in tutte le parti del nostro Paese, dai territori industriali alle aree urbane.
I risultati di queste analisi sono stati confermati da un recente studio europeo, che ha coinvolto Università inglesi, francesi, tedesche, spagnole e italiane.
Le imprese familiari hanno già superato la prova del 9 e ciò è di buon auspicio per poter contare sulla loro resilienza anche per affrontare con maggiore serenità lo sconquasso che stiamo vivendo.
Il caso di Emme2A, azienda familiare e Società Benefit
Chiamiamola per ora con un nome di fantasia: Emme2A.
È un’impresa a proprietà familiare di seconda generazione, che nel 2016 è diventata Società Benefit. Oggi si presenta al mercato come «Emme2A Srl SB»
Ha uno stabilimento di produzione nel Nord Italia, con solide radici in una delle aree a forte vocazione manifatturiera, e anche uno negli Stati Uniti. Abita il mondo e i suoi prodotti sono presenti in tutto il mondo. Lavora in uno dei settori tipici del Made in Italy e sa coniugare in modo esemplare il saper fare manifatturiero, la creatività e il gusto estetico. Rientra a pieno titolo nel concetto di media impresa di Mediobanca, collocandosi nella prima parte del range previsto dalla definizione sia per fatturato annuo (tra 16 e 355 milioni di euro) sia per addetti (da 50 a 499): 20 milioni di fatturato con circa 80 persone.
L’attività di cui si occupa rientra tra quelle non strettamente necessarie, cruciali e indispensabili a garantire beni e servizi essenziali all’Italia in questi giorni difficili e pertanto mercoledì 25 marzo le attività sono state fermate.
Quello che ha fatto Emme2A dallo scoppio dell’emergenza sanitaria al blocco totale della produzione ci aiuta a comprendere cosa significa concretamente agire per bilanciare l’interesse dei soci con quello degli altri stakeholder interni ed esterni.
Lo ha fatto dando priorità alle maestranze interne (al capitale umano, se volete) e agendo attraverso la comunicazione interna, con un linguaggio capace di trasmettere i valori della famiglia proprietaria e dell’impresa, con azioni che rendono evidente sia il reale coinvolgimento di tutte le persone sia la reale disponibilità a farsi carico di istanze «ampie».
Ecco una sintesi ragionata (i grassetti sono miei).
- «Cari tutti, dopo quasi due settimane dalla partenza delle prescrizioni più pesanti, possiamo prima di tutto dire che sono ormai passati i fatidici 14 giorni. Il nostro pensiero, oltre che alle molte persone nel frattempo decedute e ammalate, va ai nostri medici e infermieri che stanno diventando esempio di abnegazione per tutto il mondo […]»
- «Mai come ora siamo fieri di aver contribuito con le nostre imposte che hanno consentito il mantenimento del sistema di sanità pubblica. Anzi, forse oggi avremmo voluto averne pagate ancora di più»
- «[…] in questo momento il nostro dovere sia quello di non diventare un peso anche per il sistema economico che verrà messo tra poco a dura prova»
- «Il team “X” entro pochi giorni completerà un conto economico che preveda lo scenario economico peggiore per il 2020 […] Insieme allo scenario economico, teniamo strettamente monitorata la liquidità che è un asset importantissimo per preservare la continuità aziendale e lo strumento di tesoreria sarà la guida»
- «Tutti i team leader tengono monitorata l’attività del proprio team e definiscono le riduzioni di orario connesse alla riduzione di attività»
- «I team leader continueranno ad incontrarsi giornalmente in conference alle 8.30 e alle 17 per cui vi chiedo di coordinarvi con loro per inoltrare eventuali necessità quotidiane. Anche se non possiamo essere vicini fisicamente è importante che lo siamo idealmente quindi un abbraccio virtuale a tutti»
- «Per chi come me ha vissuto la crisi del 2008 [..] è naturale pensare a quanto successo e fatto allora. Rispetto ad allora, il nostro contesto aziendale è molto diverso, siamo un’azienda più strutturata, con una proprietà più coesa, con una organizzazione migliore […]»
- «Appena tutto questo sarà finito continueremo a lavorare con piena energia sulla cura dell’ambiente che rimane una delle nostre priorità per il futuro: diventare carbon free entro il 2030»
- «[…] ringraziare tutti voi che state lavorando in fabbrica o da casa e anche quelli di noi che sono a casa senza lavorare perché, anche se in panchina, so che stanno tifando per chi sta giocando questa partita complicata»
- «Ciao a tutti, con oggi abbiamo potuto spedire l’ultima commessa pronta e colgo l’occasione per ringraziare, a nome di tutti, il team arancione perché ha fatto accadere questo. Stamattina con i team leader abbiamo verificato la tenuta del conto economico e della liquidità anche nello scenario di riduzione dei volumi del 50% rispetto al budget che definirei la “linea del Piave” per il 2020. […] Dobbiamo essere fieri che il nostro modello di business regga anche in questa situazione eccezionale. […] Tutti questi elementi ci hanno consentito di apporre dei miglioramenti al nostro regolamento di welfare che potrà, in caso di necessità, mitigare le eventuali riduzioni di retribuzione netta dovute alla cassa integrazione. Questa situazione probabilmente rallenterà i nostri piani di sviluppo ma non li cambierà anche perché non conosco aziende, soprattutto del nostro settore, che abbiamo gli strumenti che abbiamo noi»
- «Un po’ di informazioni operative. A) abbiamo ricevuto questa settimana 100 mascherine in tessuto riutilizzabili previo lavaggio che abbiamo deciso di distribuirvi nel numero di due a testa perché vi potrebbero essere utili per i vostri movimenti o quelli dei vostri familiari. Essendo riutilizzabili potranno essere usate anche alla riapertura che confidiamo possa avvenire il 6 aprile; B) abbiamo stipulato una polizza che possa coprire eventuali contagi; C) per standardizzare le modalità di informazione abbiamo creato anche un indirizzo email (qui nascosto) che comprenda anche le persone del team arancione che non sono ancora in possesso di una email aziendale, quindi benvenuti!; […] E) abbiamo messo a disposizione tutte le possibilità di formazione gratuita affinché il nostro tempo di eventuale inattività possa essere utilizzato al meglio; F) noi tre fratelli stiamo esaminando l’opportunità di finanziare l’attività di campionamento attraverso tamponi che a sangue freddo ci pare essere la modalità più convincente da utilizzare per la riduzione del contagio oltre che come modalità utile in caso di ripresa dell’attività; […].
Una, cento, mille aziende come Emme2A.
Con queste imprese a proprietà familiare e società benefit ripartiremo prima e meglio.
Credits: la foto di copertina è dell’amico Giorgio Bombieri, che mi ha gentilmente concesso di usarla. Sono resti di vetro in una vetreria di Murano. L’auspicio è che restino solo pezzi di vetro.
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